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Full text of "L'intima gioia : lettere"

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A 


^^7 

MARIA  DI  BORIO 


L'INTIMA  GIOIA 


LETTERE 


QUARTA   EDIZIONE 


TORINO  -GENOVA 
S.  LATTJt^S  d    f  .,  Editori 

LIBRAI    DELLA   REAL   CASA 


L'INTIMA  GIOIA 


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I 

MARIA  DI  BORIO 


V 


'INTIMA  GIOIA 


LETTERE 

QUARTA  EDIZIONE 


TORINO-GENOVA 
S.  LATTES  &   C.  -  Bditori 


LIBRAI  DELLA  REAL  CASA 


órì-z 
15 


PROPRIETÀ  LETTERARIA 


Torino,  1921  —  Coi  tipi  dello  Stab.  Grafico  Ditta  Eredi  Botta. 


Donne,  da  uoì  non  poco 
La  Patria  aspetta 

LEOPBRDI. 


j/ìlle  mie  giovarli  amictje, 


Questo  libro  è  per  voi. 

Vorrei  essere  riuscita  a  trasfondere  in  essa 
tutto  V anelito  del  mio  cuore  acceso  dinanzi  alla 
visione  di  gioia  che  può  dare  la  vita,  interpretata 
con  l'amore  del  bene. 

Ma  chi  sa  quante  donne,  fra  quelle  che  già 
conoscono  il  disinganno  e  il  dolore,  leggendo 
queste  pagine,  specie  quelle  sul  matrimonio  e 
sull'awMre,  esclameranno  con  un  amaro  e  scet- 
tico sorriso: 

Che  illusione! 

E  anche  a  voi,  sorelle  Tuie  nel  dolore,  vada 
la  mia  parola  —  forse  la  più  fremente  e  com- 
mossa! 

Da  voi  e  per  voi,  per  ciò  che  avete  sofferto 
e  sopportato  in  silenzio,  per  tutto  ciò  che  avete 
sognato  e  non  avete  raggiunto  mai,  per  tutti  i 
gridi  di  ribellione  e  di  sdegno  che  avete  soffo- 
cati, per  tutte  le  lagrime  che  avete  versate,  e 


per  tutte  quelle  che  avete  ricacciate  in  fondo  al 
cuore,,,  da  voi  e  per  voi  deve  sorgere  la  fede  in 
un  tempo  in  cui,  sin  dalla  giovinezza,  fatta  la 
donna  più  conscia  e  più  sicura  della  sua  alta  mis- 
sione, sappia,  nella  famiglia,  creare  la  Scuola, 
onde  escano  uomini  e  donne  degni  veramente 
di  conoscere  e  di  dare  l'amore. 

No,  sorella,  queste  pagine  non  sono  il  sogno 
d'una  utopista,  ma  il  frutto  d'un  cuore,  che, 
sebbene  provato,  non  è  disamorato,  sebbene  ras- 
segnato al  soffrire,  non  è  infiacchito,  sebbene 
ferito,  non  è  esausto,  non  è  spento,  è  anzi  come 
una  torcia  infiammata,  che  passa  sicuramente 
a  traverso  tutti  i  contrasti,  tutto  il  dolore,  e  sale 
verso  la  gioia  che  è  la  Bontà, 

Maria  di  Borio. 


LETTEEA  I. 


Mariolo  Graneri  a  sua  Madre. 


già  la  chiesa  era  piena  zeppa,  già 

suonava  l'organo,  ma  ancora  le  signore  entra- 
vano, entravano,  e  a  furia  di  destrezza  flessuosa, 
s'inoltravano,  scivolavano  tra  la  folla,  avvolte 
nelle  loro  ricche  pelliccio,  seguite  dai  loro  brevi 
strascichi  di  velluto,  di  seta,  e  passavano  cosi 
serene  e  disinvolte  dove  nessuno  sarebbe  potuto 
passare,  secondo  me;  mai  inquiete  della  folla, 
calme,  e  affatto  noncuranti,  affatto  inconscie 
della  grande  musica  dolorosa  e  commovente  di 
Lorenzo  Porosi...  La  zia  Celine  ride  della  mia 
meraviglia  continuata,  sia  che  mi  conduca  in 
una  chiesa,  sia  che  mi  conduca  in  un  teatro... 

1  —  L'intima  gioia. 


2   — 


Qui  tutto  scintilla,  anche  fuori,  nelle  vie,  tra 
la  nebbia  invernale.  Scintillano  i  cristalli,  le 
luci,  le  vetrine,  i  gioielli  delle  signore.  Qui  tutto 
è  frastuono:  campanelli  di  biciclette,  campane 
di  trams,  trombe  di  automobili.  Che  differenza 
dal  quieto  nostro  paese! 

Ma  la  novità  è  abbastanza  attraente,  e  poi 
la  nonna  mi  dimostra  tanto  piacere  di  avermi 
seco,  è  così  affettuosa,  mi  colma  di  tante  bontà, 
che  davvero  avrei  cattivo  garbo  se  mi  lagnassi. 
Mi  porta  fuori  in  carrozza,  mi  presenta  a  tutti 
i  parenti;  la  sera  poi  lavoriamo  insieme,  discor- 
riamo del  babbo,  di  te;  qualch evolta  ella  ricorda 
fatti  del  suo  passato,  rievoca  care  figure  lon- 
tane, mi  avvedo  insomma  che  la  mia  com- 
pagnia le  riesce  gradita.  Essa  dice  addirittura 
che  aveva  bisogno  di  me,  dacché  la  zia  Celine 
è  diventata  così  elegante  e  mondana,  è  andata 
a  stare  in  una  casa  nuova  in  piazza  d'Armi, 
e  viene  di  rado  fin  quaggiù. 

Io  abito  appunto  la  stanzetta  che  aveva  la 
zia  quand'era  ragazza,  e  la  nonna  soggiunge 
che  le  par  proprio  di  aver  ritrovato  una  figliuola, 
e  che  tu  sei  una  nuora  impareggiabile,  tu  che 
m'hai  mandata  qui. 

A  dirti  il  vero,  io  sto  più  volentieri  con  lei 
che  con  tutti  questi  parenti;  mi  trovo  un  po' 


—  3  — 

a  disagio  fra  queste  signore  eleganti,  chiac- 
chierine, affaccendate,  esperte  di  tròppe  cose 
che  io  non  conosco,  io  avvezza  alla  nostra  sem- 
plice vita  di  campagna. 

Già  non  sapevo  di  avere  tante  zie,  tante  cugine  ! 
A  prima  vista  mamme  e  figliuole  sembrano 
tutte  giovani  e  belle,  a  tal  segno  le  acconciature, 
le  vesti,  i  cappelli  le  rendono  seducenti.  Ma,  a 
guardarle  bene,  le  meno  giovani,  cioè  le  mamme... 
appaiono  poi  sciupate,  consunte  dal  tempo;  e 
non  hanno  la  tua  beiraria  serena,  mamma, 
ed  hanno  qualcosa  di  arso,  di  avido  nel  volto, 
una  espressione  di  donne  preoccupate,  come  se 
stessero  aspettando  sempre  qualcosa.  Natural- 
mente io,  che  non  avevo  nessunissima  idea  di 
questa  esistenza  al  galoppo,  vibrante  e  febbri- 
citante, io  mi  sento  spesso  un  po'  stanca,  un 
po'  stonata,  ma  la  zia  Celine  sempre  ripete  : 

—  Ah  !  era  tempo  che  mio  fratello  ti  lasciasse 
venire  qui  da  noi,  a  incivilirti  un  poco! 

E  questo  mi  offende  quasi,  sebbene  ella  parli 
ridendo. 

Mi  pare  che,  con  una  madre  come  te,  solo 
che  io  avessi  saputo  approfittare  della  tua  pro- 
fonda e  delicata  e  sapiente  parola,  non  mi 
sarebbe  mai  occorso  altro,  per  imparare  a 
vivere. 


—  4  — 

Ma  tu  riiai  voluto,  l'ha  voluto  il  babbo  ch'io 
venissi  qui,  ed  ora  mi  contento,  e  farò  anche 
di  contentarvi. 

Del  resto  Torino  non  mi  dispiace,  e  l'acco- 
glienza che  mi  fanno  tutti  questi  congiunti  non 
potrebbe  essere  più  lusinghiera  per  me.  Carmen 
e  Silvia  San  Sebastiano  vengono  tutte  le  mat- 
tine a  prendermi  colla  loro  Miss.  Insieme  si  va 
in  giro  per  le  vie  principali,  si  va  a  far  com- 
pere; oh!  quante  compere,  mamma!  io  non 
sapevo  che  ci  fosse  sempre  bisogno  di  tante 

cose lassù  al  Chiostro  ne  occorrono  meno, 

assai  meno.  Mi  piacerebbe  poter  parlare  di  più  con 
quella  vecchia  e  buona  miss  Crieg;  sai  quanto 
desideri  di  potermi  esercitare  nell'inglese, 
me  lo  dicevi  anche  tu:  —  Ora  hai  bisogno 
di  scioglierti  un  po'  la  lingua.  —  Ma  quella 
benedetta  Carmen  vuol  sempre  parlar  piemon- 
tese, dice  che  fa  più  presto e  Silvia  poi  non 

ha  che  un  pensiero  :  rifare  tutti  i  versi  a  quella 
povera  vecchia,  che  essendo  miope,  non  s'avvede 
di  nulla! 

Le  cugine  Vettori  stanno  organizzando  un 
corso  di  disegno  presso  il  maestro  R.  e  vorreb- 
bero ci  andassi  anch'io.  Ma  debbo  pure  com- 
binare per  le  lezioni  di  musica;  e  poi  mi  pia- 
cerebbe molto  frequentare  il  ciclo  di  conferenze 


—  5  — 

storiche  e  letterarie  che  si  terrà  all'Istituto 

Margherita Come  vedi,  se  a  tutto  ciò  aggiungi 

il  tempo  che,  secondo  la  zia  Celine,  mi  toccherà 
per  forza  perdere  dalla  sarta  (la  zia  dice  che 

son  vestita  come  una  piccola  montanara ma 

la  nonna  in  questo  protesta,  e  dichiara  invece 
che  le  mie  tuniche  bianche  sono  molto  carine), 
potrai  capire  che  le  mie  giornate  volino. 

E  la  beneficenza?  Essa  ci  prende  in  mille 
modi.  Qui  vi  sono  molti  «  ricreatorii  >  dove  le 
signorine  vanno  tutte  le  domeniche  a  insegnare 
alle  operaie  un  po'  di  francese,  di  disegno,  di 
ricamo.  Poi  ci  sono  le  «  vendite  di  carità  »,  per 
le  quali  bisogna  lavorare;  ci  sono  i  concerti 
di  beneficenza,  le  recite  di  beneficenza 

È  in  complesso  una  vita  un  po'  farraginosa, 
ripeto,  ma  dopo  tutto  essa  non  mi  dispiace;  seb- 
bene non  possa  neanche  dire  che  in  tutto  mi 

appaghi.  Forse  perchè  tu  non  sei  qui? Sai 

quante  volte  parliamo  di  te  colla  nonna?  Essa 
ti  ama  proprio  come  una  figliuola 

Le  feci  leggere  la  tua  ultima  lettera  e  allora 
insieme  ti  abbiamo  evocata,  e  tu  sei  venuta... 
eri  vicino  a  noi,  cara  mamma,  colla  tua  figura 
gentile,  colla  bontà  del  tuo  sguardo,  con  la 
delicata  carezza  della  tua  voce,  di  certe  tue 
intonazioni  speciali,  di  quegli  «  ah  !  »  che  dici 


—  6  — 

sobbalzando,  fremendo,  ritraendoti  tutta  come 
una  sensitiva,  quando  la  tua  finezza  di  gusti  è 
offesa  da  qualcosa  che  non  sia  bello,  non  sia 
retto  e  sincero. 

Vidi  ieri  Donna  Adriana,  che  mi  abbracciò  più 
volte  colle  lagrime  agli  occhi,  e  mi  chiamò 
anche,  per  isbaglio.  Cristiana,,»  mia  cara  Cri- 
stiana!.,, Dunque  ti  somiglio,  mamma?  dunque 
ella  ha  potuto,  sia  pure  anche  solo  per  un 
momento,  scambiarmi  per  te,  l'amica  diletta, 
non  mai  dimenticata,  sempre  desiderata  sovra 
tutte  le  amiche?...  Donna  Adriana  mi  piacque 
tanto,  e  volentieri  sarei  stata  con  lei  Finterò 
pomeriggio;  ma  la  zia  Còline  volle  condurmi 
seco  ad  un  thó  in  casa  d'  una  ricca  signora 
straniera,  un'americana,  che  ha  comprato  una 
bellissima  villa  oltre  Po,  dove  riceve  molta  gente. 
E  conobbi  cosi  la  donna  più  snob  che  tu  possa 
immaginare.  Mrs,  Gray  e  brutta,  ma  anche  la 
sua  bruttezza  è  sfarfallante;  veste  sfarzosamente; 
ha  gioielli  maravigliosi  ;  ha  delle  statuette,  dei 
dipinti,  che  sono  stati  comprati  per  lei  da  buoni 
conoscitori  ;  e  lo  dice,  e  dice  anche  subito  quanto 
li  ha  pagati,  ed  ha  l'aria  di  voler  far  com- 
prendere che  non  le  importa  proprio  niente 

di  buttar  via  il  danaro  a  palate purché  la 

gente  se  ne  avveda. 


—  7  — 

Essa  ha  pure  al  suo  seguito  una  specie  di 
professional  beauty  della  stagione,  una  signo- 
rina che,  la  primavera  scorsa,  fece  grande 
impressione  nella  società  più  elegante  di  Boston  : 
Miss  May  Welfare.  Se  tu  l'avessi  veduta,  ieri 
sera,  aggirarsi  per  quelle  sale  tutte  luminose 
e  fiorite:  proprio  una  rosa  di  maggio,  era!  La 
vaporosità  del  suo  vestito  pareva  toccasse 
appena  la  sua  bella  e  svelta  persona;  il  volto 
usciva,  da  quelle  nuvole,  da  quel  bagliore  roseo 
delle  garze  e  delle  sete,  come  colorato  anche 
leggermente  di  roseo,  ed  io,  quando  ella  mi 
passava  vicino,  mi  sentivo  tanto  piccina,  e  scura, 
e  brutta  !  Non  potrei  dire  di  essermi  divertita, 
a  quel  ricevimento,  ma  la  zia  mi  dichiarò  che 
è  felice  di  avere  una  ragione  di  non  rispon- 
dere sempre  di  no  ai  molti  inviti  che  riceve 
ai  thè  dansants,  ora  che  può  dire  a  suo  marito: 
«  Ho  da  accompagnare  Mariola  !  » 

Tratto  tratto  la  zia  ti  compatisce;  pare  che 
tu  ti  sia  molto  sacrificata,  stando  sempre  lassù, 
nella  solitudine  della  campagna  a  curare  la 
salute  del  babbo,  i  tuoi  figliuoli,  i  tuoi  [terreni. 

È  vero,  mamma? 

La  zia  Celine  ha  un  certo  particolar  suo  modo 
di  scrollare  la  testa  bionda,  ripetendo  le  parole 
d'una  moderna  scrittrice  francese  :  «  Dans  la 


—  8    - 

course  au  sacrifice,  les  femmes  doivent  toujours 
donner  l'avance  d'une  lète  de  longueur  aux 
hommes,  car ce  soni  les  hommes » 

Ella  scherza;  ma  la  nonna  non  ride,  quando 
le  ode  dire  queste  cose;  anzi,  sospira. 

Mamma  cara,  perchè  ridurti  per  sempre  in 
quell'isolamento  ? 

Ecco  una  domanda  che  non  avevo  mai  fatto 
a  me  stessa. 

Mi  pareva  cosi  naturale  che  si  dovesse  stare 
lassù  ;  ma  ora,  pensandoci,  perchè  ?  Non  potevi 
curare  la  mal  ferma  salute  del  babbo  anche 
in  città?  educare  noi  coli' aiuto  delle  scuole? 
Che  cosa  t' indusse  a  cercare  il  silenzio  e  la 
poesia  un  po'  austera  —  me  ne  avvedo  solo  ora 
—  di  quella  grande  casa  posta  lassù,  fra  tutte 
quelle  vette  di  monti  deserti?  dove  una  volta 
i  monaci  stavano  in  contemplazioni  sacre,  e 
dove  tu  hai  cresciuto  la  tua  famiglinola  giu- 
liva? Ah!  giuliva  sì!  Chi  più  felici  di  noi?  Son 
persuasa  che  Alfredo  pensa,  come  penso  io,  che 
si  stava  molto  bene  sotto  la  tua  ala  protettrice, 
nel  nido  caro,  preparato  da  te  cosi  vicino  ai 

boschi  selvaggi Da  un  lato  son  contenta  di 

esser  venuta  via,  di  averti  lasciata  per  un  poco, 
mamma.  Mi  pare  di  conoscerti  meglio 

La  nonna  stasera  mi  domandò  perchè  io 
parlo  cosi  poco,  tra  la  gente.  Non  so!  Com- 


prendo  molte  cose;  ma  non  so  manifestarle. 
Quando  parlo,  sento  che  posso  apparire  quasi 
sciocca.  Manco  di  prontezza  di  spirito.  Non  dico 
mai,  subito,  ciò  che  avrei  detto  dopo  un  momento 
di  riflessione.  Le  persone  così  dette  spiritose 
m'intimidiscono  in  modo  strano;  comprimono, 
direi,  il  getto  del  mio  pensiero. 

Forse  per  questo  tu  hai  voluto  mandarmi  un 
poco  in  mezzo  alla  gente  ? , 


LETTEEA  II. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  sua  figlia. 


Cara, 

Vuoi  sapere?  E  saprai. 

Ebbi  sempre  per  principio  di  non  svegliare 
la  curiosità  della  vita  in  te,  anzi  tempo;  ma  di 
risponderti  con  verità,  man  mano  che  venisti 
domandandomi  dei  perchè. 

Tuo  padre  non  poteva,  non  dirò  guarire,  ma 
non  poteva  vivere  che  qui.  Egli  desiderò  più 
volte  che  io  ti  dicessi  quale  era  il  suo  male;  a 
me  parve  invece  fosse  meglio  per  te,  per  lasciarti 
crescere  in  piena  letizia,  e  sovratutto  per  non 
privare  tuo  padre  stesso  della  letizia  di  rispec- 
chiarsi in  due  occhi  nei  quali  mai  non  passasse 


—  12  — 

l'ombra  d'una  speciale  inquietudine...  a  me  parve 
di  far  bene,  lasciandoti  ignorare  la  grande 
ansietà  della  sua  e  della  mia  vita. 

Ignorare!  Certe  verità,  nell'ambiente  di  casa, 
si  assorbiscono  quasi  inconsciamente,  e  certo 
non  tutto  ciò  che  io  ti  verrò  narrando  ti  riu- 
scirà nuovo. 

Due  anni,  Marida,  due  brevi,  vaporosi  anni 
di  sogno,  io  fui  felice,  secondo  la  idea  consueta 
che  gli  uomini  hanno  della  felicità.  Tuo  padre, 
giovane,  buono,  bella  figura  di  gentiluomo,  bril- 
lante ufficiale,  ottimo  marito,  mi  colmava  il  cuore 
di  altera  gioia. 

Un  anno  dopo  il  nostro  matrimonio  eri  nata 
tu,  un  boccioletto  di  rosa  fresca  e  sana,  e,  te  lo 
dissi,  ero  felice. 

Ma  un  giorno,  un  terribile  giorno  !  tuo  padre 
fu  portato  a  casa  privo  di  sensi,  bianco  in  volto 

come  un  morto Era  caduto  da  cavallo,  nel 

cadere  era  andato  a  battere  di  petto  contro  una 
barriera...  inutile  ch'io  riviva  qui,  su  queste 
carte,  quegli  angosciosi  momenti,  Marida! 

Due  mesi  dopo  egli  dovette  abbandonare  il 
servizio;  i  dottori  lo  dichiaravano  etico. 

Tu  non  sai,  tu  non  puoi  sapere,  bimba  mia,  gli 
orrori,  gli  abissi  d'orrori,  che  stan  racchiusi  in 
questa  parola.  Bisogna  vedere,  bisogna  assistere 


—  13  — 

ai  progressi  di  questo  male,  bisogna  trovarsi, 
anche,  davanti  alle  lotte,  alle  ribellioni,  d'una 
bella,  giovane  vita  com'era  quella  di  lui. 

Tutti  i  dottori  più  illustri  che  abbiamo  in 
Torino,  e  fuori,  noi  consultammo.  Poi  condussi 
in  vari  sanatori  il  mio  diletto  infermo.  Fu  in 
Isvizzera,  durante  una  fredda  e  pura  stagione 
invernale,  riuscita  in  parte  salutare  a  tuo  padre, 
che  cominciai  a  nutrire  qualche  speranza  e  che, 
insieme  col  valente  dottore  di  quei  luoghi,  presi 
questa  solenne  risoluzione,  la  quale  —  ora  posso 
dirlo  davvero  —  lo  salvò. 

Ritirarci  qui  al  Chiostro,  nella  vecchia  casa 
abbandonata  che  ci  aveva  lasciata  una  zia; 
chiedere  a  queste  alture,  agli  aromatici  sentori 
di  queste  pinete,  la  vita  pel  mio  diletto. 

Iddio  mi  esaudì.  Quassù  tuo  padre  visse,  e  visse 
non  inutile  a  sé  ed  agli  altri.  I  medici  mi  assi- 
curano che  il  suo  male  non  è  più  un  male  del 
quale  si  muore;  ad  una  condizione  però:  che 
egli  non  abbandoni  mai  queste  altezze. 

Non  so  se  tu  potrai  renderti  pieno  conto  della 
portata  grande  di  questa  risoluzione.  Strappare 
per  sempre  tuo  padre  alla  vita  socievole,  alla 
compagnia  di  tutti  i  suoi  congiunti,  ridurci  nella 
solitudine  più  completa,  specie  in  inverno;  e 
portare  anche  te  quassù,  iniziando  una  vita 


—  14  — 

nuova,  una  educazione  neirisolamento  e  nel 
silenzio,  con  me  sola  per  maestra,  poiché  met- 
terti in  collegio  non  avremmo  potuto,  né  tuo 
padre,  né  io:  eri  il  nostro  raggio  di  sole!  Egli 
ti  teneva  un  po'  lontano  da  sé,  é  vero,  col  pre- 
testo dei  suoi  studii...  ma  aveva  nondimeno  la 
consolazione  di  vederti  crescere,  di  udirti  cin- 
guettare, e  gli  allietavi  la  vista  ed  il  cuore. 

Cara  Marida,  noi  non  siamo  sempre  stati  nelle 
agiatezze  come  ora;  prima  che  s'ereditassero 
le  sostanze  della  zia  Maria,  ed  avendo  il  babbo 
dovuto  rinunziare  cosi  presto  al  servizio  mili- 
tare, durante  molti  anni  noi  fummo  quasi  nelle 
strettezze.  Questi  terreni  allora  non  fruttavano; 
io  cominciai  ad  occuparmene,  e  poi  il  babbo, 
migliorando  la  sua  salute,  potè  proseguire  il 
mio  lavoro;  ma  in  quei  primi  tempi  la  mia  vita 
fu  dura;  potrei  paragonarla  ad  una  via  molto 
erta,  così  erta  che  per  arrampicarmi  su  di 
essa  io  dovevo  aiutarmi  anche  colle  mani,  e 
lacerarmele. 

Chi  non  ha  conosciuto  la  povertà  che  vuole 
e  che  deve  nascondersi,  non  conosce  sino  in 
fondo  l'amarezza  della  povertà.  Io  dovevo  far 
figurare,  sempre,  in  ogni  circostanza,  dieci  ciò 
che  in  realtà  era  cinque.  Questo  mestiere  per 
una   donna   di    ventanni,   presso    un    marito 


—  15  — 

infermo,  è  arduo.  Ma  non  mi  lagno,  Dio  sa  che 
non  mi  lagno.  Ho  imparato  a  conoscere  presto 
tutta  la  forza,  e  la  bellezza,  e  la  gioia  del  lavoro. 
Le  miserie,  le  ambascio,  le  difficoltà,  che  allac- 
ciano ed  opprimono,  mi  hanno  maturato  il  cuore 
e  fortificata  Tintelligenza.  Io  ho  conosciuto  il 
dolore  sotto  molteplici  forme,  ma,  senza  cono- 
scerlo, io  non  sarei  la  madre  che  sono  e  che 
spero  di  essere  tutta  la  vita.  E  questo  dolore, 
per  quanto  io  mi  sia  studiato  di  non  lasciartelo 
scorgere,  specie  negli  anni  della  tua  infanzia, 
è  nondimeno  stato,  nell'atmosfera  in  cui  sei  cre- 
sciuta, è  stato  una  misteriosa  forza  fluida  che 
emanava  da  me  a  te.  Io  dirò  con  franchezza: 
il  non  lasciarsi  sopraffare  dal  dolore  è  prova 
di  fortezza  d'animo;  ora, quando  una  simile  forza 
esiste,  essa  deve  produrre  qualcosa  di  superiore. 
Tu,  Mariola,  vita  della  vita  mia,  tu  devi  essere 
buona,  forte  e  soave,  devi  essere  la  gioia,  la  stella 
benefica  del  nostro  cielo! 

Ricordo  la  mattina  in  cui  mi  parve  di  udire 
nelle  cose  una  voce  arcana,  che  mi  ammoniva  : 
«  Tu  vali  e  sai  troppo  poco  ». 

E  quella  mattina,  dinnanzi  all'immensa  cer- 
chia di  queste  mie  montagne  amiche,  così  pros- 
sime al  cielo due  risoluzioni  presi:  diventare 

migliore,  affinchè  tu  in  me  vedessi  riflessa,  per 


-~  16  — 

quanto  pallidamente,  la  Bontà.  Diventare  mene 
ignorante,  affinchè  tu  trovassi  sempre  in  me 
un  po'  di  Verità,  affinchè  sulle  vie  del  sapere 
tu  avessi  in  me  una  compagna  piena  di  sim- 
patia per  tutti  i  movimenti  di  spirito,  che  ti 
avrebbero  agitata  certamente  nel  futuro. 

Pochi  anni  dopo  il  nostro  arrivo  quassù, 
moriva  quel  caro  amico  di  tuo  padre,  istituen- 
dolo tutore  dell'unico  suo  figliuolo,  del  care 
Alfredo,  già  orfano  della  mamma.  Tuo  padre 
volle  seco  il  pupillo,  e  questa  fu  una  nuova  fonte 
di  bene  per  tutti  noi.  Forse  tu  saresti  cresciuta 
troppo  differente  dagli  altri,  in  questa  solitudine. 
Accanto  al  fratello  d'adozione  il  pericolo  fu 
scongiurato:  ed  io  poi  mi  avvidi  presto  che, 
consacrandomi  un  poco  all'educazione  d'un  uomo 
futuro,  allargavo  in  molte  cose  i  miei  concetti 
della  vita,  anche  per  ciò  che  ti  risguardava. 

Ma  ora  che  ti  sei  fatta  una  signorina,  abbiamo 
stimato  tutti  e  due,  il  babbo  ed  io,  che  ti  sarebbe 
giovato  di  conoscere  la  vita  d'una  grande  città, 
di  veder  gente  e  cose  nuove.  Vivi  adunque  sere- 
namente presso  la  nonna,  apri  bene  i  tuoi  occhi 
in  faccia  alla  vita  multiforme.  Io,  di  quassù,  ti 
vigilerò,  oh!  non  meno  di  prima,  stai  pur  certa! 

Anche  i  tuoi  studii  si  gioveranno  di  questo 
mutamento. 


--  17  — 

Ho  sentito  e  sento  per  te  il  bisogno  che  tu 
assista  a  qualche  corso  di  lezioni,  che  tu  oda  il 
Linguaggio  del  sapere.  L'  uditore,  quando  sia 
veramente  attento,  assiste,  e,  per  molti  riguardi, 
partecipa  alla  produzione  intellettuale  del- 
l'oratore. 

Per  questo,  ben  conoscendo  il  B...  dai  suoi 
critti,  desidero  che  tu  segua  il  suo  corso  sto- 
ico-letterario, sempre  che  tu  possa  farlo,  senza 
'ecare  disturbo  alla  nonna.  Ma  qui,  venendo 
Illa  parte  della  tua  lettera  in  cui  accenni  ad 
un  principio  di  vita  farraginosa,  agitata,  ti  farò 
:'iflettere  un  momento. 

Io  ti  allontanai  da  me  per  qualche  tempo, 

olio  scopo  che  la  tua  vita  diventi  maggior- 

aiente  uno  studio  pratico,  direi;  il  quale  studio 

3Ì  fa  senza  avvertirlo,  poiché  è  la  vita  stessa, 

la  vita  reale  e  sociale,  che  insegna. 

Ma  vorrei  subito  metterti  in  guardia  contro 
tutto  ciò  che  è  febbre,  morbosità  di  azione,  e 
vanità  di  vita. 

È  il  grande  guaio  del  giorno!  E  se  la  nonna 
molte  volte  disapprova  e  sospira  ha  ragione. 

La  giovine  moderna  è  in  continua  agitazione, 
è  presuntuosa,  si  occupa  di  un  numero  stra- 
grande di  cose,  ma  tutto  sfiora,  senza  nulla 

2  —  L'intima  gioia. 


—  18  -^ 

approfondire.  Coltiva  le  lettere,  le  arti,  in  mod( 
superficialissimo.  ^ 

Non  si  pensa  a  dare  alle  ragazze  una  coltun 
solida,  ma  si  desidera  che  esse  l'abbiano  hril 
laute:  una  coltura  che  nulla  insegna  intorm 
al  significato  ed  al  valore  della  vita,  e  che,  se 
ci  prepara  qualche  volta  delle  intellettuali,  rara- 
mente ci  prepara  donne  intelligenti  e  savie.... 
e  quante  volte  le  intellettuali  non  sono  intelli 
genti  !  Io  per  me,  tra  l'ignoranza  e  la  posa  del- 
rintellettualismo,  non  saprei  davvero  dire  quaU 
sia  il  male  peggiore.  Vediamo,  ad  esempio, 
libri  che  si  vendono,  che  vanno  di  più,  come 
dicono  i  librai,  e  ci  dovremo  convincere  che  k 
giovine  moderna  legge  assai  poco  intorno 
quanto  più  le  gioverebbe  di  conoscere,  intorno 
a  quanto  fortifica  la  intelligenza  e  la  volontà 
intorno  allo  svolgersi  e  al  funzionare  di  questa 
società  nella  quale  vive,  né  legge  ciò  che  potrebbe 
sollevarla  alla  pura  visione  del  bene,  del  vere 
e  del  bello.  Quali  pensieri  occupano  la  mente  di 
questa  giovane?  Quali  azioni  riempiono  la  sua 
giornata?  Pensieri  egoistici  e  vanitosi:  azioni 
futilissime,  compiute  seriamente.  Serate,  goùters. 
the  dansants,  visite,  lunghe  sedute  dalla  sarta 

e  dalla  modista E  queste  fanciulle,  che  saran 

donne  domani,  giungeranno  al  termine  dei  loro 


—  19  — 

giorni  migliori,  credendo  di  aver  veduto  tutto 
Funiverso,  credendo  di  aver  vissuto! 

Non  così  sarà  di  te,  nevvero?  Pur  frammi- 
schiandoti a  certe  correnti  di  vita  mondana, 
tu  devi  trovare  in  te  stessa,  nel  tuo  cuore  che 
amo  tanto,  nella  tua  mente,  che  non  credo  sia 
impreparata,  tu  devi  trovare  la  forza  che  innalza 
il  concetto  della  vita. 

Tuo  padre  mi  chiamò,  per  fare  un  giro  nel- 
l'orto. Nel  pomeriggio  il  sole  di  dicembre  scalda 
ancora,  e  abbiamo  ancora  delle  foglie  sul  grande 
cespuglio  di  limoncina,  e  quassù  tutte  le  piante, 
tutte  le  erbe  respirano  in  pace:  direi  che  sen- 
tono morire  il  loro  verde  con  una  serenità  fidu- 
ciosa nel  ritorno  d'una  stagione  più  clemente. 
Nella  grande  luminosità  montana  a  lungo 
abbiamo  discorso  di  te,  Marida  ! 


I 


^^^^=^^^^^r^7^^^^^==^^^ 


LETTEEA  III. 


Mariolo  a  sua  Madre. 


Oh  !  cara  mamma,  hai  ragione,  molte  cose  io 
le  sapevo  già  dal  tuo  cuore,  sebbene  le  tue 

labbra  non  le  avessero  proferite  mai Ora  ti 

ringrazio  della  tua  lettera,  di  avermi  creduta 
finalmente  degna  di  conoscere  di  più,  di  tremare 
e  di  sperare  con  te. 

Se  stesse  solo  da  me,  non  credo  che  tarderei 
molto  a  ripigliare  il  volo  verso  il  nido  caro; 
ma  penso  che  son  qua  per  ubbidirvi,  e  faccio 
tutto  il  possibile  per  rendermi  utile  alla  nonna, 

Ciò  che  non  sempre  mi  riesce,  debbo  dirlo 

Essa  è  spesso  di  malumore,  per  ragioni  che  non 
mi  confida,  ma  che  credo  d'indovinare.  Sai,  la 


—  22  — 

zia  Celine  ha  gusti  e  idee  opposte  a  quelle  di 

sua  madre,  e insomma,  la  vita  presso  di  te 

era  più  facile  e  più  serena.  Sono  anche  un  po' 
contristata  per  altre  ragioni.  Non  vorrei  farti 
spender  troppo,  ma  vedo  che  ho  bisogno  di  una 

quantità  di  cose La  sera,  quando  mi  ritrovo 

sola  nella  mia  cameretta,  dico  bene  a  me  stessa  : 
«  Che  cosa  t'importa  di  non  essere  come  tutte 
le  altre?  di  far  bella  figura,  di  parer  ricca? 
Non  è  la  ricchezza  che  dà  la  felicità,  e  bisogna 
saperla  disprezzare,  la  ricchezza » 

Cara  mamma,  bisogna  trovarsi  in  mezzo  a 
certa  gente,  bisogna  udire  una  May  Welfare, 
per  esempio,  parlare  di  ciò  che  occorre  spendere 
per  avere  un  cappello,  un  vestito  decenti  (è  la 
sua  parola),  bisogna  vedere  l'importanza  che 
tutte  le  donne,  tutte,  anche  le  più  vecchie, 
danno  alla  toilette,  al  lusso,  all'eleganza  in 
generale,  per  capire  che  è  difficile  il  saper 
disprezzare  la  ricchezza. 

Qualche  volta,  quando  penso  a  ciò  che  m'hai 
insegnato,  mi  vien  da  ridere,  in  mezzo  a  tutta 
questa  gente  moderna!  Mi  pare  anche,  o  mia 
buona  e  poetica  mamma,  che  il  tuo  criterio 
sul  valore  della  vita  non  sia  quello  di  certe 
signore,  che  pure  han  l'aria  di  credersi  molto 
savie  ed  esperte.  Son  cose  che  non  so  rendere 


—  23  — 

ma  quante  volte,  la  domenica  sera,  per  esempio, 
quando  convengon  qui  dalla  nonna  cinque 
0  sei  signore,  quasi  tutte  mamme  che  han 
figliuole  da  marito,  e  cominciano  a  scambiarsi 
certe  domande,  sulla  sostanza  di  questa  e  di 
quella  famiglia,  a  manifestare  certe  idee  sulla 
gioventù,  sulla  serietà  che  essa  dovrebbe  avere, 
sulla  importanza  che  bisogna  dare  a  certe  cose 
e  persone,  quante  volte  io  penso  che  tutto 
quanto  queste  signore  lodano,  amano,  rispettano 
e  stimano,  è  l'opposto  di  tutto  ciò  che  tu  lodi, 
ami,  rispetti  e  stimi. 

Vuoi  che  ti  dica  tutto?  Mi  pare  che,  per 
certune,  il  potersi  vestire  da  una  buona  sarta, 
l'aver  ogni  mattina  due  o  tre  portate  a  tavola, 
ogni  sera  l'averne  tre  o  quattro  (col  dolce!), 
il  tutto  ben  servito,  in  una  casa  molto  ben 
tenuta,  concreti  l'idea  d'una  persona  che  ha 
saputo  interpretare  saviamente  la  vita,  senza 
tante  frascherie,  con  buon  senso  pratico.  Ah! 

E  le  amicizie...  quante  sorprese,  mamma,  nelle 
amicizie!  Ieri,  in  casa  di  Carmen,  convennero 
molte  signorine.  Eravamo  invitate  ad  un  piccolo 
concerto.  Erano  tutte  in  istrettè  relazioni  fra 
loro,  solite  a  vedersi  un  po'  dappertutto,  ai  rice- 
vimenti, al  teatro,  alla  patinoire,  ecc Io  sola 

ero  là  dentro  un  po'  novellina,  e  mi  sentivo 


—  24  — 

guardata  con  una  specie  di  supremazia.  Ad  ur 
certo  punto  entrarono  le  tre  sorelle  Sant'Agnese 
sai,  quelle  che  villeggiarono  vicino  a  noi  Testate 
scorsa.  Io,  naturalmente,  mossi  loro  incontro 

con  amichevole  premura Ma  che  mai  poteva 

essere  successo?  Esse  non  fecero  quasi  mostra 
di  riconoscermi;  poi  mi  sorrisero  a  fior  d 
labbra,  con  quel  sorriso  che  principio  a  cono 
scere,  e  che  in  società  vuol  dire:  «  Non  se 
che  farne  di  te!  » 

Lassù  in  montagna  ci  si  trattava  col  tu;  qui 
esse  ripresero  subito  un  cerimonioso  lei, 

E  poi,  a  vedere  come  si  riunirono  alle  altre 
signorine,  scambiando  baci  e  piccole  parole 
carezzevoli  e  idee  graziose,  in  una  specie  di 
gergo  franco-italiano,  susurrandosi  secreti  al- 
l'orecchio, ridendo  maliziosamente;  io    provai 

un  gran  senso  di  smarrimento,  fatto,  non  so 

di  umiliazione  e  di  amarezza. 

Ero  una  spostata,  in  quella  sala,  vestita 
com'ero  (maluccio!).  Mi  sentivo  ingoffata,  non 
riuscivo  quasi  più  a  muovermi,  ad  aprir  la 
bocca,  a  guardarmi  d'attorno  con  naturalezza. 
Tutte  quelle  ragazze,  invece,  avevano  una  sciol- 
tezza, una  sicurezza  invidiabili.  Ogni  loro  mossa 
mostrava  con  vantaggio  il  disegno  inappun- 
tabile delle  loro  gonne,  le  curve  artistiche  dei 


—  25  — 

loro  cappelli.  E  quando  il  breve  concerto  fu 
terminato,  ed  esse  principiarono  a  sorridere  di 
quella  povera  violinista  bisognosa,  per  la  quale 
avevano  organizzato  la  riunione,  e  dimostra- 
rono tanta  ignoranza  in  fatto  della  musica  che 
discutevano  con  tale  arditezza  di  giudizio;  e  poi 
passarono  a  discorrere  dei  loro  divertimenti, 
delle  loro  relazioni,  delle  loro  mamme,  dei  loro 
fratelli,  e  delle  amiche  delle  loro  mamme,  e 
degli  amici  dei  loro  fratelli,  allora  il  mio  sba- 
lordimento fu  completo  !  Aggiustavan  la  gente 
a  rapidi  tocchi  con  certi  sottintesi  che  non 
sempre  intendevo;  sovrattutto  sbeffeggiavano 
le  donne  che  non  sanno  vestirsi.  Elodia  di 
Sant'Agnese  aveva  un'arte  speciale  per  valu- 
tare gli  oggetti  di  vestiario,  di  ornamento.  La 
signora  tale  aveva  una  cravatta  che  pareva 
di  ermellino,  ma  era  di  coniglio;  le  perle  di 
quest'altra  signora  eran  false,  ecc. 

Poi  Lulù,  l'altra  sorella  di  Sant'Agnese,  che 
pare  abbia  la  specialità  del  genere,  cominciò 
ad  imitare  il  viso,  i  gesti,  a  contraffare  la  voce 
e  la  pronuncia  di  certe  persone.  Eccitata  dalle 
risa  della  brigata,  più  nulla  l'arrestava;  dopo  le 
compagne  assenti,  serviva  anche  certe  signore 
attempate,  sfoggiava  la  sua  valentia,  riprodu- 
cendo il  modo  di  ragionare,  gl'intercalari  di 


—  26  — 

quelle  vecchie:  e  le  amiche  le  facevan  ripetere 
continuamente  i  gesti,  le  smorfie,  ridendo,  pre- 
mendosi i  fianchi  per  non  scoppiare. 

Oh  !  Mamma  cara,  sai  ?  Non  credo  che  le 
signorine  del  tuo  tempo  fossero  così. 

Sento  la  malevolenza  e  la  frivolezza  mondane 
avvolgermi  intorno,  come  un  polverìo  impal- 
pabile, che  respiro  quasi  senza  volerlo. 

Non  sciupo  tutto  il  mio  tempo  in  codesta 
vita,  grazie  al  Cielo! 

Vedo  Candida  Torre,  qualche  volta. 

Vado  a  visitare  i  poveri  insieme  con  lei. 

Ma  anche  qui  trovo  delusioni  e  dubbii 

Quante  miserabili  creature,  che  del  bene  e 
del  male  non  hanno  più,  o  meglio,  non  hanno 
mai  avuto  nozione! 

Come  fare,  di  dove  incominciare,  per  porger 
loro  qualche  aiuto  morale  ?  E  quanto  agli  aiuti 
materiali,  poiché  Candida  ed  io  non  siamo 
ricche,  che  cosa  possiamo  fare?  La  nonna,  che 
ha  conosciuto  la  marchesa  di  Barolo,  me  la 
porge  spesso  come  esempio  —  «  Quella,  quella 
fece  i  miracoli,  col  suo  amore  di  Dio  e  del 
prossimo!  »  —  esclama. 

Sì,  è  vero,  a  udire  tutto  ciò  che  quella  donna 
ha  ottenuto,  ricavato  da  certe  abbiette  creature, 
v'è  da  accendersi Ma,  c'è  un  ma!  Essa  era 


—  27  — 

ricca,  ricchissima,  e  andava  ai  poveri  colle  mani 
colme. 

Noi  invece  rechiamo  certi  aiuti  irrisoni,  che 

forse   inaspriscono   ancora  quei   disgraziati 

Quale  immensa  sudiceria  materiale  e  morale, 
in  quelle  lor  case!  Ma  il  modo,  il  modo  efficace 
e  pronto  di  opporsi  ad  essa,  di  scacciarla?  Ho 
veduto  delle  mamme  ammalate  dormire  con  tre, 
quattro  bimbi,  nel  medesimo  letto,  senza  len- 
zuola   Famiglie  abbandonate  dal  marito  e 

dal  padre,  ubbriaco  mezza  la  settimana. 

Ho  veduto  delle  ragazze  di  quindici,  sedici 
anni,  coi  volti  gonfi  e  lividi  per  le  battiture 
inflitte  da  genitori  snaturati.  Ho  vedute  delle 
bambine  rosee  e  bionde  e  belle,  nei  loro  cenci, 
delle  bambine  che  colle  loro  labbra  di  fiore 
mentivano  palesemente,  sfrontatamente,  per 
avere  qualche  lira,  qualche  soldo 

E  che  cosa  ho  saputo  fare  per  loro? Deporre 

nelle  loro  mani  due  o  tre  buoni  per  farina  o 
pane 

Non  t'ho  parlato  ancora  di  Candida,  che  ho 
ritrovato  poco  mutata,  dacché  la  conobbi  qui 
a  Torino,  qualche  anno  fa.  È  forse  diventata 
più  bella,  e  anche  più  mesta,  dopo  la  morte 
del  padre.  Non  le  rimaneva  più  che  lui  !   Io 


—  28  — 

andrei  volontieri  a  vederla  tutti  i  giorni,  ma 
non  sempre  posso:  la  nonna  non  mi  lascia 
andar  fuori  sola,  sebbene  veda  che  ormai,  alla 
mia  età  —  ventanni  tra  poco,  mamma!  —  tutte 
le  signorine  escono  senza  farsi  accompagnare. 

Candida  studia,  lavora  molto,  fa  una  vita 
un  po'  solitaria  ed  austera.  I  pochi  momenti 
che  passai  con  lei  son  rimasti  in  fondo  alla  mia 
anima  con  un  profumo  di  soavità.  Ella  non 
somiglia,  moralmente,  alle  altre  signorine  che 
conosco;  e  neanche  il  suo  volto  somiglia  agli 
altri  volti.  Ho  ancora  in  mente  come  la  rividi, 
la  prima  volta,  il  mese  scorso.  Quando  entrai 
nel  suo  salotto,  ella  non  mi  avverti  subito  ; 
scriveva,  e  a  tutta  prima  io  non  scorsi  che  la 
linea  d'una  guancia  molto  bianca  e  delicata, 

sulla  quale  scorrevano  lagrime e  un  dolce 

volume  di  capelli  scurissimi,  intrecciati  intorno 
al  capo,  come  in  una  medaglia  di  Pisanello. 

Ella  ebbe,  nel  riconoscermi,  un  dolce  sorriso 
sulla  bocca  mesta,  e  mi  spiegò  che  stava  trascri- 
vendo le  poesie  che  suo  padre  aveva  lasciate 
inedite:  poesie  che  ella  vuol  far  pubblicare  e 
aggiungere  all'opera  letteraria  di  quel  delicato 
e  affettuoso  scrittore.  Compresi  la  sua  mestizia, 
le  sue  lagrime,  e,  non  so  perchè,  con  lei  subito 
trovai  modo  di  parlare  a  lungo  e  col  cuore. 


-^  29  — 

Ella  ti  ricorda  bene,  mamma,  ricorda  la  gita 
che  fece  al  Chiostro  quell'anno  che  villeggiava 
a  Porosa  colla  zia,  e  dice  che  quel  luogo  Tattrae, 
nella  sua  austerità  silvana. 

Qui  in  città,  sebbene  ella  abbia  molti  parenti 
che  vorrebbero  accompagnarla  di  qua  e  di  là, 
Candida  conduce  una  vita  un  po'  speciale,  molto 
dedita  alle  cose  dello  spirito  e  alla  beneficenza. 

Essa  fu  che  mi  volle  far  iscrivere  all'asso- 
ciazione delle  pie  signorine  che  visitano  i  poveri. 
Io,  come  hai  potuto  vedere,  mi  dimostro  un  po' 
scettica ma  essa  alle  mie  parole  di  scora- 
mento risponde  con  un  piccolo,  misterioso: 
€  Vedrai,  a  poco  a  poco » 

Vorrei  somigliare  a  lei,  sempre  ;  invece  sono 
a  sbalzi,  a  ondate.  Ora  altro  non  stimo  anch'io 
che  la  dolce  pace  di  casa,  la  laboriosità,  i  libri, 
l'adoprarsi  per  gli  altri Ora,  non  so!  la  sot- 
tile attrazione  della  vita  cittadina,  mondana, 
il  suo  movimento,  le  [sue  mille  faccio  mutevoli, 
la  sua  novità  e  il  suo  splendore  mi  prendono; 
e  poi  anche  m'invade  come  un  senso  d'umilia- 
zione al  pensiero  che  noi  non  siamo  affatto  up 
to  date,  mamma!  che  siamo  quasi  rustiche  e 
quasi  povere  al  confronto  di  tutta  questa  gente, 
e  (la  mia  confessione  sarà  completa)  quando, 
la  sera,  non  esco  colla  zia  Celine,  non  viene 


—  30  — 

nessuno  a  vederci,  mi  trovo  sola  come  ora,  per 
esempio,  dopo  che  la  nonna  è  andata  a  letto,  e 
odo  passare  in  istrada  tante  carrozze,  tante 
automobili,  e  immagino  la  gente  festosa  che 

esse  trasportano  da  una  sala  a  un  teatro un 

senso  di  tristezza  mi  prende,  mi  pare  che  la 
gioia  della  vita  mi  passi  vicino,  senza  far 
cenno  anche  a  me  di  seguirla!! 

Son  brutti  e  futili  pensieri,  lo  so;  ma  adempio 
alla  promessa  fatta  prima  di  partire,  durante 
quell'intimo,  lungo  colloquio  che  ebbi  teco,  in 
quella  tua  stanza  che  sarà  sempre  per  me 
come  un  santuario,  nel  quale  ogni  tua  parola 

risuona  a  lungo,  dopo  che  Thai  proferita Ti 

ricordi?  Mi  dicesti:  «  Promettimi  di  scrivermi 
sempre  tutto  ciò  che  si  agita  nel  tuo  cuore  ». 


®(mmc)®(m^mm®^mmM) 


LETTERA  IV. 


Donna  Crisfiano  Graneri  a  sua  figlia. 


tu  mi  dai  immagine  d'una 

giovane  creatura  che  si  sofFreghi  gli  occhi,  tra 
ammirata  e  sbigottita,  per  le  cose  che  intra- 
vede in  un  paesaggio  in  mezzo  al  quale  sia 
stata  condotta  in  modo  improvviso.  Da  un  lato 
sarebbero  vedute  profonde,  degne  di  suscitare 
l'attenzione,  la  indagine  coscienziosa  e  anche 
commossa  della  tua  mente;  dall'altro  lato,  da 
mille  altri  lati,  tutto  ti  pare  suono  fugace, 
nuvola  errante,  fantasmi  che  ti  passano  d'ac- 
canto, e  che  ti  fanno  quasi  paura,  come 
racchiudessero  in  sé  una  malia  sottile,  forse 
velenosa  ? 


—  32  — 

Marida,  tu  lo  sai,  tu  sei  per  me  un  argo- 
mento vivo  e  perenne  di  amore,  di  soavi  e 
trepidi  pensieri.  Andiamo  insieme,  passo  passo, 
per  queste  nuove  vie.  Questa  comunione  intima 
delle  nostre  menti  e  dei  nostri  cuori  sarà  buona; 
e  non  solo  per  te.  Se  noi  sapremo  sempre  comu- 
nicare ai  piedi  della  Verità^  ci  gioverà  senza 
dubbio  questa  specie  di  lontananza  materiale, 
che  rende  più  vivo  e  più  assiduo  il  bisogno 
dell'avvicinamento  spirituale. 

Potranno  rimanere  molte  volte  confuse  le 
cose  che  vorrei  dirti,  poiché  molte  son  quelle 
che  io  stessa  intra vvedo  appena;  ma  la  Luce 
assiste  coloro  che  cercano  la  Luce. 

Fin  da  quando  io  cominciai  a  intendere  i  miei 
doveri  di  madre,  di  madre  educatrice,  una  cosa 
sovratutto  curai  in  te,  il  carattere;  volli  che 
sulla  tua  tempra  femminea  si  imprimesse  questa 
forza.  Si  può  esser  buoni,  intelligenti,  geniali, 
e  non  aver  carattere,  cioè  non  avere  quella 
energia  costante  della  volontà,  quel  non  so  che 
di  continuato,  di  pertinace  nei  propositi,  quella 
fedeltà  ai  proprii  principii,  quella  forza  morale, 
insomma,  che  scaturisce  dal  profondo  di  un'a- 
nima, la  quale  sa  d'onde  viene,  dove  va,  e 
perchè  va. 

Ora  si  può  aver  carattere  in  due  modi. 


—  33  — 

V'è  chi  nasce  con  questa  forza;  per  cui  il 
iispiegarla  gli  riesce  facile  e  spontaneo,  quanto 
3UÒ  esser  facile  il  respirare,  il  camminare,  il 
tarlare  ;  tempra  tutta  d'un  pezzo,  tempra  che 
^i  riscontrava  di  più  fra  i  nostri  padri  che 
fra  noi. 

E  v'è  chi  riesce  ad  aver  carattere  solo  dopo 
un  lavoro  interno,  dopo  essersi  reso  ragione  a 
3è  stesso  delle  cose;  per  modo  che,  in  quest'ul- 
tima natura,  lo  svilupparsi  e  lo  invigorirsi  della 
volontà  avviene  per  mezzo  di  osservazioni,  di 
esperienze,  di  letture,  di  meditazioni.  Questa  è 
la  forma  di  carattere  più  moderna,  direi.  Ma 
la  differenza  non  monta,  purché  questa  forza 
3i  sia;  e,  per  carità,  Marida,  non  smarrirla, 
fa  di  crescerla  sempre  più  in  te,  in  mezzo  alle 
agitazioni  della  tua  nuova  vita. 

Abbiamo  noi  la  possibilità  di  formarci  un 
carattere  ì  Io  sono  convinta  di  si,  in  massima 
parte.  È  una  legge  psicologica  ormai  da  tutti 
riconosciuta  che  qualsiasi  pensiero,  se  a  lungo 
intrattenuto,  a  poco  a  poco  raggiunge  le  forze 
motrici  del  cervello,  finisce  col  convertirsi 
in  atto. 

In  altre  parole,  il  pensiero  genera  l'azione. 

Ti  raccomando  a  questo  proposito  il  libro 
inglese  :  Character-bidlding,  Thought-power  di 
Ralph  AValdo-Trine. 

3  —  L'intima  gioia. 


—  34  — 

Se  noi  procuriamo  di  pensar  bene,  se  ci  man 
teniamo  in  idee  di  generosità,  di  purezza,  d 
forza,  formeremo  in  un  certo  modo  un  sistema 
di  pensiero  che  s'imprimerà  su  tutte  le  nostn 
azioni,  e  avremo  allora  un  carattere. 

Il  primo  impiego  che  tu  devi  far  subito  d 
questa  forza  è  contro  quel  gran  flutto  sovver- 
titore di  tante  belle  doti  umane,  ch'è  l'amore 
del  lusso.  Che  cosa  v'è  in  questo  strano  gust( 
di  sfoggiare  oggetti  e  abitudini  molto  costose 
che  cosa  v'è  di  tanto  irresistibile  ?  Non  so  !  Mg 
nella  storia  della  umanità  grandi  naufragi  s 
son  veduti,  cagionati  da  questo  abbagliante 
signore  !  E  tu  stessa,  per  quanto  di  cuore  sen- 
sibile e  delicato,  per  quanto  educata  modesta- 
mente, tu  stessa  ti  confessi  scossa,  un  poco. 

Ora  le  signore  non  si  preoccupano  neanche,  ve- 
stendosi, della  foggia  che  loro  conferisce,  di  avere 
un  aspetto  signorile,  di  dimostrare  esteriormente 
nelle  loro  persone  e  nelle  loro  case,  un  fine  gustc 
estetico,  sobriamente  educato.  No!  ciò  che  monta 
è  di  avere  quanto  è  costato  molto,  è  di  raggiun- 
gerò il  maggior  segno  esteriore  della  ricchezza. 

Gli  occhi  scaltriti  della  signora  mondana  in 
due  minuti  valutano  esattamente  la  toilette  della 
sua  vicina,  sanno  classificare  questa  vicina.  E,  per 
ottenere  che  quésta  classificazione  non  la  umilii, 


—  35  — 

uanti  sacri fìzii  non  farà  la  donna  vanitosa  ! 
\.  pensarci  v'è  da  fremere.  C'è  sovratutto  da 
remere,  se  consideriamo  il  lavoro  di  devasta- 
ione  che  quest'amore  del  lusso  può  recare  nel- 

'anima  d'una  donna stavo  per  dire:  che  non 

ia  ricca;  ma  in  fondo  credo  che  la  rovina 
norale  aspetti  anche  la  donna  ricca,  in  simil 
iaso.  Non  sarebbe  cristiano,  anzi,  pensare  diver- 
amente, e  non  compiango  meno  quella  May 
kValfare  per  cui  il  gran  scopo  della  vita  è 
'aver  cappelli  e  vestiti  che  costino  parecchie 
nigliaia  di  lire,  non  la  compiango  meno  di 
erta  fanciulla  non  ricca,  che  la  sete  delle  ric- 
ihezze  spinge  in  vorticose  mondanità,  in  fondo 
bile  quali  non  troverà  che  umiliazioni  e  disin- 
ganni. Sono  entrambe  destinate,  se  qualche 
rande  avvenimento  non  sopraggiunge  a  scon- 
olgere  addirittura  le  linee  del  loro  orizzonte 
norale,  a  non  conoscere  mai  la  vera  gioia 
iella  vita.  Ci  sono  tante  belle  opere  da  com- 
)iere  nel  mondo,  e  il  mondo  stesso,  in  quanto 
Teazione  di  Dio,  è  così  bello,  Marida!  Ma  la 
lonna  mondana  non  vede  nulla,  non  ha  che 
m  pensiero:  Soverchiare  tutti,  tutti  sbalordire 
ol  suo  lusso  ! 

Per  essa  tutti  gli  avvenimenti  sono  nuvole 
ihe  passano,  uno  spettacolo,  nient' altro!  Ella 


—  36  — 

esce  da  un  passato  che  ignora,  e  va  verso  ur 
avvenire  che  le  rifiuta  i  suoi  secreti  miglior 
e  più  sacri.  Il  culto  del  lusso,  della  frivolezza 
delle  mondanità,  sembra  abbia  inaridito  in  essg 
tutte  le  fonti  del  sentimento,  spenta  ogni  fed( 
nell'ideale.  Per  lei  la  vita  si  riduce  a  fatti  ma- 
teriali. 

Io  ringrazio  Iddio,  figliuola  mia,  che  tu  abbia 
quella  specie  di  disgusto  per  tutto  ciò  che  6 
scevro  di  poesia,  d'idealità,  e  mi  fece  sorridere 
di  compiacenza  quella  tuapaginetta  sulle  signore 

molto  savie  ed  esperte Ho   anche  comprese 

ciò  che  dovesti  provare,  ritrovandoti  fra  quelle 
signorine  cosi  mutate,  perchè,  invece  d'essere 
sotto  la  gran  cappa  del  cielo,  erano  in  una  sala 
di  ricevimento.  Io  pure  ho  conosciuto  disin- 
ganni consimili;  più  innanzi  negli  anni  m'è  pure 
accaduto  di  trovarmi  con  donne  che,  discor- 
rendo nella  intimità,  pareva  fossero  disamorate, 
sazie  d'ogni  mondan  rumore,  tanto  che  a  me 
occorse  allora  di  mostrarmi  meno  triste  di 
loro,  più  rispettosa,  più  innamorata,  direi,  di 
questa  che,  dopo  tutto,  trovo  una  gran  bellezza 
—  la  Vita!  Ma  quale  strano  senso  di  mara- 
viglia, di  disorientamento  mi  colse,  quando, 
incontrandomi  con  quelle  stesse  donne  a  con 
versazioni,  a  balli,  a  teatri,  esse  mi  apparvero 


—  37  — 

cosi  diverse  da  me,  così  mutate!  Esse  allora 
erano  allegre,  scherzavano,  parevano  godere  di 
tutto:  io  diventavo  taciturna,  stanca,  mi  sen- 
tivo più  sola  e  più  abbandonata  e,  a  misura 
3he  il  frastuono  cresceva,  sentivo  crescere  in 
me  il  desiderio  del  silenzio  e  della  quiete. 

Provi  anche  tu  di  questi  abbattimenti?  È  buon 

segno,  è  segno  che  vieni  presentendo  qualche 

altro,  un  ben  più  alto  scopo  alla  vita,  che  non  sia 

quello  di  correre  da  una  sala  a  un  teatro,  a  un 

oncerto,  vestita  più  legg-iadramente  possibile 

È  segno  che  tu  aspiri  a  veder  più  chiaro  in 
certe  parole  sublimi,  entro  le  quali  finora  non 
hai  intraveduto  che  fugaci  e  misteriosi  bagliori. 

Cerchiamo  insieme  queste  chiarezze,  Mariola! 

Insieme  desideriamo  maggiore  bellezza  mo- 
rale, maggior  coraggio  nel  procedere  avanti, 
maggiore  bontà  e  ardore  ed  elevazione  di  vita. 

E,  anzitutto,  per  aver  davvero  un  carattere, 
per  non  lasciarci  sedurre  daiie  frivolezze  mon- 
dane, per  diventare  migliori,  non  dimentichiamo 
mai  che  occorrono  saldi  principii  religiosi.  La 
fede  cristiana  sia  come  il  suolo,  il  fertile  suolo 
nel  quale  prendon  radici  tutte  le  nostre  facoltà 
intellettuali,  affettive  e  volitive. 

Allora  soltanto  esse  diventeranno  buone  piante 
feconde  di  fiori  e  di  frutti. 


~  38  — 

Non  essere  poi  troppo  pessimista  per  ciò  che 
riguarda  la  tua  azione  —  per  quanto  debole 
—  presso  i  poveri,  presso  i  disgraziati  e  gli 
ignoranti. 

Non  io,  che  ho  veduto  ormai  da  vicino  molte 
miserie  umane,  stenterò  a  riconoscere  che 
l'andare  ad  una  povera  madre  ammalata,  a 
certa  gente  cui  manca  il  pane  da  sfamarsi, 
l'andare  a  loro  facendo  una  predica,  invece  di 
porgere  un  pronto  e  valido  aiuto  materiale,  sia 
per  lo  meno  una  ingenuità  1 

Ma  in  questo  mondo,  specie  tra  cristiani,  tutte 
è  concatenamento  ;  cioè,  a  fare  il  bene  possone 
cooperare  le  menti  e  i  cuori  degli  uni,  e  le 
sostanze  degli  altri. 

Una  donna  giovane,  di  cuore  puro  e  acceso 
un  uomo  esperto  e  dal  sicuro  giudizio,  una  ricca 
caritatevole  signora,  che  le  infermità  tratten- 
gono in  casa,  possono  essere  altrettanti  aneli] 
nella  catena  del  bene. 

Quando  io  cominciai  a  conoscere  una  delle 
migliori  gioie  di  questa  terra  —  la  gioia  delle 
spirito  che  impara  e  sente  di  progredire  - 
quando  nel  mio  studio  solitario  in  apparenza, 
ma  in  realtà  popolato  di  fantasmi,  trovai  un 
diletto  squisito,  avvenne  che  a  poco  a  poco  finii 
col  provare  una  specie  di  rimorso.  Rimorso  di 


—  39  — 

odere  troppo  egoisticamente  di  quelle  conso- 
izioni  spirituali,  od  almeno  di  goderne  e  farne 
odere  solo  nella  stretta  cerchia  della  mia  fa- 
aiglia;  e  allora  sentii  che  è  dovere,  secondo  le 
lostre  forze  e  le  nostre  condizioni  di  vita,  di 
jutare  anche  gli  altri  intelletti,  d'indirizzarli 
Jla  ricerca  del  buono,  del  vero,  del  bello. 

Noi  dobbiamo  aprire  a  chi  fatica  nelle  fatiche 
Qateriali  uno  spiraglio  di  luce;  è  dovere,  si,  di 
ignuno  di  noi;  ossia  offrirgli  un  piccolo  lume 
!ol  quale  inoltrarsi  in  quelle  regioni  ove,  en- 
rato  che  sia,  cercherà  subito  da  se  più  luce, 
)iù  vastità  d'orizzonte.  Basta,  io  credo,  susci- 
are  questo  desiderio  in  certe  creature  che  ora 
'imbestiano  nella  più  corrotta  ignoranza.  Il 
•esto  ogni  spirito  svegliato  e  scosso  saprà  farlo 
la  sé,  ripeto.  Almeno  non  istarà  più  a  noi, 
ionne  non  esclusivamente  consacrate  alla  mis- 
ione  dell'apostolato,  il  farlo. 

Sei  giovane,  Mariola,  ma  poiché  il  tuo  cuore 
^ià  vibra  ai  suoni  confusi  del  dolore  che  giun- 
gono fino  a  te,  e  tremi,  e  rabbrividisci  se  la 
niseria,  la  menzogna,  la  cupidigia  umana  ti  si 
nostrano,  è  segno  che  Iddio,  che  la  Sua  gran 
^oce  penetra  in  te. 

Questa  sublime  penetrazione  é  incominciata 
appena:  essa  crescerà,  se  la  tua  anima  moverà 


—  40  — 

generosamente  incontro  alla  grazia,  se  non  t 
indugierai  troppo  per  via,  se  non  cederai  a  cert 
allettamenti  della  vanità  e  dell'ozio.  Tu  m 
conosci,  e  devi  aver  compreso  che  ti  ho  man- 
data in  mezzo  alla  gente,  affinchè  tu  imparass 
a  odiare  lo  spirito  del  mondo;  intendimi  bene 
non  la  società  nella  quale  vivi,  ma  lo  spiriti 
del  mondo. 

Si  può  odiare  il  mondo,  e  amare  gli  uomini 
temperare  il  nostro  gusto  d'indipendenza  col 
l'amore  del  dovere  sociale;  amare  la  quiete 
ma  lasciarsi  attrarre  verso  l' azione,  quand» 
l'ora  è  venuta;  dire  come  Plutarco:  Rifuggi 
dalla  gente  per  gusto,  e  la  dolcezza  della  mie 
indole  mi  vi  riconduce, 

A  poco  a  poco,  neir  attrito  giornaliero  co 
tuoi  simili,  tu  verrai  a  comprendere  sempre  pii 
che  la  donna  ha  una  grande  responsabilitj 
nella  vita;  responsabilità  della  quale,  in  pas 
sato,  non  sempre  è  stata  conscia.  Molte,  troppi 
volte,  ella  è  stata  impari  alla  missione  ch< 
avrebbe  dovuto  sostenere  nella  famiglia  e  nelh 
società. 

Non  so  che  cosa  l'avvenire  ti  prepari,  figliuole 
mia,  ma  so  che  la  donna,  se  ha  da  esser  degn^ 
di  questo  nome,  ha  da  esser  capace  di  essei 
madre  un  giorno.  Madre  secondo  la  natura,  e 


—  41  -- 

madre  soltanto  secondo  la  grazia  (cioè  oprando 
intorno  a  sé  maternamente  verso  chi  soffre, 
verso  gli  abbandonati,  gli  ignoranti),  a  questo 
provvederà  Iddio,  ma  la  donna,  in  qualsivoglia 
condizione  di  vita,  deve  formarsi  un  cuore  e 
una  mente  capaci  di  pietà  e  di  amore,  deVe 
nutrirsi  di  buoni  pensieri,  e  diiìbnderli  intorno 
a  sé;  essere  di  ferma  ragione,  di  volere  costante 
e  paziente,  essere  destra  e  laboriosa,  saper  con- 
sigliare con  saviezza  e  confortare  con  genej'o- 
sità.  E  poi  ancora,  su  tutte  queste  doti  positive, 
ella  deve,  sempre,  saper  soffondere  un  dolce 

lume  di  poesia materna. 

Sì,  dovunque  ella  vada,  dovunque  ella  si  trovi, 
accanto  a  un  padre,  a  un  fratello,  a  un  marito; 
al  capezzale  d'un  infermo;  dalla  cattedra  d'una 
scuola;  in  mezzo  alle  turbe  degli  affamati  di 
pane,  e  in  mezzo  alle  turbe  degli  affamati  di 
luce,  la  donna  deve  saper  esser  madre  .    .    . 

Hai  veduto  Alfredo?  Secondo  quanto  mi 
scrisse,  ora  dovrebbe  essere  a  Torino.  Come  sta? 
Com'è? mutato? 


6)©©©6)©6)©©©©©6) 


LETTERA  V. 


Mariola  a  sua  Madre. 


Vorrei  fare  tante  cose,  mamma  cara,  e  spesso 
mi  avvedo,  la  sera,  che  non  giunsi  neanche  a 
fare  quello  che  più  mi  premeva,  scriverti  ! 

La  nonna  da  qualche  giorno  è  un  po'  influen- 
zata, e  quindi  non  esce,  e  tutti  i  parenti  ven- 
gono a  vederla,  e  un  gran  tempo  si  perde. 

La  numerosa  parentela  impone  dei  sacrifizii, 
non  c'è  che  dire  ;  quante  volte  preferirei  scri- 
vere, leggere,  invece  di  ascoltare  e  proferire 
tante  cose  vane! 

Spesso  la  zia  Celine  capita  un  momento,  subito 
dopo  colazione,  e  ci  lascia  poi  qui  i  figliuoli, 
mentre  essa  va  a  sbrigar  faccende  e  visite. 
Ora  mi  avvedo  che  custodire  ragazzi  di  settey 
otto  anni,  discorrere  con  loro,  non  sempre  è 


—  44  -^ 

facile  e  divertente.  Domandano  tanti  'perchè 

e  rispondere  a  tutto  è  arduo!  Questo  devi  sa- 
perlo anche  tu,  mamma,  tu  che  non  rispondi 
neanche  mai  a  tutto  ciò  che  ti  scrivo 

La  nonna  è  molto  cortese  ed  affabile;  ada- 
giata nel  suo  seggiolone,  ella  accoglie  tutti 
con  un  sorriso  benevolo;  non  mostra  mai  di 
essere  stanca  di  ricevere,  non  ha  quella  specie 
di  febbre  che  coglie  me  tanto  spesso,  e  durante 
la  quale  temo  di  lasciar  comprendere  che, 
mentre  in  apparenza  ascolto  e  sorrido,  nel  mio 
interno  manderei  tutti  a  farsi  benedire! 

Sono  nei  miei  Uues,  come  diceva  miss  Maud. 
Sì,  si,  son  proprio  un  po'  di  cattivo  umore  ;  ho 
un  bel  leggere  e  rileggere  la  tua  ultima  let- 
tera, cosi  buona,  cosi  piena  di  generosi  pen- 
sieri   anzi,  più  la  leggo  e  più,  non  so!  provo 

un  indefinibile  malcontento  di  me  stessa,  e  di 
molta  gente  che  mi  circonda,  un  tedio,  per 
tante  cose e  persone  ! 

So  bene  che  cosa  tu  pensi,  e  che  cosa  mi 
diresti,  se  tu  fossi  qui:  guardandomi  con  quei 
tuoi  cari  occhi  amorosi,  sorridendomi  con  quel 
mite  sorriso  che  sa  tante  cose,  mi  diresti  :  «  La 
vera  cristiana  non  conosce  mai  il  tedio,  né  di 
sé,  né  degli  altri  ». 

Ma io  non  sempre  trovo  nella  mia  anima  la 


—  45  — 

vera  forza  cristiana.  Prego  sempre,  ogni  giorno, 
ma  un  po'  cosi,  per  abitudine,  e  spesso  le  parole 
che  proferisco  non  destano  nel  mio  cuore  quegli 
alti  sentimenti  che  dovrebbero  destare,  se  la 
preghiera  fosse  buona.  Forse  non  so  pregare  ? 

Come  mai  non  t'ho  parlato  ancora  di  Alfredo? 
di  questo  caro  fratello  che  non  vedevo  da  tre 

anni,  che  desideravo  tanto   di   rivedere,  e 

col  quale  mi  son  già  bisticciata  due  volte  dacché 
è  tornato  a  Torino? 

Tra  poco  egli  partirà  pel  Chiostro,  ha  pre- 
mura di  riabbracciare  te  ed  il  babbo,  si  vede 
che  vi  ama  sempre  con  affetto  grande,  vera- 
mente di  figliuolo,  con  riconoscenza  immensa, 
vi  ama  insomma  come  vi   meritate  d'essere 

amati  ;  ma mi  domandi  se  in  questi  tre  anni 

passati  all'  estero  è  mutato  ?  Fisicamente  non 
molto;  cioè,  Vingegnere  Alfredo  è  un  po'  più  alto 
e  un  po'  più  complesso,  e  più  scuro  in  volto, 
ma  il  mutamento  non  è  notevole:  moralmente, 
invece,  esso  è  assai  maggiore.  Alfredo  è  diven- 
tato un  po'  sardonico,  sarcastico,  pungente,  qual- 

chevolta Mi  prende  in  giro,  perchè  mi  sono 

iscritta  ad  un  corso  letterario-scientifico,  perchè 
appartengo  a  qualche  opera  di  beneficenza,  perchè 
vado  a  qualche  concerto, e  mi  chiama:  mademoi- 


—  46  — 

selle  Vintellectuelle;  non  risponde  quando  l'inter- 
rogo sul  movimento  femminile  nel    Belgio 

Eppure  qualcosa  dovrebbe  sapere!  perchè  dimo- 
strare tanta  indifFenza,  quasi  un  disprezzo  per 
certe  questioni?  Non  sarà  mica  andato  sempre  e 
soltanto  da^W Institut  dXM Officine,  e  viceversa?  Se 
gli  parlo  un  po'  sul  serio  di  queste  cose,  egli 
ride,  e,  certo  per  farmi  dispetto,  dice  che  è  tor- 
nato in  Italia  con  un  bell'ideale  di  donna  fiam- 
minga, rubiconda,  rotondetta,  ignorantissima, 
con  due  occhi  placidi,  un  sorriso  da  pastorella, 
e  una  capigliatura  bionda  come  la  birra 

A  udirlo  parlar  così  ci  patisco!  Non  lo  volevi 
così  neanche  tu,  nevvero?  quando  gl'inculcavi 
il  rispetto  per  tutte  le  cose  dello  spirito,  e  lo 
educavi  con  tanta  finezza. 

Mentre  ti  scrivo  egli  sta  di  là  colla  nonna: 
legge  forte  un  libro  che  piace  molto  alla  cara 
vecchietta;  ella  sorride,  guarda  quel  volto  che 
il  lavoro  nelle  officine  ha  acceso  d'un  rosso 
opaco,  e  quando  egli  solleva  gli  occhi  dal  libro, 

gli  accarezza  la  fronte,  i  capelli Come  amano 

i  giovani,  le  vecchie  nonne!  Ma  con  lei  Alfredo 
è  tutt'altro,  è  buono,  premuroso,  conciliante  : 
solo  con  me  è  cattivo. 

L'altra  sera,  in  casa  della  zia  Celine,  egli  ha 
chiacchierato,  riso,  motteggiato  sempre  con  una 


~  47  — 

vecchia  signora,  ridicola  sotto  la  parrucca  bionda, 
e  il  rosso  carmino  delle  guance  e  l'oltraggiante 
(ossia  oltraggiata?)  bianchezza  della  veste  di 
trina  vaporosa  e  soave!  Tornando  a  casa,  sai 
che  cosa  egli  mi  disse? 

Che  con  quella  signora,  almeno,  si  poteva 
discorrere  senza  stare  colla  paura  addosso  di 
dire  qualche  sproposito  d'arte  o  di  letteratura...  ! 

In  ultimo  si  burlò  d'una  signorina  che  c'era 
a  quel  ricevimento;  una  ebrea  fattasi  cristiana 
(secondo  Alfredo),  per  entrare  nella  buona 
società  e  poter  chiamare  madrina  una  signora 
dell'aristocrazia  e  sposare  un  conte  od  un 
marchese. 

Vedi,  non  credo  che  Alfredo  sbagliasse:  ma 

appunto  perciò  soffersi,  e  soffro,  e Oh!  mio 

Chiostro,  mia  grande  casa  solitaria,  posta  cosi 
in  alto,  sopra  i  prati  ondeggianti  e  i  boschi 
folti;  caro  asilo  dove  tutti  son  buoni  e  sinceri 
e  semplici,  o  caro  Chiostro,  come  mi  sembri 
lontano! 

Per  dirti  tutto,  mi  sono  anche  guastata  con 
Candida. 

Ora  abbiam  fatto  la  pace,  s'intende,  ella  è 
cosi  buona!  ma  dovevo  pure  confessarti  questo, 
per  farti  comprendere  appieno  il  mio  stato 
d'animo. 


—  48  — 

Eravamo  andati.  Candida,  Alfredo  ed  io,  alla 
conferenza  del  poeta  G.  Ripeterti  tutte  le  no- 
bili, belle,  altissime  cose  che  egli  ci  disse  mi 
sarebbe  impossibile.  Per  più  di  un'ora  egli  ci 
diede  le  sue  ali  d'aquila,  e  ci  accostammo  al 
sole,  mi  parve! 

Tu  sai  come  mi  accendo,  quando  mi  accendo. 

Tratto  tratto  mandavo  uno  sguardo  ad  Al- 
fredo; ma  egli  non  mi  rispondeva e  non 

sapevo  veramente  perchè  egli  fosse  venuto,  dal 
momento  che  prima  di  accompagnarmi  egli 
aveva  avuto  parole  cosi  scettiche  per  la  mia 

grande  aspettativa Certo  per  farmi  dispetto, 

dopo!  Difatto quando   uscii  da  quella  sala, 

avevo  il  viso  rosso  rosso  e  sentivo  che  i  miei 
occhi  ardevano  di  santa  gioia  spirituale.  Avrei 
abbracciato  tutti  come  fratelli,  mamma,  e  a 
tutti  avrei  gridato:  Vero,  che  bellezza?! 

Strinsi  dunque  una  mano  di  Candida,  una  di 
Alfredo,  e  parlai  con  tutta  Teffusione  del  mio 
cuore.  In  quel  momento,  almeno  in  quel  mo- 
mento! credevo  che  il  cuore  d'Alfredo  battesse 
all'  unissono  col  mio.  Ma  egli,  freddo  freddo, 
calmo  calmo: 

—  Io  non  mi  prostro  come  te,  Marida.  Ci 
vuol  altro!  C'è  molto  da  discutere,  su  quanto 
disse  quel  signore,  molto 


—  49  — 

E  cominciò,  sarcasticamente,  crudelmente,  a 
decapitare,  direi,  tutti  i  più  fulgidi  e  soavi  fiori 
che  avevo  veduto  sorgere  come  per  miracolo 
sotto  il  soffio  di  quella  calda  parola  di  poeta.  Tu 
lo  sai  :  contro  uno  scetticismo  piccino,  fatto  di 
sofistiche  ricerche  di  peli  nelFovo,  nulla  resiste. 

10  sentivo  tante  cose,  pensavo  tante  cose,  e 
volli  parlare,  rispondere,  ma  la  foga  dei  miei 
affetti  ebhe  questo  bel  risultato:  di  farmi  sof- 
fiare, soffiare  come  una  gatta  rabbiosa,  di 
rendermi  inetta  a  proferire  una  sola  parola 
assennata. 

Allora  mi  rivolsi  a  Candida,  e  con  impazienza 
le  dissi: 

—  Ma  parla,  parla  dunque  anche  tu  ! 
Con  un  quieto  sorriso  negli  occhi  dolci,  ella 

si  contentò  di  rispondere: 

—  E  non  vedi  che  tuo  cugino  lo  fa  apposta..... 
per  farti  dispetto? 

Fu  Tultimo  colpo!  Mi  fermai  in  mezzo  alla 
via,  li  fulminai  tutti  e  due  con^  uno  sguardo 
irato,  e  li  lasciai  quasi  correndo,  infilando  la 
prima  via  di  traversa 

11  domani  fu  Candida  che  venne  a  cercar 
me.  Cosa  insolita,  poiché  ella  quasi  sempre  mi 
aspetta  a  casa  sua;  e  con  quella  particolar  sua 
voce  in  cui  la  nobiltà  del  cuore,  il  dolore  che 

4  —  L'intima  gioia 


—  50  - 

già  ha  conosciuto,  fluiscono  in  una  vena  sot- 
tile di  malinconia,  ella  mi  persuase  di  tante 
cose,  sovrattutto  che  ella  ama  ogni  idealità  della 
vita assai  più  di  me,  mamma,  poiché  le  pue- 
rili passioni  mai  non  insorgono  a  precluderle  la 
via  della  ascensione!  Ah!  perchè  il  cielo  della 
mia  anima  è  così  mutevole? 

T'invio  la  conferenza,  che  han  subito  pub- 
blicata, del  poeta.  Vedi  se  non  ho  ragione  di 
esaltarmi,  se  Alfredo...  Insomma  non  voglio 
ricominciare...  Perchè  tutti  gli  uomini  non 
somigliano  a  questo  poeta  innamorato  di  pu- 
rezza ?  perchè,  tra  la  gente,  par  quasi  di  essere 
ridicoli,  quando  si  palesano  certi  ideali? 

ler  sera  dissi  che  mi  sarebbe  tanto  tanto  pia- 
ciuto di  poter  manifestare  la  mia  riconoscenza  a 
questo  Maestro  di  poesia,  e  allora,  Alfredo,  giù 
una  risata,  una  grande  risata  che  non  finiva 
più: — Figurarsi,  figurarsi  che  gioia  gli  darebbe 
l'approvazione  di  Mademoiselle  Vintellectuelle 


LETTERA  VI. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  Mariola, 


Cara,  mi  dici  che  non  rispondo  a  tutti  i  tuoi 

perchè  »  ;  è   vero  ;   ma  chi   mai  potrebbe, 

nima  cara?  viva,  fremente  anima?  A  molti  di 

uesti  «  perchè  »  la  vita  sola  potrà  darti  una 

isposta,  in  questo  io  non  m'illudo.  Si  dice  bene 

he  i  giovani  vanno  là  d'onde  noi  veniamo, 

che  noi  li  possiamo  accompagnare;  ma  questo 

vero  solo  in  parte.  Certi  viaggi  nelle  regioni 

el  pensiero   e   del  sentimento   bisogna  farli 

a  soli,  se  devono  fruttare. 

Ad  ogni  modo,  anche  quando  vorrei  e  forse 

aprei   risponderti,  non   sempre  mi  riesce  di 

irlo  con  ordine.  E  come  potrebbe  essere  diver- 


—  52  — 

samente?  Tu  conosci  la  mia  vita;  scrivo  a 
sbalzi,  comincio  qualche  volta  la  mia  lettera 
la  mattina,  quando  tutti  dormono  ancora;  la 
riprendo  la  sera,  quando  tutti  tornano  a  dor- 
mire. Ma  un  carteggio  nel  quale  faremmo 
qualche  capitolo  d'un  libro  non  è  affar  nostro, 
nevvero?  L'amor  mio,  quando  scrive,  manifesta 
molto  disordinatamente  le  sue  idee,  così  come 
sgorgano.   La   penna    corre,  il   foglio    bianco 

invita Consolo,  ammonisco  qualche  volta  ;  mi 

consolo,  mi  ammonisco  anche,  ma  non  fo  pre- 
diche preparate. 

Bimba  cara,  mi  hai  confidato  il  lamento  del 
tuo  cuore  —  «  Non  so  pregare!  » 

A  questo  sì,  risponderò  subito,  innanzi  tutto. 

Alla  tua  età  bisogna  rendersi  ben  conto  di 
che  cosa  sia  la  preghiera.  Iddio  non  ce  la  insegnò 
come  un  mezzo  di  ottenere  le  buone,  le  dolci, 
le  placide  cose  di  questa  terra,  ma  per  ottenere 
di  saper  rinunciare  al  voler  nostro,  di  saperlo 
far  fluire  nel  Divino  Volere.  Non  come  un  mezzo 
di  mettere  in  fuga  il  male,  ma  come  quello  che 
ci  darà  la  forza  di  saperci  opporre  ad  esso  e 
di  vincerlo. 

Ora,  per  avere  questo  puro  spirito  della  pre- 
ghiera, bisogna  che  esso  zampilli  da  una  fede 
vera.  Finché  eri  bambina  questa  fede  in  te 


—  53  — 

poteva  nutrirsi  di  latte;  occorre  adesso  nutrirla 
più  sostanziosamente. 

La  signorina  moderna  —  a  meno  che  essa 
non  venga  imbavagliata,  a  meno  che  non  le 
vengano  turate  le  orecchie  —  nell'aria  stessa 
che  respira,  nei  discorsi  che  più  d'una  volta 
ode  fare  intorno  a  sé,  nei  ritrovi  più  consueti, 
nei  contatti  più  inevitabili,  in  un  salotto,  in 

un  treno rischia  di  raccogliere  e  di  assorbire 

molte  idee  contro  la  sua  fede.  Non  parlo  del  vero 
e  proprio  ateismo;  è  troppo  brutale  per  recar 
danno  in  un  cuore  di  donna  ;  ma  quella  specie 
di  misticismo  dai  contorni  mal  definiti,  dai  nomi 
molteplici,  ispiratore  di  una  morale  un  po'  vaga 
ed  elastica;  quel  vezzo,  ora  di  moda,  di  dubitare 

un   po'  di  tutto non   è  tale   da  fortificare 

l'anima  contro  tanti  pericoli  e  tanti  scoramenti  : 
da  conferirle  una  direzione  ferma  e  costante 
nel  bene.  E  ogni  tua  lettera,  ogni  tua  parola, 
quasi,  mi  conferma  sempre  più  nel  convinci- 
mento che  la  gioventù  prova  questi  scoramenti, 
:][ueste  debolezze,  e  che  ha  bisogno  grandissimo 
ii  una  forza  soprannaturale,  sorreggitrice. 

Voi  avete  sete  di  luce,  di  gioia,  d'ideale; 
ìmate  lo  spazio  infinito;  ed  è  vano  credere  che 
3asti  dire: 

—  «  Fermatevi  !   Ciò  che  sognate   è  follia. 


—  54  — 

Frenate  il  vostro  cuore  e  la  vostra  immagi- 
nazione ». 

Ali,  volete,  ali  per  volare. 

Ora  queste  ali  solo  la  fede  può  darle. 

Ma  una  fede  che  faccia  nascere  l'amor  di  Dio, 
un  desiderio  continuato  e  vivo  di  meglio  cono- 
scerLo,  di  avvicinarLo,  di  venire  a  contattc 
con  Lui. 

Un  grande  scrittore,  considerando  le  ansie,  le 
ambascio,  le  lotte  di  questa  nostra  età  moderna, 
Carlo  Dickens,  ebbe  a  dire  che  il  Cattolicismc 
lo  attraeva,  perchè  nel  CattoUcismo  l'anima 
trova  il  migliore  e  più  completo  suo  contatto  con 
Dio,  E  pare  già  Socrate  sentisse  questa  necessità 
dello  spirito  umano,  quando  esclamava  che  s\ 
deve  fare  ogni  maggiore  sforzo  per  approssimarsi 

quanto  più  si  può  a  Dio Il  grande  filosofe 

non  poteva  presagire  che  ravvicinamento,  rin- 
contro, sarebbe  avvenuto,  soave  e  folgorante, 
per  la  discesa  di  Dio  stesso! 

Attingi  dunque  col  tuo  cuore  e  colla  tua 
mente  alle  vive  sorgenti  della  nostra  religione, 
Marida,  e  sempre  più,  sempre  meglio  otterrai 
questo  divino  contatto.  Non  appena  si  giunge 
in  vista  del  male,  non  più  a  traverso  la  storia, 
ma  a  traverso  la  viva  realtà,  conviene  uscire 
dalla  infanzia,  entrare  nel  pieno  vigore  della 


—  65  — 

fede,  se  non  vogliamo  vederla  languire  in  noi 
e  diventare  infeconda.  Il  che  può  avvenire  in 
più  modi  :  ciò  che  avviene  più  frequentemente 
alla  donna  moderna  è  che  la  sua  religione 
non  sia  più  regola  di  vita,  ispiratrice  di  azioni 
buone,  di  condotta  onesta,  ma  semplice  forma- 
lismo, meccanismo  senz'anima 

Se  lion  procuriamo  di  ottenere  l'alleanza 
della  ragione  colla  fede  (bada  che  quest'al- 
leanza non  esclude  il  concetto  del  sopranna- 
turale, tutt'altro!),  se  noi  scacciamo  come  vani 
sogni  certe  aspirazioni  verso  le  più  alte  vette 
spirituali,  vietiamo  all'anima  certi  viaggi  verso 
la  dimora  di  Dio,  non  più  la  ragione  rimarrà 
in  fondo  al  nostro  essere,  ma  rimarranno  solo 
gli  istinti;  e  simili  allora  a  nave  priva  di  timone 
e  di  àncora,  erreremo  in  balìa  di  tutti  i  venti. 

Tu  sei  sincera,  semplice,  desiderosa  di  bene, 
ma  non  calma,  non  forte  ancora. 

Leggi  il  Vangelo. 

Non  subito  lo  intenderai  bene,  completa- 
mente: ma  lo  intenderai  sempre  meglio,  a 
misura  che  lo  mediterai,  e  la  tua  anima 
prenderà  un  più  forte  slancio  verso  Iddio,  e 
finirai  collo  scoprire  i  tesori  di  quella  dizione 
perfetta,  nella  quale  nulla  è  di  esagerato,  ma 
tutto  è  pieno  di  una  vita  profonda.  Leggilo, 


—  56  — 

e  non  sarai  una  cristiana  incerta,  fiacca,  facile 
ai  compromessi  colla  natura  e  col  mondo.  Ogni/ 
giorno  consacra,  una  mezz'ora  a  questa  lettura 
spirituale  —  Vangelo,  Epistole,  Atti  degli  Apo- 
stoli, interpretazioni  date  dai  Santi  Padri  della 
Chiesa. 

L'ignoranza  è  la  grande  nemica  delle  anime. 

È  anche  necessario  ormai  per  la  donna  il 
conoscere  certi  atteggiamenti  dello  spirito  filo- 
sofico moderno,  poiché  è  necessario  che  ella 
sappia  discernere  le  sane  dottrine  da  quelle 
che  insidiano  ai  principii  religiosi.  A  misura 
che  il  tuo  spirito  si  sveglierà  a  queste  cose, 
tu  dovrai  studiare  certe  questioni,  famigiiariz- 
zarti  con  tutta  una  serie  di  problemi  filosofico- 
sociali  che,  come  disse  il  Santo  Padre  recente- 
mente, ora  sono  giunti  a  interessare  anche  le 
turbe;  problemi  la  cui  soluzione  include  le 
direzioni  pratiche  della  vita  famigliare  e  sociale. 
Nulla  deve  la  donna  trascurare  di  tutto  quanto 
può  servire  a  ridestare  la  coscienza,  ad  iniziare 
una  migliore  educazione  morale  e  religiosa  in  sé 
e  intorno  a  sé. 

Quando  trattasi  di  povere  contadine,  di  donne 
non  destinate  mai  a  conoscere  certi  conflitti 
spirituali,  parlare  della  foi  du  charhonnier  sta 
bene,  lo  comprendo.  Ma  nelle  nostre  famiglie. 


trattandosi  di  donne  destinate  ad  udire  tanti 
sofismi  contro  la  fede,  destinate  forse  a  diventar 
mogli  e  madri  di  uomini  che  affondano  nello 
scetticismo,  che  ricevono  in  pieno  petto  la  cor- 
rente di  tante  idee  perniciose  e  devastatrici, 
parlare  della  foi  clu  charbonnier  per  queste 
donne,  mi  pare  un'amara  ironia,  una  cattiva 
burla,  e  una  ipocrisia.  Del  resto,  ogni  qualvolta 
mi  avvenne  di  udire  certe  signore  mondane 
vantarsi,  quasi,  di  questa  ignorante  loro  fede, 
m'avvidi  che  eran  donne  le  quali  desideravano 
andare  a  Messa  la  domenica  mattina  con  un 
cappellino  nuovo,  nella  chiesa  più  aristocratica, 
e  a  teatro  tutte  le  sere,  a  udire  le  più  volgari 
pochadeSy  o  i  più  frivoli  conferenzieri;  donne 
che  la  grande  neghittosità  del  loro  spirito  ren- 
deva incapaci  d'ogni  studio  coscienzioso,  ma 
essendo  esse  timorose  di  scandolezzare  la  gente 
cosi  detta  _p^r  bene,  di  lasciar  trasparire  che  non 
avevano  nessunissima  convinzione,  se  la  cava- 
vano con  questa  frase  bell'e  fatta:  «  Oh!  io  per 
me  odio  le  discussioni,  non  approfondisco,  e  me 
ne  vivo  contenta  colla  mia  foi  du  charbonnier  ». 
No,  Marida,  questa  sarebbe  colpa.  Noi  ab- 
biamo bisogno  che  la  fede  non  sia  soltanto 
quella  specie  di  vago  misticismo  ch'è  passato 
nelle  nostre  vene  insieme  col  sangue  dei  nostri 


—  58  — 

padri;  ma  abbiamo  bisogno  che  essa  illumini 
tutta  la  nostra  vita,  tutte  le  nostre  azioni,  sia 
la  forza  motrice  di  tutto  il  nostro  essere.  Non 
basta  accettare,  senza  conoscerli,  i  principii 
fondamentali  della  nostra  religione;  tenerla 
convenzionalmente,  questa  religione,  in  un  an- 
golo del  nostro  spirito,  e  chiamarla  fuori  in 
giorni  e  ore  determinati.  Bisogna  che  il  nostro 
spirito  e  la  nostra  fede  siano  una  cosa  sola, 

lersera,  accanto  al  fuoco,  dove  spesso  facciamo 
assai  tardi,  tuo  padre  mi  diceva  molte  cose 
consolanti  sullo  stato  attuale  della  sua  anima. 
Lettore  insaziabile,  come  egli  è  diventato  dopo 
la  sua  segregazione  quassù,  egli  mi  diceva  che, 
non  essendo  mai  riuscito  a  trovare  il  libro 
scientifico  ove  sia  detta  Vultima  parola,  egli 
ha  finito  col  darmi  ragione  e  col  ricorrere 
sempre  più  ai  libri  di  Dio,  alla  Bibbia,  al 
Vangelo,  dove  trova  la  quantità  di  luce  e  anche 
la  quantità  di  ombre,  che  formano  il  più  per- 
fetto equilibrio  per  la  mente  umana. 

E  a  proposito  del  Vangelo,  fu  detto  molte 
volte,  fu  scritto  ancora  recentemente  da  una 
scrittrice  protestante,  la  quale,  fra  parentesi, 
scrive  con  un  fervore  di  proselitismo  che  manca 
troppo  spesso  a  noi  donne  cattoliche;  fu  dunque 
scritto  che  i  nostri  sacerdoti  non   consigliano 


—  59  — 

più  la  lettura  del  Nuovo  Testamento.  Ora  questa 
è  per  lo  meno  una  parola  avventata. 

I  migliori,  i  più  illuminati  nostri  sacerdoti, 
non  fanno  che  raccomandare  questa  lettura,  e 
vorrei  far  leggere  a  quella  valente  scrittrice 
le  seguenti  parole  del  Lacordaire:  «  Apprenez 
VÉvangile  dans  VÉvangile  mème,  et  non  dans 
cette  multitude  de  petits  livres  d'une  orthodoxie 
douteicse,  d'une  sentimentalitè  fade,  sans  seve, 
sans  vitalitè,  sans  puissance  ». 

Anch'io,  insieme  col  babbo,  lessi  molti  libri  di 
letteratura,  di  scienze  sociali,  di  storia;  ma  più 
vado  avanti  cogli  anni,  e  più  sento  come  una 
forza  alle  spalle  che  mi  spinge  a  cercare  più 
in  alto,  nella  parola  di  Dio,  la  verità  regola- 
trice della  vita.  È  la  religione  quella  che  mi 
addita  la  via  nei  momenti  più  ardui  e  dolorosi, 
che  porge  una  soluzione  a  tutti  i  problemi  del 
mio  spirito,  risponde  a  tutti  i  frementi  perchè 
del  mio  cuore;  mi  trasporta  lontano  sulle  vette, 
e  mi  sorregge  forte  sull'orlo  dell'abisso  ;  mi  for- 
nisce savie  e  pratiche  ragioni  nelle  contingenze 
della  vita  giornaliera,  e  mi  schiude  sentieri  lumi- 
nosi in  regioni  divine. 

Lo  so,  ti  si  muoverà  più  volte  contro  con 
questa  obbiezione,  man  mano  che   procederai 


—  60  — 

nella  vita:  «  Nella  tua  religione  non  tutto  si 
spiega;  né  essa  tutto  ti  spiega  il  Mistero  ». 

È  vero.  Non  tutto. 

Ma  che  cosasi  spiega  completamente,  quaggiù? 
e  che  monta  se  alcuni  veli  ancora  ne  avvolgono, 
dal  momento  che,  pure  fra  queste  penembre 
terrene,  attenendoci  alla  parola  di  Gesù  Cristo, 
siamo  sempre  in  possesso  dell'ago  orientato  verso 
il  bene  e  la  luce? 

La  nostra  religione,  Marida,  si  adatta  cosi 
mirabilmente  a  tutti  i  bisogni  della  umanità, 
che  le  sue  leggi  sono  le  leggi  stesse  della  vita: 
è  questa  una  verità  che  forse  ora  non  potrai 
comprendere  pienamente,  ma  la  esperienza  te 
la  confermerà. 

La  dottrina  del  Vangelo  è  continuamente 
presentata  a  noi  come  un  argomento  di  vita, 
e  le  anime  più  incredule  si  sentono  scosse  allo 
spettacolo  di  questa  vita  che  splende  in  noi  e 
che  a  loro  vien  mancando. 

Fu  il  trionfo  di  tutti  i  Santi  di  farne  sentire 
il  palpito  nelle  loro  parole  e  nelle  loro  azioni. 

E  questa  forza  di  vita  deve  anche  salvare 
l'umanità  presente  da  una  corrente  minacciosa, 
il  cui  fragore  forse  di  già  è  giunto,  o  presto  giun- 
gerà, fino  a  te. 

Ora  come  non  mai  è  sentita  e  proclamata  la 


—  61  — 

necessità  della  solidarietà  umana,  della  fratel- 
lanza, della  uguaglianza.  Ma,  sotto  il  bel  velo  di 
queste  parole,  quante  follie,  quante  ingiustizie, 
quante  ipocrisie,  quanti  obbrobrii  si  compiono! 
Quanti  poveri  ignoranti  fratelli  son  tratti  in 
inganno  da  certi  Caini  e  da  certi  Giuda  della 
«  fratellanza  »... 

Solo  il  Cristianesimo  ci  porge  il  mezzo  sicuro, 
ideale  e  pratico  ad  un  tempo,  di  raggiungere 
la  pace  e  la  gioia,  affratellandoci  in  Colui  che 
abbraccia  l'uomo  con  tutte  le  sue  aspirazioni, 
tutte  le  sue  debolezze,  e  lo  solleva  nelle  regioni 
della  Bontà  e  dell'Amore. 

Sera. 

Ciò  che  mi  dici  d'Alfredo  non  mi  fa  mera- 
viglia. Ho  gran  desiderio  di  rivederlo,  di  par- 
lare un  po'  a  lungo  con  lui. 

Egli  è  buono,  e  non  dubito  né  del  suo  cuore, 
nò  della  sua  intelligenza,  ma,  che  vuoi!  questa 
specie  di  mutamento  avvenuto  in  lui  era  quasi 
inevitabile. 

Alfredo  ha  veduto  tante  cose  e  persone  nuove, 
ha  viaggiato,  ha  imparato  un  po'  a  pigliare  il 
mostro  dalle  corna,  come  dicono  gl'inglesi,  raffi- 
gurando la  vita  attiva  a  qualcosa  che  bisogna 
domare,  lottando  forte.  Alfredo  ha  studiato  le 
scienze  positive,  ha  imparato  a  fare  da  sé,  nelle 


—  62  — 

contingenze  pratiche,  a  diventare  un  uomo  di 
proposito,  e  tutto  ciò  sta  bene  ;  ma,  sentimental- 
mente, spiritualmente  parlando  (non  inorgo- 
glire, che  tra  poco  ti  dirò  pure  qualcosa  di  meno 
lusinghiero)  egli  è  inferiore  a  te,  per  ora. 

Ed  è  così  di  quasi  tutti  i  giovani  deiretà  sua; 
la  natura  stessa  degli  studii  che  fanno  produce 
una  lacuna  nelle  loro  anime.  La  scienza  posi- 
tiva limita  le  sue  indagini  ed  i  suoi  sforzi  a 
tutto  ciò  che  può  procurare  la  felicità  materiale 
dell'uomo. 

Ma  questo  non  basta!  e  per  ogni  cuore  gene- 
roso deve  pur  venire  il  giorno  nel  quale  sente 
che  esso  ha  raggiunto  una  barriera  insupera- 
bile, e  allora  deve  nascere  il  bisogno  di  cercare 
una  luce  che  venga  da  più  lontano,  più  dall'alto  ! 

A  noi  donne  spetta  molte  volte  di  fare  inten- 
dere di  che  natura  sia  questa  luce.  Noi,  a  cui 
vien  concesso  maggior  tempo  e  vengono  anche 
concesse  migliori  occasioni  di  ascoltare  le  voci 
interiori,  dobbiamo  trasfondere  nei  nostri  padri 
e  fratelli  e  mariti  e  figliuoli  le  idealità  che  ci 
fanno  palpitare,  dobbiamo  camminare  al  loro 
fianco  accese  di  quella  fede  che  veramente 
afferma  contro  ogni  diminuzione  morale,  salva 
da  ogni  frivolezza,  tien  desti  ogni  giorno,  ogni 
ora,  verso  l'umanità  che  avanza  nelle  tenebre. 


—  63  — 

di  quella  fede  che  fa  convergere  tutte  le  forze 
a  beneficare,  a  progredire,  senza  fermarsi,  senza 
fiaccarsi  mai. 

Questa  specie  di  nuovo  dissidio  intimo,  nato 
tra  il  modo  di  sentire  d*un  giovane  e  d'una 
giovane  del  nostro  tempo,  ha  luogo  in  mille 
campi.  Le  due   generazioni,  la  maschile  e  la 

femminile,  su  molti  punti  non  s'accordano  più 

0  non  s'accordano  ancora. 

E  sempre  per  la  stessa  ragione;  perchè  la 
necessità  d'intendere  presto  e  bene  il  senso 
pratico  della  vita  priva  gli  uomini  di  indagarne 
e  d'intenderne  il  senso  spirituale,  ideale. 

Inoltre  per  ragioni  molto  remote,  ataviche, 
è  frequente  nell'uomo  una  specie  di  disprezzo 
verso  la  donna  innamorata  di  progresso,  bra- 
mosa di  alta  coltura,  entusiasta  pel  trionfo  di 
ideali  sociali,  d'interesse  collettivo,  per  ciò  che 
riguarda  l'evoluzione  femminile,  la  vittoria  della 
personalità,  ecc.  Questa  ostilità  nell'uomo  per 
tutto  quanto,  insomma,  può  chiamarsi  movi- 
mento spirituale  femminile,  è  innegabile. 

Perchè? 

Per  una  parte  i  signori  uomini  hanno  torto, 
e  col  tempo  certo  muteranno  :  ma  torto,  in  tutto, 
non  si  potrebbe  dire  che  abbiano,  per  adesso. 

C'è  modo  e  modo  di  amare  le  cose  spirituali, 


—  64  — 

e,  sovrattutto,  non  basta  gridare  :  Noi  abbiamo 
valore  !  bisogna  valere  davvero  qualcosa. 

Certe  idee  belle,  grandiose  ci  hanno  innamo- 
rate un  po'  troppo  precipitosamente.  Creature 
d'impulso  e  d'entusiasmo,  noi  molte  ne  abbiamo 
accettate,  senza  studiarle,  senza  meditarle. 

Le  parole:  idealismo,  altruismo,  intellettua- 
lismo, hanno  preso  un  po' di  sorpresa  certe  donne, 
che  si  buttano  nel  movimento  moderno  con  un 
concetto  vago;  e  vanno,  vanno,  senza  sapere 
bene  né  dove  vadano,  ne  che  cosa  vogliano. 
Accettano  tutto  ciò  che  ha  colore  di  progresso, 
e  s'impancano  a  discorrere,  a  discutere  su  ciò 
che  sanno  assai  confusamente,  e  spesso  pigliano 
cantonate  madornali,  ciò  che  fa  molto  ridere  i 
signori  uomini,  e  li  indispettisce  anche  a  ragione. 

Ecce  foemina  !  gridano  queste  pioniere  avan- 
zate; ma,  ahimè!  sono  gran  brutti  esemplari! 

Sono  le  donne  esaltate,  le  donne  che  posano^ 
le  intellettuali,  le  pedanti,  le  spregiudicate. 

Si  dice:  Il  femminismo  è  una  necessità  sto- 
rica; e  nessuna  forza  è  capace  di  fare  indie- 
treggiare l'idea  che  avanza. 

Verissimo  :  ma,  per  rimediare  a  certi  danni 
che  tutti  scorgiamo,  non  e'  è  che  un  rimedio, 
andare  avanti  un  altro  passo  sulla  via  del  pro- 
gresso. Si,  ben  venga  la  donna  che   desidera 


—  65  — 

davvero  di  istruirsi,  di  lavorare,  di  recare  aiuto 
ai  suoi  simili  :  ma  badi  di  istruirsi,  di  lavorare 
e  di  recare  aiuto  con  senno,  con  pazienza,  con 
pertinacia;  senza  vanità,  senza  febbrili  sogni, 
senza  temerarie  pretensioni. 

Pur  troppo  ci  sono  invece  molte  donne,  così 
dette  femministe  e  intellettuali,  che  paiono 
suscitate  apposta  per  far  prendere  in  uggia  ogni 
progresso  femminile 

Comprendo  benissimo,  conosco  l'origine  delle 
parole  che  ti  sfuggirono  a  proposito  del  poeta  G. 
Esse  procedono  da  un  vero  sentimento  di  rico- 
noscenza. 

Chi,  nelle  ore  dolci  e  silenziose,  in  cui  si  fa 
una  specie  di  viaggio  dentro  la  nostra  anima, 
chi  non  vede  levarsi  le  figure  indimenticabili, 
veramente  amate  e  venerate,  di  coloro  (pochi 
sono,  sempre  pochissimi)  di  coloro  che,  forse 
senza  saperlo,  furono  i  nostri  maestri  spirituali, 
i  nostri  ispiratori? 

Manifestare  questa  riconoscenza  con  parole 
riesce  spesso  impossibile,  e  potrebbe  anche  esser 
vano:  ma  è  possibile  invece  rendere  omaggio 
internamente  a  quegli  spiriti  che  ci  benefica- 
rono; cercando  noi,  sempre  più,  di  uniformare 
i  nostri  pensieri  e  le  nostre  azioni  agli  ideali 
che  essi  ci  additarono. 


5  —  L  intima  gioia. 


LETTEKA  VII. 


Nlariola  a  sua  Madre. 


Ora  comincio  a  farmi  molte  amiche,  ossia 
compagne:  tutte  le  signorine  che  conoscono 
Carmen  e  Silvia.  È  curioso  il  bisogno  che  e'  è, 
nel  nostro  così  detto  mondo,  di  essere  conosciuti. 
Non  occorre  tanto  Tavere  doti  naturali,  ingegno, 
ricchezza,  un  bel  nome,  quanto  il  mostrarsi  un 
po'  dappertutto,  il  risolversi  a  sortir y  come  dicono 
i  francesi,  per  essere  bene  accolti  nei  salotti. 

Comincio  anch'io  a  fare  un  po'  di  tirocinio. 

Chiamo  tutte  le  signorine  col  loro  piccolo 
nome:  Lulù,  Nini,  Jutù Mi  lascio  chiamar 


68  — 


incc 


Lola  da  tutte,  mi  vesto  meglio,  e  sono  insomm 
diventata  une  des  leurs. 

Magra  soddisfazione,  sai  ! 

Tutte  queste  signore  e  signorine  che  si  prò 
fessane  amiche,  amiche  strette,  amorose,  e 
trattano  con  dei:  «Carina!  tesoro!  bellezza!); 
in  fondo  non  si  amano  affatto,  e  s'invidiano, 
si  guastano  colla  massima  facilità. 

Quando  giunsi  qui,  la  zia  Celine  aveva  pe 
compagna  indivisibile  una  certa  signora  Lea 
che  veramente  mi  piaceva  poco,  forse  sovrat 
tutto  perchè  vedevo  che  dispiaceva  moltissim 
alla  nonna.  Ma  pareva  proprio  che  la  zia  avesse 
subito  il  coup  de  foudre  deiramicizia;  non  pò 
teva  più  stare  un  sol  giorno,  che  dico?  un; 
mezza  giornata,  un'ora,  senza  la  sua  cara  Lea 
Andavano  insieme  a  far  visite,  dalla  sarta,  a 
concerti,  ai  teatri;  erano  come  sorelle;  la  zia 
sapeva  tutto  quanto  accadeva  in  casa  della 
signora  Lea,  e  capivo  benissimo  che  non  c'era 

un  contrasto,  una  piccola o  grande  disputa 

tra  la  zia  Celine  e  suo  marito,  che  la  signora 
Lea  ignorasse.  Ebbene,  improvvisamente;  non 
so  per  quale  scoperta,  che  la  zia  definisce  di 
tradimento  (una  parola  che  fece  sorridere  la 
nonna  come  troppo  altosonante!)  esse  si  abban- 
donarono, per  sempre!  dicono,  e  ora  quando 


ISO 

ifa 
Lo 
pi 
la 
ili 
il 


m 


—  69  — . 

'incontrano  per  via  non  si  salutano,  e  se  per 
aso  si  trovano  in  un  salotto  insieme,  il  guaio 
i  fa  grave 

Lo  zio  Marco  diceva  iersera  colla  nonna  che 
rmai  era  avvezzo  a  queste  febbri  intermittenti 
i  amicizie  sviscerate  e  di  inimicizie  implaca- 
ili  di  sua  moglie,  e  sorrideva  anche  lui,  e 
onchiudeva  con  una  scroUatina  di  spalle:  Ami- 
izie  di  donna  ! 

Ecco  una  parola  che  mi  spiacque.  Siamo 
unque  cosi  futili  e  volubili,  noi  donne? 

Voglio  credere  all'amicizia  io  ! 

Quante  volte  provo  il  bisogno  di  palesare  i 
niei  pensieri,  i  miei  sogni,  anche  quelli  più 
bili,  a  qualcuno  che  abbia  la  mia  età,  i  miei 
usti,  le  mie  tendenze;  quante  volte,  in  fine 
ella  mia  giornata,  mi  sento  male,  di  cattivo 
imore,  disgustata,  solo  perchè  non  mi  sono 
ncontrata  con  nessuno  che  provasse  simpatia 
)er  quanto  ne  desta  in  me! 

La  nonna  ha  grande  rispetto  per  tutta  la 
uà  parentela,  i  cui  legami  non  dimentica, 
mche  quando  si  sono  allentati  assai:  zie,  zii, 
ugini  e  cugine  di  terzo,  di  quarto  grado,  ella 
ima  rimanere  in  relazioni  con  loro,  e  narrarti 
n  qual  modo,  pel  matrimonio  avvenuto  Tanno 
tale,  fra  il   cugino   del   nonno   Giovanni,  o  la 


» 


—  70  — 

nipote  della  cugina  Rosa...  oufF!  !  io  non  mi  ( 
raccapezzo  mai!  Ma  essa  dice  che,  da  piacer 
a  non  piacere,  bisogna  saper  mantenere  le  rei  a 
zionidi  parentela,  che  questo  è  doveroso;  mentr 
l'amicizia,  specie  fra  donne  giovani,  è  spesso  peri 
colosa,  quasi  sempre  una  illusione,  essendo  que 
st' amicizia  insidiata  da  un  microbo  micidial 
che  si  chiama  la  vanità  femminile 

Del  resto  la  nonna  non  s'avvede  che  molt 
cose  son  mutate,  anche  nei  salotti.  Ella  ama  1 
conversazione,  ed  è  ancora  memore  dei  saloti 
d'una  volta,  e  non  li  vuole  dimenticare,  e  m 
rimprovera  spesso  di  non  saper  mantenere  L 
buona  conversazione,  la  sera,  quando  ella  riceve 
Io  per  me  ciò  che  fosse  ai  suoi  tempi  questi 
cosa  non  so:  so  che  ora  essa  mi  piace  poco 
trovo  che  spesso  basta  di  discorrere,  riuniti  ii 
molti,  per  diventare  vani  e  contraddicenti, 
anche  stupidi.  Che  cosa  ci  manca  dunque,  a  no 
moderni,  per  saper  mantener  vivo  e  scintillante 
onestamente  vivo  e  scintillante,  direbbe  la  nonna 
il  fuoco  della  conversazione  ?  Io  m'avvedo  ch( 
non  so  dire  due  parole  assennate  e  cordiali,  se 
non  quando  sono  a  tu  per  tu  con  una  persona 

Ah!  ma  se  la  nonna  poi  venisse  con  noi,  colls 
zia  Celine  e  con  me,  a  fare  certe  visite  nei  sa- 
lotti delle  signore  giovani! 


—  71  — 

Ne  vedo  della  gente,  sai!  d'ogni  risma  e 
ìolore. 

Incontro  spesso  quella  signorina  May  Wel- 
are,  la  quale  ora  ha  fatto  la  conquista  d'una 
icchissima  signora  qui  di  Torino,  moglie  di 
m  industriale,  desideroso  anch'egli  quanto  la 
noglie  di  prender  posto  /ra  la  gente  arrivata. 
Ulora  essi  si  lasciano  guidare  completamente 
la  questa  americana,  che  mette  loro  sottosopra 
a  casa,  organizza  i  loro  ricevimenti,  i  loro 
riaggi.  Già,  quando  miss  May  parla  di  viaggi 
.tan  tutti  a  sentirla  a  bocca  aperta 

Un  giorno  narrava  ch'era  stata  in  Palestina, 
i  diceva  maraviglie  del  suo  attendamento  da- 
manti a  Nazareth,  tra  i  melograni  in  flore,  dove 
1  loro  dragomanno  riusciva  a  dar  loro  dei 
>ranzi  degni  del  «  Savoy  Hotel  ».  Da  Nazareth, 
la  Nazareth!  Mamma!  portar  via  il  ricordo  di 

in  pranzo  inaffiato  di  champagne è  per  darti 

1  tono!  Per  me  la  frivolezza  di  certe  donne, 
ma  frivolezza  dall'  aspetto  cosi  importante, 
;osi  logica  nella  sua  stravaganza,  è  cosa  che 
ni  opprime  per  la  stessa  sua  vacuità.  Tutte 
[ueste  signore,  all'infuori  dei  loro  «  giorni  fissi  » 
àvono  sempre  fuori  di  casa.  Dai  loro  sguardi, 
lalle  loro  parole  trasparisce  una  inestingui- 
bile  sete   di   svago,  di   novità,  di   qualcosa  di 


—  72  — 

eccitante  —  <  Che  cosa  si  fa  di  bello  domani?  ) 
—  questa  ò  la  domanda  consueta  che  si  scam- 
biano, e  parlano  sempre  più  volentieri  di  doman 
che  di  oggi,  e  paiono  in  continua  ansietà.  S 
lagnano  di  non  trovar  tempo  a  leggere,  a  suo- 
nare un  po'  di  proposito;  e  se  qualche  libn 
leggono,  è  sempre  francese,  di  quelli  che  si  per- 
corrono in  un'  ora.  É  ora  diventato  di  mod^ 
l'infranciosare  il  nostro  bell'italiano,  anzich( 
parlare  addirittura  francese,  e  allora  si  sciu- 
pano tutt'e  due  le  lingue.  Leggono  anche  qualch( 
libro  inglese,  queste  signore,  ma  non  di  quell 
che  piacciono  a  te,  non  si  legge  più  il  tuo  Tha- 

ckeray,  il  tuo  Dickens no,  ma  certi   libri 

invece,  molto  più  ameni,  molto  più  funny,  come 
esse  dicono. 

E  le  loro  case,  come  sono  fredde  e  mute 
quando  non  si  aprono,  una  volta  o  due  il  mese 
a  quei  ricevimenti  chiassosi,  nei  quali  la  pa- 
drona di  casa  non  mira  che  a  questo  :  — 
ottenere  nel  minor  spazio  di  tempo  possibik 
la  maggior  folla  possibile  di  signore  chic,  s'in- 
tende. Non  importa  se  la  gente  non  trova  quas; 
più  modo  di  sedere  in  quei  salotti,  non  importa 
se  la  padrona  di  casa  non  riesce  a  parlare  a 
tutte  le  sue  visitatrici  ;  se,  per  servirti  una 
tazza   di   the,  ti   premono,  ti   urtano  da  tutte 


—  Ta- 
le parti,  ti  versano  sul  vestito  il  latte  o  il  rhum 

richiesto  dalla  tua  vicina non  importa  tutto 

questo intanto  la  padrona  di  casa  gongola, 

forse  pensando  che  il  giorno  prima,  in  casa 

della  sua  più  diletta  amica c'era  meno  ressa, 

molto  meno 

Eppure  la  zia  Celine  continua  a  dire  che  io  mi 
devo  assuefare  a  tutte  queste  usanze  mondane  ; 
mi  raccomanda  anche  d'imparare  il  significato 
relativo  del  linguaggio  mondano,  poiché  «  nel 
mondo  >  tutto  è  relativo;  e  ride  del  mio  modo  di 
sognare   l'amicizia,   per   esempio 

Com'è  difficile  essere   davvero 

quali  vorremmo  essere:  sviluppare,  concretare 
nelle  nostre  azioni  le  idee  che  abbiamo  acca- 
rezzate nella  solitudine  della  nostra  cameretta, 
sulle  pagine  d'un  buon  libro,  o  d'una  buona 
lettera che  venga  dal  Chiostro! 

Intanto  salgo  sempre  più  raramente  alla 
casetta  di  Candida! 


^^"^^"^^^^^K^^^^KSf^^XS/^t^ 


LETTEEA  Vili. 


Donno  Cr/si/ono  Granerì  a  Marìola. 


Cara, 

Oggi  è  domenica,  ritorno  dai  vespri,  sono 
le  cinque,  non  c'è  più  il  sole  e  non  è  ancora 
buio,  è  un  gran  silenzio,  una  grande  pace  dap- 
pertutto, è  domenica  anche  neiraria  !  Questa 
è  una  sera  che  mi  fa  pensare,  non  so  neanch'io 
perchè,  allo  sguardo  color  marrone  d'un  cane 
fedele,  che  ci  tiri  pel  vestito,  per  ricordarci  la 
sua  presenza  ed  il  suo  affetto.  Quante  cose  ti 
vorrei  dire,  e  come  il  mio  spirito,  in  tutta  questa 
pace  silente,  vola  a  te,  si  sente  con  te  ! 

Credi  pure  all'amicizia,  Mariola,  desiderala, 
chiedi  a  Dio  di ma,  cominciamo  da  principio. 

È  facile  convincersi  che  nessuno  può  vivere 
solo,  ossia,  non  può  vivere  bene  e  non  può  fare 


—  76  — 

il  bene,  da  solo.  Ogni  essere  umano  ha  bisogno 
di  aiuto,  di  vincere  mille  forze  ostili,  di  conci- 
liarsene mille  altre,  mercè  la  cooperazione  dei 
suoi  simili.  In  altre  parole,  noi  abbiam  bisogno 
di  compagnia,  in  questo  viaggio  della  vita,  di 
parenti,  di  amici,  di  relazioni.  Molte  volte,  così, 
di  sfuggita,  tu  accennasti  alle  noie  che  procura 
una  parentela  parecchio  estesa,  alle  perdite  di 
tempo  che  essa  cagiona,  ecc.  D'accordo,  qualche 
volta  si  va  proprio  incontro  a  molti  sacriflzii, 
piccoli  e  anche  grandi  ;  eppure  di  questa  paren- 
tela noi  non  possiamo  e  non  dobbiamo  far 
senza;  eppure  tutti  questi  legami  famigliari 
sono  benefici,  e  più  una  famiglia  è  unita  ed 
estesa  più  essa  è  forte,  e  noi  vediamo  che  nei 
paesi  dove  questo  rispetto,  questo  amore  della 
parentela  è  più  vivo,  più  viva  e  duratura  è  la 
prosperità  del  paese  stesso. 

Tu,  a  costo  di  rinunciare  ad  alcune  tue  ten- 
denze ed  aspirazioni,  fa  di  mantenere  sempre 
saldi  questi  legami,  e  non  venir  mai  meno  a 
ciò  che  chiamerei  il  senso  d'onore  famigliare; 
tieni  sempre  alta  la  bandiera  della  tua  casa, 
abbi  il  culto  della  unione,  della  concordia  e  del 
decoro  fi'a  consanguinei.  Una  famiglia  in  pace, 
nella  quale  tutti  i  suoi  membri  siano  intesi  a 
recarsi  aiuto  l'un  Taltro,  e  non  conoscano  Tin- 


—  77  — 

vidia,  la  gelosia,  TindifFerenza,  i  meschini  ran- 
cori; una  famiglia  cosi  è  una  potenza. 

Lo  so,  lo  ripeto,  la  famiglia  richiede  sacrifizii. 
Ma  è  appunto  alla  tua  età  che  bisogna  impa- 
rare a  farli. 

Certe  persone  attempate,  un  po'  troppo  rigide, 
un  po'  pedanti,  con  idee  antiquate  e  ostinate  ; 
certe  altre,  troppo  futili,  sfaccendate,  accatta- 

pensieri  altrui e  poi  ancora,  certe  persone 

troppo  franche,  troppo  ruvide,  capaci,  col  pre- 
testo della  esperienza,  di  darti  in  modo  conti- 
nuato, quasi  aggressivo,  ammonimenti  che  non 
desideri,  consigli  che  non  hai  chiesti,  tutte 
queste  persone  in  parte  possono  già  esser  sorte, 
in  parte  forse  sorgeranno  sulla  tua  strada. 
Ebbene,  tu  devi  sopportarle,  devi  renderti  ca- 
pace di  dedicare  a  questi  congiunti  quanto  in  te 
è  di  più  sereno,  di  più  conciliativo  e  benefico. 

Poi  vengono  le  relazioni,  cioè  i  rapporti,  più 
0  meno  stretti,  fra  conoscenti.  Neanche  di  queste 
relazioni  noi  non  possiamo  far  senza. 

È  bene  spiegarsi  subito,  cara.  Andare  in  visite 
tutta  la  santa  giornata,  stare  in  sala  a  ricevere 
per  ore  e  ore  di  seguito  persone  oziose,  e  chiac- 
chierare oziosamente,  o  peggio,  facendo  mal- 
dicenze, è  cosa  riprovevole,  cosa  che  del  resto 
ti  spiace  tanto  che  non  occorre  ti  metta  in 


~  78  — 

guardia  contro  di  essa.  Ma  la  vita  socievole  ha 
le  sue  indiscutibili  esigenze  ;  ne  ha  di  già  per  te, 
ora  ;  ne  avrà  di  più  fra  qualche  anno  se,  per 
esempio,  sarai  maritata;  se  tuo  marito  avrà 
una  carica,  avrà  dei  superiori,  degli  inferiori, 
coi  quali  tu,  per  forza,  dovrai 'trattare. 

Tout  se  tieni,  diceva  la  mia  istitutrice  fran- 
cese, cioè:  gli  altri  han  bisogno  di  te,  tu  hai 
bisogno  degli  altri.  Sii  gentile  sempre,  attenta 
con  tutti  ;  fa  di  saper  ascoltare  chi  ti  parla  ; 
reca  in  tutto  ciò  che  dici  molta  sincerità  e  cor- 
dialità, evita  quanto  più  puoi  di  appartenere 
alla  famiglia  degli  orsi. 

L'attrito  coi  nostri  simili  è  necessario,  esso 
chiarisce  le  idee,  spesso  anche  le  fa  nascere, 
ed  elabora  in  noi  un  più  sano  ed  equo  criterio 
della  vita. 

Ma  tutto  questo  di  cui  son  venuta  finora  in- 
trattenendoti, cioè  i  rapporti  tra  parenti  e  cono- 
scenti, non  è  l'Amicizia. 

Mi  venne  spontaneo  di  scrivere  la  parola  con 
una  lettera  maiuscola,  poiché  noi  abbiamo  din- 
nanzi a  noi  una  grande  cosa,  Mariola.  Ed  anche 
questa  parola,  al  pari  d'un'altra,  che  non  esiterò 
a  chiarirti  a  suo  tempo  —  l'Amore  —  anche 
questa  è  una  grande  parola  sciupata. 

L'Amicizia  è  cosa  rarissima,  lo  dissero  sempre 


—  79  — 

i  filosofi,  e  fu  anche  detto  che  si  ìduò  attra- 
versare tutta  la  vita  senza  incontrarsi  in  questa 
rara  cosa,  pur  essendo  dotati  di  molte  virtù 
e  di  molto  sentimento.  Può  darsi.  Ma  a  me 
piace  questo  pensiero  di  Socrate  :  —  «  Sebbene 
il  vero  amico  sia  raro,  se*  ne  trova  sempre  uno 
per  Tuomo  capace  di  essere,  egli  stesso,  un 
vero  amico  ». 

Ogni  cuore  forte  e  puro  attrae  a  sé  la  forza 
e  la  purezza,  a  qualsiasi  età,  ma  sovrattutto  in 
giovinezza.  L'amicizia  contratta  sui  ventanni 
ha  un  aroma  che  le  altre  amicizie  più  non 
hanno;  un  aroma  che  perdura,  che  pervade 
tutta  la  vita  del  sentimento  e  del  pensiero,  che 
spande  un'idea  di  dolcezza,  anche  quando  tutte 
le  altre  cose  luminose  e  dolci  impallidiscono 
e  dileguano.  Io  te  ne  parlo  con  ardore  perchè 
ne  ho  fatta  l'esperienza. 

É  rara,  si,  l'amicizia:  rara,  poiché  essa  é  fatta 
di  generosità,  di  fedeltà,  di  aspirazioni  vicen- 
devoli verso  il  bello,  il  vero,  il  bene  ;  rara, 
poiché  essa  deve  essere  scevra  di  egoismo, 
d'ogni  calcolo  personale,  d'ogni  senso  di  oppor- 
tunismo; deve  essere  sincera  sino  in  fondo  alle 
ultime  sue  scaturigini  ;  deve  essere  capace  di 
sacrifizio.  Ma,  secondo  me,  il  non  credere  che 
essa  possa  nascere   e   durare  in  noi  é  come 


—  so- 
nori credere  che  la  nostra  mente  e  il  nostro 
cuore  siano  capaci  di  sensi  di  bellezza  e  di  bontà. 
So  bene  che  lo  scetticismo  di  certuni  giunge 
appunto  a  negare  questa  capacità,  ma  noi  non 
saremo  mai  fra  questi  scettici,  nevvero,  Mariola? 

Altissima  è  la  mia  idea  dell'amicizia  :  un 
minuto  di  comunione  intima  con  un  cuore  che 
ci  comprenda  parmi  assai  più  prezioso  d'ogni 
trionfo  che  l'ambizione  possa  riportare  in  mezzo 
agli  uomini.  L'amicizia  nasce  quando  due  anime 
s^incontrano  in  quel  profondo  di  dove  scaturi- 
scono le  nostre  aspirazioni  migliori  ;  e  quando 
ci  si  incontra  in  questo  modo,  la  gioia  è  im- 
mensa, indimenticabile.  L'amicizia  è  dunque  il 
segno  d'un'anima  molto  profonda  e  molto  viva. 
«  Poesia!  »  alcuni  sarebbero  capaci  d'esclamare. 
Ma  io  non  esito  a  rispondere  che  dove  non  è 
poesia  non  è  tutta  la  vita. 

«  E  le  delusioni,  le  amarezze,  gl'inganni  a  cui 
si  va  incontro?  »  —  odo  ancora  domandarmi. 

Anzitutto,  è  sicuro  che  se  una  fanciulla,  una 
donna,  crede  e  chiama  amiche  tutte  quelle  fan- 
ciulle e  quelle  donne  colle  quali  s'incontra  nei 
salotti,  tutte  quelle  leggiadre,  leggiere,  volubili 
e  futili  creature  che  si  scambiano  piccoli  baci 
picchiettanti  come  colpettini  di  becco,  e  si  dicono 
«  angelo  »  e  «  tesoro  »  ogni  minuto. 


—  81  — 

graziano  a  vicenda  con  tutta  l'effusione  del 
cuore  per  una  visita  fatta  insieme  ad  una  sarta 

o  ad  una  modista senza  dubbio  che  a  questo 

modo ma,   non   te   lo   dissi   dapprima?  — 

grande  parola  sciupata,  TAmicizia! 

In  tutte  le  cose  noi  troviamo,  in  gran  parte, 
ciò  che  vi  sappiamo  mettere  noi  —  questa  è 
una  profonda  verità!  Ora,  se  tu  sai  mettere 
nella  tua  vita  la  grande  e  pura  idea  dell'Ami- 
cizia,  è  quasi  impossibile  che  essa  non  sorga 
viva  e  consolante  sul  suo  sentiero. 

Ma,  ripeto,  le  probabilità  del  suo  sorgere  sono, 
fuori  d'ogni  misura,  maggiori  nella  giovinezza. 
Per  prosperare,  l'amicizia  ha  bisogno  di  espan- 
dere le  sue  radici  nella  speranza,  nell'ideale, 
nell'entusiasmo;  ora,  in  giovinezza,  tutte  queste 
cose  soavi  pulsano  assai  più  gagliardamente  in 
noi,  cosicché  l'amicizia  prende  allora  in  fondo 
all'anima  tali  succhi  di  germoglio  sano  da  avere 
le  migliori  garanzie  di  vita  sicura  e  libera. 
Libera,  cioè  indipendente  da  qualsiasi  conside- 
razione di  interessi  materiali,  di  posizione,  di 
ambiente.  Più  tardi,  molte  necessità  d'indole 
positiva  ci  comprimono,  molti  doveri  famigliari 
e  sociali  ci  si  impongono,  molti  casi  ci  fanno 
mutar  vita,  abitudini,  paesi;  e  rendono  assai  più 
difficile  quell'incontro  ideale  che  è  l'amicizia: 

6  —  L'intima  gioia. 


—  82  — 

ma,  ove  sia  avvenuto  prima,  cioè  in  giovinezza, 
e  se  il  nostro  cuore  e  la  nostra  mente  si  saranno 
serbati  puri,  un'amicizia  quale  l'intendo  io,  è 
una  forza,  un  conforto,  un  asilo  sicuro  per  tutta 
la  vita. 

Lo  notasti  anche  tu,  molti  pensano:  —  «  A  che 
prò  l'amicizia  in  una  vita  di  donna?  Essa  deve 
maritarsi,  avere  figliuoli,  e  un'amicizia  molto 
viva  potrebbe  persino  nuocerle  ». 

Io  non  lo  credo,  Marida.  Una  forte  amicizia 
nobilita,  ingrandisce  l'anima,  ci  rende  più  atti 
a  comprendere  i  nostri  simili,  ci  rende,  in  una 
parola,  più  umani. 

Ed  è  necessario,  a  chi  voglia  cogliere  il  pieno 
significato  della  vita,  lo  sviluppare,  al  massimo 
grado,  la  sua  umanità. 

Se  ho  voluto  parlarti  così  altamente  di  questo 
sentimento,  gli  è  sovrattutto  perchè  io  la  scorgo 
sul  tuo  orizzonte,  questa  cosa  rara  e  preziosa  — 
l'amica. 

Candida! 

Sì,  figliuola  mia. 

Ecco  un'amica  generosa  e  sincera.  I  legami 
che  vi  uniscono  son  quelli  dello  studio,  dell'arte 
e  della  carità. 

Cosi  unite  potrete  fare  molta  strada,  e  buona, 
e  spesso  anche  bella.  Sia  la  vostra  amicizia  sem- 


—  83  — 

plice,  leale,  senza  gesti  enfatici,  scevra  di  senti- 
mentalismo, di  quell'esiguo  spirito  di  secretelli 
minuti,  di  confidenze  all'acqua  di  rosa,  che  blan- 
discono la  fantasia  e  lasciano  freddo  il  cuore. 
Nell'indole  dolce  e  ferma  insieme,  che  ammiro 
in  questa  giovane,  l'amicizia  non  correrà  il 
rischio  di  ridursi  in  smancerie,  in  morbide 
fatuità.  Emani  la  forza  dalla  dolcezza  del  vostro 
afietto,  e  sempre  il   cuore  lavori  per  l'anima. 

E  la  vostra  amicizia  non  morrà. 

Se  saprai  fare  dei  sacrifizii  per  mantenerla 
viva,  ciò  s'intende,  Mariola.  Senza  sacrifizii  nulla 
può  vivere  quaggiù,  e  quelli  che  richiede  una 
vera  amicizia  sono  talvolta  grandi. 

Conosci  il  detto  della  Bibbia:  <  Chi  ha  tro- 
vato un  amico,  ha  trovato  un  tesoro  ».  Ma  con- 
servare questo  tesoro  non  tutti  sanno. 

Ci  sono  le  difiìcoltà  del  temperamento,  delle 
tendenze.  Siam  tutti  dotati  di  buone  e  di  cattive 
qualità:  nell'amica  bisogna  saper  apprezzare 
le  prime,  non  dimenticarle  mai,  neanche  nei 
momenti  in  cui  le  seconde  prendono  il  soprav- 
vento. Ci  sono  i  momenti  di  stanchezza,  di  tedio, 
di  scoramento,  momenti  pericolosi,  ai  quali  nes- 
suno può  sottrarsi,  e  durante  i  quali  pare  nulla 
franchi  la  spesa  di  muovere,  di  agire,  di  vin- 
cere  bisogna  farseli  perdonare  a  noi  stessi,  e 


—  84  — 

saperli  perdonare  airamica.  Ci  sono  gli  impulsi 
cattivi,  sì,  veramente  cattivi.  In  fondo  a  ognuno 
di  noi  vivono,  ahimè!  germi  di  orgoglio,  d'in- 
vidia, di  piccine  voglie  e  di  morbose  scontrosità. 
Bisogna  stare  in  guardia  contro  tutto  ciò;  fiac- 
care la  testa  a  tutti  questi  malvagi  impulsi, 
quando  vediamo  che  la  vorrebbero  sollevare. 

C'è  poi,  grandissima  nemica,  l'invidia  altrui, 
di  tutti  coloro,  cioè,  che  non  hanno  amicizia  e 
non  sono  capaci  di  provarla.  Alla  gente  volgare 
una  vera  e  pura  amicizia  dispiace  quanto,  forse, 
un  vero  e  puro  amore. 

Bisogna  stare  in  guardia  anche  qui. 

Non  ascoltare  le  maligne  insinuazioni,  le 
parole  veramente  velenose,  qualche  volta,  che 
mirano  a  distruggere  un  legame  prezioso.  È  poi 
quasi  impossibile  che  a  lungo  andare  —  non 
siamo  che  umani!  —  tra  amiche,  tra  le  migliori 
amiche,  non  sorgano  dei  malintesi,  dei  dissapori; 
non  venga  il  momento  in  cui,  o  per  una  parola 
imprudente  e  troppo  vivace  sfuggita  all'una,  o 
per  un  esagerato  risentirsi  dell'altra,  si  rasenti 
il  pericolo  d'una  rottura. 

Allora,  allora  sovrattutto  conviene  ricordarsi 
che  un  amico  è  un  tesoro,  che  l'incontro  di  due 
anime  è  raro,  che  Iddio  non  concede  forse  due 
volte  che  questo  incontro  pieno, spontaneo,  lumi- 


—  85  — 

noso  avvenga  ;  e  ricordarsi  bisogna  di  tutto  ciò 
che  la  nostra  amica  ha  fatto  per  noi,  di  tutte 
le  buone  sue  qualità,  di  tutto  ciò  che  avevamo 
promesso  di  fare  e  di  essere  per  lei;  cercare  le 
vie  del  compatimento,  della  indulgenza,  della 
conciliazione:  allora  dobbiamo  trovare  la  bella 
forza  di  accorrere  presso  l'amica,  per  andarle 
a  dire,  dal  profondo  del  cuore,  la  parola  che 
rischiara,  che  calma,  che  cancella  e  che  riunisce, 
trovarla  a  costo  di  qualsiasi  sacrifizio  del  nostro 
orgoglio  e  del  nostro  egoismo. 

—  Une  haute  amitié  remplit  bien  mieux  qu'une 
commime  le  coeur  de  Vhomme,  Les  petites  choses 
flottent  dans  sa  capacità;  il  rvy  a  que  les  grandes 
qui  s'y  arrétent  et  y  demeurent  —  disse  B.  Pascal. 

Metti  adunque  nel  tuo  cuore  una  grande  ami- 
cizia, Marida,  e  sarai  più  contenta  di  vivere,  e 
troverai  mille  occasioni  di  vivere  più  genero- 
samente. 

Lo  so,  ciò  che  ti  consiglio  è  una  di  quelle 
vigorose  sostanze  che  poche  donne  ricercano; 
ma  io  ti  voglio  donna  forte;  troppe  donne  deboli 
e  fiacche  ci  sono  pel  mondo. 


sr= 


LETTEEA  IX. 


Mariolo  a  sua  Madre. 


Mamma  cara,  feci  leggere  l'ultima  tua  let- 
tera a  Candida!  Ella  mi  abbracciò,  e  mi  disse 
con  quella  sua  voce  limpida:  «  Ringrazia  tua 
madre  anche  per  me  ». 

Avevo  chiesto  alla  nonna  di  lasciarmi  andare 
subito  dopo  colazione  fin  lassù,  alla  modesta  Ca- 
sina di  Candida,  in  Val  Salice.  Essa  non  discende 
in  città  tutti  i  giorni;  ama  lavorare  in  una 
specie  di  serra  dove  ha  una  grande  collezione 
di  giacinti  e  dove  il  rumore  delle  vie  popolose 
giunge  alForecchio  di  lontano.  Nella  serra  pro- 
fumata ella  ha  la  sua  tavola  da  scrivere,  la 
macchina  da  cucire,  una  scansia  con  molti  libri  ; 


—  88  — 

è  quel  luogo  un  semplice  e  sereno  rifugio  di 
un'anima  tutta  vibrante  di  ricordi  e  di  speranze. 

A  un  tratto,  dopo  di  aver  parlato  di  altre  cose, 
Candida  mi  disse,  guardandomi  fissamente  con 
quei  bruni  suoi  occhi,  nei  quali  parve  affacciarsi 
un  pensiero  tanto  leale  e  bnono: 

«  Io  mi  sento  di  darti  quest'amicizia,  cosi 
come  la  intende  tua  madre,  Marida;  la  vuoi?  > 

Eravamo  intenerite  tutte  e  due,  ma  non 
fecimo  frasi.  Il  tuo  modo  di  sentire  forte  e  sem- 
plice ci  aveva  troppo  persuase  e  pervase;  e  poi, 
credo  di  poterlo  dire,  le  nostre  due  nature  non 
inclinano  proprio  a  ciò  che  ti  dispiace  tanto, 
alle  sdolcinature,  alle  smancerie. 

Si  stette  insieme  a  lavorare  per  qualche 
tempo,  poi  ella  mi  lesse  alcune  bellissime  pagine 
di  un  libro  che  piacerebbe  anche  a  te  —  Le 
prose  di  Enrico  Nencioni.  —  Esso  mi  attrasse 
per  la  speciale  forza  degli  affetti,  manifestati 
in  un  italiano  che  innamora,  colorito,  armo- 
nioso, aggraziato  e  signorile. 

Discorrendo,  discutendo  cosi  di  tante  cose, 
degli  autori  che  preferiamo,  delle  città,  dei  paesi 
che  vorremmo  visitare,  interrotte  anche  due  o 
tre  volte  dal  sopraggiungere  di  povere  madri, 
di  ragazzetto  che  Candida  protegge  e  aiuta, 
vennero  presto  le  sei,  assai  troppo  presto! 


—  89  — 

Nel  salutarmi,  Candida  mi  domandò: 

—  Tua  madre  deve  conoscerla  per  prova 
l'amicizia?  Chi  ha  questa  fortuna  di  essere 
l'amica  sua?  lo  sai? 

Fu  una  parola  suggestiva.  Desiderai  ritornare 
da  Donna  Adriana,  che  vidi  appena  due  o  tre 
volte,  dacché  son  qui;  parlai  di  lei  colla  nonna, 
colla  zia  Celine. 

Esse  mi  dissero  ciò  che  fu  per  te  quest'ami- 
cizia mentre  eri  a  Torino,  come  vi  amaste  e 
quanto  ti  costò  di  doverti  ridurre  lassù  al 
Chiostro,  sovrattutto  per  questa  tua  sorella  di 
adozione. 

—  «  Ma,  si  sa.  Cristiana  era  nata  per  sacri- 
ficarsi, e  si  sacrificò  tutta  la  vita  »  — conchiuse 
la  zia  con  quella  sua  bonarietà  un  po'  leggera, 
con  quel  suo  strano  sorriso  quasi  impaziente  di 
donnina  che  non  giunge  a  comprenderti,  ma 
ad  ogni  modo  ti  ammira. 

E  son  tornata  da  Donna  Adriana;  ella  mi 
parlò  a  lungo,  mi  fece  molte  domande,  rispose 
a  tutte  le  mie.  Mi  disse  che  soffri  veramente 
e  per  molto  tempo  della  tua  partenza;  «  ma  poi, 
a  poco  a  poco  —  soggiunse  —  sentii  che  si  può 
essere  molto  uniti  anche  da  lontano  ;  e  del  resto 
non  mi  sarebbe  mai  venuto  in  mente  che  tua 


—  90  — 

madre  potesse,  per  me,  rinunziare  al  suo  di- 
segno di  nuova  vita.  Io  incontrai  Cristiana  ne 
momento  in  cui  più  spasimavo  sotto  Tatroct 
dolore  della  perdita  delTunico  mio  bambino.  Ave- 
vamo ventanni  appena,  entrambe,  e  tua  madre 
pur  essa  soffriva,  acerbamente,  per  la  salute  d 
tuo  padre ». 

E  qui,  con  poche  parole  chiare  e  tenere 
Donna  Adriana  evocò  la  tua  figura  di  donn^ 
mesta,  e  così  bellina  !  il  tuo  volto  pallido,  i  tuo 
occhi,  nei  quali  era  tanta  luce  d'azzurro,  i  tuo 
occhi  che  dicevano  la  verità  e  la  cercavano.... 

«  Io  credo  che  la  simpatia  sia  questo  —  elk 
«  prosegui  —  da  certi  sguardi,  da  certi  inde- 
«  finibili  e  fuggevoli  accenti,  vedere  improvvi- 
«  samente  formarsi,  in  fondo  all'anima  nostra 

<  come  una  conca  trasparente,  dove  si  rispecchia 

<  tutta  la  vita  intima,  tutto  il  sentire  più  secreto 
«  della  persona  che  abbiamo  davanti.  Cos 
«  nacque  la  simpatia  fra  tua  madre  e  me.  I 
«  in  breve  essa  fu  qualcosa  di  più  :  fu  amicizia 
«  I  dolori  di  tua  madre  furono  i  miei  :  i  mie 
«  furono  i  suoi.  E  anche  delle  gioie  fu  cosi.  Già 

<  poiché  dal  nostro  incontro  nacque  pure  una 
«  possibilità  di  provar  gioia;  tutte  le  gioie  che 
«  derivano  dalla  forza  dell'anima,  dal  desiderio 
«  di  progredire,  di  migliorare  insieme.  Tua  madre 


—  91  — 

K  si  allontanò  poi  da  me:  ma  continuammo  a 
K  scriverci,  a  comunicarci  i  vicendevoli  sforzi 
(n  nellaricercadelbene.Fuallorache  io  cominciai 
«  a  dedicarmi,  sola  com'ero,  a  coloro  che  sof- 
«  freno,  alla  gente  che  lavora.  Tua  madre  mi 
«  guidava,  da  lontano,  in  tante  cose,  ed  io  forse 
«  posso  anche  dire  che  guidavo  lei.  L'azione  di 
«  Cristiana  si  svolse  principalmente  nella  fa- 
«  miglia,  nella  economia  domestica,  nelle  cure 
«  prodigate  a  tuo  padre,  nelF  educarti,  cara 
«  bambina,  lo  procurai  di  portare  un  po'  di 
«  balsamo  a  tante  miserie  materiali  e  sovrat- 
«  tutto  morali.  Quelle  miserie  che  sono  l'abbru- 
«  timento  nel  vizio,  la  degradazione  nella  colpa 
«  e  nella  vergogna. 

«  A  vicenda  noi  dunque,  più  d'una  volta,  ci 
«  aiutammo,  ci  indicammo  i  mezzi  per  conse- 
«  guire  buòni  frutti  nelle  nostre  diverse  mis- 
«  sioni.  Vivendo  nel  movimento  intellettuale, 
«  io  qualche  volta  diedi  consigli,  fornii  libri  per 
«  la  triplice  coltura  che  tua  madre  desiderava  di 
«  dare  a  sé  stessa  —  coltura  religiosa,  coltura 
<  pedagogica  e  coltura  economica. 

«  E  tua  madre,  oh!  tua  madre,  colle  sue  let- 
«  tere  e  certo  anche  colle  sue  preghiere,  mi 
«  sorresse,  m' incoraggiò,  mi  incitò  talmente 
«  sull'ardua  via  da  me  scelta,  che  io,  nel  ri- 


—  92  — 

«  pensarci,  provo  sempre  un  immenso  slancio 

«  di  riconoscenza  e  d'affetto Dio  sa  che,  dopo 

«  la  sua  partenza  pel  Chiostro,  ebbi  momenti  di 
«  vero  scoramento:  ma  dovetti  poi,  col  tempo, 
«  convincermi  di  una  verità.  Io  non  ho  mai 
«  avuto  ciò  che  volevo,  quando  lo  volevo  :  e 
«  nondimeno,  se  considero  gli  eventi  della  mia 
«  vita,  m' avvedo  con  riconoscenza  che  Iddio, 
«  volta  per  volta,  mi  ha  sempre  dato  ciò  che 
«  mi  occorreva  per  andare  avanti.  Prima  di 
«  incontrarmi  con  tua  madre  io,  natura  assai 
«  impulsiva  e  violenta,  ero  una  ribelle,  nel  mio 
«  dolore  ;  esso  mi  aveva  atterrata  e  vinta.  Tua 
«  madre  era  una  natura   più   equilibrata,  più 

<  sana,  ed  è  proprio  delle  nature  più  sane,  non 
«  già  di  non  soffrire,  ma  di  risolvere  e  trascen- 
«  dere  praticamente,  non  meno  che  idealmente, 
«  il  mistero  del  dolore  e  del  suo  significato  nel 
«  mondo. 

«  In  complesso  noi  potremmo  essere  una  prova 

<  luminosa  che  una  sincera  e  retta  amicizia  fra 
«  donne,  anziché  intralciare  il  progresso  del 
«  cuore  e  della  mente,  lo  agevola,  fa  volgere 
€  con  più  ardore  le  nostre  aspirazioni  in  alto  > 

Stasera,  appena  giunsi  a  casa,  volli  scriver 
subito  queste  belle  parole   di  Donna  Adriana, 


—  93  — 

per  timore  di  non  saperle  poi  più  ridile  esat- 
tamente: ma  forse  questo  non  dovrei  temerlo: 
mi  pare  di  sentire  sempre  più  che  esse  si  sono 
impresse  nella  mia  memoria  in  modo  non  can- 
cellabile dal  tempo. 

Oh  !  Mamma  !  nò  posso  dimenticare  le  parole 
della  zia  Celina:  Tua  madre  era  nata  per  sa- 
crificarsi, e  si  sacrificò  tutta  la  vita  .... 


LETTERA  X. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  Marìola. 


la  zia  Celine  ha 

torto  di  farti  credere  ch'io  non  abbia  mai  co- 
nosciuto altro  che  il  sacrifizio.  Iddio  non  mi 
ha  chiamata  a  questo  stato  di  perfezione,  ci 
vuol  altro  ! 

Tu  che  conosci  la  profonda  bontà,  Talto  spi- 
rito di  tuo  padre,  devi  comprendere  che  il  dedi- 
carsi, a  lui  ammalato,  è  dedizione  che  racchiude 
un  immediato  e  grande  compenso;  il  concetto 
che  ora  hai  potuto  farti  della  mia  amicizia  con 
Adriana  deve  pure  persuaderti  che  molti  giorni 
io  ho  potuto  segnare  colla  matita  rosa  sul  libro 


—  96  — 

della  mia  vita e  le  consolazioni  che  tu  m'hai 

date,  che  mi  darai  ancora,  Mariola  mia? 

Del  resto,  la  felicità  è  cosa  assai  relativa,  ed 
io,  che  dalla  gente  la  quale  mi  conosce  solo  in 
modo  superficiale,  sono  giudicata  una  donna  un 
po'  grave  e  mesta,  io  ho  invece  sortito  da  na- 
tura un  temperamento  felice. 

Amo  la  vita,  la  trovo  bella. 

Guarda,  son  levata  da  qualche  ora  appena, 
ed  ho  già  potuto  attingere  molti  buoni  pensieri 
nel  libro  di  Dio;  pensieri  che  mi  hanno  ripo- 
sata la  mente,  e  me  l'hanno  disposta  al  lavoro; 
ho  potuto  prendere  la  penna  per  scriverti;  ora, 
i  libri,  il  lavoro,  il  raccoglimento  interiore, 
ebbero  sempre  per  me  le  grandi  attrattive! 

Quale  luogo,  quale  vita,  meglio  di  questa  mia 
casa  e  di  questa  mia  vita  quieta,  potrebbero 
appagare  i  miei  gusti?  E  dovrei  considerarmi 
una  vittima  dell'esistenza? 

Mi  piace  di  soffermarmi  sui  pensieri  che  il 
mattino  si  levano  nella  mia  anima.  Questo 
gusto  nacque  presto  in  me. 

Ricordo  che  da  bambina,  stando  sola  in  giar- 
dino, per  esempio,  il  tempo  mi  volava  via  senza 
che  me  ne  accorgessi.  Quando  la  mia  gover- 
nante mi  cercava,  si  stupiva  di  trovarmi  cosi 
quieta  e  serena  e  mi  domandava  che  cosa  avevo 


—  97  — 

fatto,  io  non  rispondevo.  Non  avrei  saputo 
rispondere. 

Cogliendo  fiori,  inseguendo  farfalle,  sedendo 
in  riva  ad  una  fonte,  avevo  ascoltato,  m' ero 
curvata,  per  così  dire,  sui  pensieri  che  sboc- 
ciavano in  me,  come  per  respirarli,  per  vederli 
bene,  prima  che  svanissero. 

Avevo  fatto  meco  stessa  dei  lunghi  discorsi, 
che  forse  avrebbero  qualche  pregio  per  te,  se 
sapessi  rintracciarli  nella  mia  memoria. 

Gioie  intime,  Mariola,  che  nulla,  che  nessuno 
potrà  mai  rapirci! 

Del  resto,  il  sacrifizio  è  il  fondamento  della 
vita  dell'anima.  Per  raggiungere  una  vetta, 
per  progredire,  bisogna  esser  pronti  a  lasciare 
qualcosa  di  noi,  dietro  di  noi;  a  lasciare  qual- 
chevolta  il  sangue  della  nostra  anima,  come 
disse  un  grande  poeta. 

E  guai  alla  società  nella  quale  la  donna, 
sovrattutto  la  donna!  non  sia  convinta  di  questa 
verità. 

Gridino,  s'esaltino  finche  vogliono  i  seguaci  di 
certi  filosofi  sulla  inutilità  del  sacrifizio,  cre- 
dano che  la  pietà  faccia  parte  della  morale 
degli  schiavi  (Nietzsche)  io  ti  dico  che  vi  sono 
nella  vita,  ad  ogni  svolta  di  sentiero,  dei  passi 
nei  quali   bisogna   o   sacrificarsi  o  diminuirsi 

7  —  L'intima  gioia. 


—  98  — 

moralmente.  0  ascendere  fino  alla  sublimità 
dello  spirito,  o  discendere  fino  alla  abbiezione. 

E  l'ascendere  dello  spirito  non  può  avvenire 
se  non  colla  distruzione  in  noi  delle  nostre 
tendenze  inferiori,  degli  istinti  che  lottano  colle 
aspirazioni. 

La  legge  fondamentale  della  vita  è  la  mor- 
tificazione dell'inferiore  a  profitto  del  superiore. 
Bisogna  saper  rinunciare  a  tutto  ciò  che,  pia- 
cendo, non  conduce  dritto  alla  nostra  meta  — 
il  bene. 

Ecco  come  sorge  la  necessità  del  sacrifizio. 

Il  primo  concetto  del  sacrifizio  mi  venne  da 
una  maestra  che  ebbi,  sui  quattordici  anni,  a 
Firenze,  dove  dimoravo  allora  con  mio  padre. 

Ella   si   chiamava Oh  !   Elisa  Fioravanti, 

quanto  ti  ricordo  bene! 

Lascia  ch'io  m'indugi  un  poco  intorno  a  questa 
cara  figura  di  donna  ora  scomparsa:  intorno 
a  quel  tempo  che  è  già  cosi  lontano,  Marida  mia. 

Avendo  perduto  la  mamma  prestissimo,  io 
ero  stata  fino  allora  quasi  esclusivamente  edu- 
cata da  una  maestra  francese,  mademoiselle 
Meuniot,  che  ti  rammentai  tante  volte. 

Quell'anno  ella  non  aveva  potuto  lasciare 
Torino  per  seguirci,  ed  io,  che  da  due  mesi 
ormai,  in  Firenze,  non  ricevevo  più  nessun  inse- 


—  99  — 

gna mento  ordinato,  cominciavo  ad  annoiarmi, 
ed  xnche  a  impensierirmi.  Ero  ciò  che  si  potrebbe 
de^nire  una  ragazza  savia,  riflessiva;  sapevo 
ciré  alla  mia  età  bisognava  studiare;  volevo 
danque  studiare,  e  mi  sentivo  sovrattutto  igno- 
lante  di  quanto  riguardava  la  mia  lingua,  il 
mio  paese. 

Mio  padre,  per  farmi  piacere,  s'informò  presso 
alcuni  suoi  amici  per  trovarmi  una  maestra,  e 
gli  fu  indicata  questa  signorina  Elisa  Fioravanti, 
laureata  in  lettere. 

Ricordo  ancora  la  mattina  piovosa  di  gen- 
naio in  cui  attraversai  col  babbo  gran  parte 
di  Firenze,  che  pareva  tutta  quanta  immersa 
nel  grigio,  ed  entrai  in  quella  modesta  casa  di 
via  de'  Servi,  salii  quelle  scale  buie,  fui  intro- 
dotta in  una  stanzetta  molto  fredda. 

Prima  ci  venne  incontro  un  uomo  alto  e 
magro,  dal  grosso  naso  paonazzo;  un  uomo 
strano,  repulsivo,  con  certi  occhi  esaltati,  orlati 
di  rosso,  e  le  pupille  che  pareva  nuotassero  in 
un'acqua  torbida. 

Ci  disse,  in  un  fiorentino  da  fiaccheraio  arro- 
gante, che  sua  figlia,  la  professoressa,  sarebbe 
venuta  tra  poco  ;  intanto  egli  desiderava  inten- 
dersi con  mio  padre,  intendersi  sulle  ore  e  sui 
prezzi  delle  lezioni. 


—  100  — 

Sua  figlia  si  riaveva  appena  da  una  grave 
malattia — «per  mandarla  fuori  di  casa,guah!... 
ci  voleva  tanto.  Per  le  lezioni  date  in  casa  sua, 
un  po'  meno ». 

L'impressione  che  ci  fece  quell'uomo  fu  pes- 
sima; e  quando  egli  ci  ebbe  lasciati  soli,  io 
accennai  a  mio  padre,  come  per  dire  :  «  An- 
diamocene? ». 

Ma  ora  entrava  la  signorina  Fioravanti. 

Io  sentii  subito,  non  appena  l'ebbi  guardata, 
che  la  commozione  dipinta  su  quel  pallido,  este- 
nuato volto  si  comunicava  a  me,  mi  diceva: 
«  Abbiate  pazienza non  giudicatemi  da  lui  !  ». 

Elisa  Fioravanti  era  alta  e  magra  anch'essa; 
era  pettinata  in  un  modo  molto  strano,  come 
una  vecchia,  ma  una  vecchia  che  avesse  avuto 
i  capelli  troppo  scuri  e  troppo  densi  ;  aveva  una 
bocca  fine  e  delicata,  gli  occhi  un  po'  socchiusi 
sotto  palpebre  pesanti,  aveva,  nelle  linee  degli 
angoli  frontali,  un  qualcosa  che  mi  ricordò  le 
madonne  del  suo  paese,  quelle  più  antiche. 

Ma  il  grande,  l'irresistibile  fascino  stava  nel 
suo  modo  di  parlare:  facile  e  piano  e  molto 
elegante  ad  un  tempo,  d'  una  eleganza  forse 
inconscia.  La  parlata  toscana  usciva  da  quella 
bocca  sfiorita  come  una  cosa  viva,  che  attraeva. 

Con  urbanità  schietta,  con    nativo   decoro  e 


~  101  — 

gentile  compostezza,  la  donna  italiana  ci  fece 
subito  comprendere  quanto  diversa  ella  fosse 
dal  padre  suo:  ma  di  lui  non  fece  parola,  na- 
turalmente. Avvedendosi  che  la  debolezza  di 
Elisa  Fioravanti  era  ancora  grandissima,  mio 
padre,  con  accorta  e  cordiale  diplomazia,  dispose 
le  cose  in  modo  che,  recandomi  io  da  lei,  le 
lezioni  mantenessero  il  loro  prezzo  più  alto. 

E  così  cominciò  per  me,  Marida,  un  sereno 
e  forte  periodo  di  studii,  e,  ciò  che  più  monta, 
di  iniziazione  alle  cose  più  salutari  all'anima. 

Mi  fu  poi  sempre  grato  di  pensare  che  la 
stessa  persona,  la  quale  mi  fece  conoscere  la 
mia  lingua  —  questa  forza  sottile,  aerea,  che 
vola  sul  mondo  dell'intelletto  e  lo  domina,  — - 
fosse  pur  quella  che  mi  fece  conoscere  quel- 
l'altra misteriosa  forza  del  mondo  morale,  ch'è 
il  sacrifizio. 

Elisa  Fioravanti,  oltre  all'insegnamento  che 
impartiva  a  me  e  ad  alcune  altre  signorine, 
teneva  in  pensione  due  ragazzi  ai  quali  dava 
ripetizioni  di  latino  e  di  greco;  ella  li  accom- 
pagnava al  Ginnasio,  li  andava  a  prendere; 
ella  assisteva  suo  padre,  che  si  faceva  servire 
appuntino  da  lei,  lo  quietava,  quando,  cosi  spesso, 
e  senza  ragioni  apparenti,  egli  montava  su 
tutte  le  furie,  la  ingiuriava,   la  minacciava 


—  102  — 

(compresi  a  poco  a  poco  che  il  disgraziato  era 
un  alcoolista).  Spesso  anche  l'unica  servetta 
mancava:  il  vecchio  era  così  cattivo!  —  e  allora 
Elisa  cucinava  il  pranzo  e  la  cena,  e  poi,  la 
sera,  dopo  aver  dato  tutte  quelle  lezioni,  dopo 
aver  lavorato  cosi  faticosamente  colle  sue  pic- 
cole smorte  mani,  ella  stava  su  qualche  volta 
sino  al  tocco,  a  correggere  i  compiti,  a  studiare 
per  conto  suo. 

Ella  amava  tutti  gli  studii,  tutto  ciò  che  po- 
teva alimentare  il  suo  austero,  puro  e  solitario 
spirito:  ma  a  me,  in  quel  tempo,  ella  insegnò 
sovrattutto  ad  amare  la  nostra  lingua,  come  ti 
dissi -già.  Fu  con  lei  e  da  lei  ch'io  cominciai  ad 
intendere  la  bellezza  di  questo  linguaggio,  che 
tanti,  per  ignoranza,  accusano  di  pesantezza, 
di  monotonia,  e  che  in  bocca  di  Elisa,  nei  libri 
ch'ella  mi  faceva  leggere,  aveva  una  ricchezza 
incomparabile,  una  vivacità  deliziosa,  una  ele- 
ganza armoniosa,  nobile,  dignitosa,  si  !  ma  non 
scevra  mai  di  disinvoltura,  ed  anche  piena  di 
ardimenti  inattesi  ed  efficaci.  Ella  mi  iniziò  a 
tutte  le  bellezze  dei  nostri  classici,  mi  fece  amare 
Dante,  il  Petrarca,  i  nostri  novellisti,  tutte  le 
poesie  e  le  prose  nostre  migliori,  e  fu  dall'amore 
di  questa  maravigliosa  e  viva  lingua,  fu  nel 
penetrarne  lo  spirito,  nell'ammirarne  i  tesori 


—  103  — 

accumulati  di  secolo  in  secolo,  che  nacque  in 
me,  alto,  commosso  e  fervidissimo,  l'amor  di 
patria.  Ah  !  questa  cara  patria  bisogna  amarla, 
Marida,  bisogna  che  l'amiamo  sovrattutto  noi, 
suoi  figliuoli  istruiti  e  coscienti!  Ora  anche 
questo  bell'ideale  s'intiepidisce,  svanisce  nei 
cuori.  È  un  gran  male 

Io  ho  sempre  fatto  ogni  mio  possibile  per 
crescerti  in  questo  amore.  Dio  voglia  che  il  tuo 
animo  di  donna  abbia  a  rendere  un  buono, 
schietto  suono  di  italianità  cristiana. 

Ma  torniamo  a  quel  tempo  ! 

Elisa  Fioravanti  cominciava  a  provare  un 
vivo  interessamento  per  me,  ed  io  provavo  una 
profonda  riconoscenza  per  lei.  Ero  studiosa  e 
laboriosa,  ma,  fino  a  quel  punto,  n'en  dèplaise 
Mad}^^  Meuniot,  avevo  dovuto  far  molto  da  me. 
Poco  ella  sapeva  spiegarmi,  e  ricordo  ancora 
adesso  il  vero,  compassionevole  mio  smarri- 
mento, quando,  trovandomi  con  ragazze  più 
istruite  di  me,  leggendo  la  vita  di  certe  donne, 
facevo   dei  confronti,  e  m'avvedevo  di  essere 

così  indietro Perchè  amavo  tanto  lo  studio  ? 

Che  cosa  speravo  da  esso?  Non  so  bene  !  È  questa 
una  domanda  che  rivolsi  a  me  stessa  molte 
volte.  Forse  desideravo  dare  un  indirizzo  alle 
energie  del  mio  spirito  e  del  mio  cuore.  Non 


—  104  — 

ero  ambiziosa.  Non  mi  credevo  di  grande  in- 
gegno, anzi,  mi  sentivo  in  molte  cose  un  po' 
tardiva,  ma  certo  avevo  sin  d'allora  compreso 
che  l'istruzione  aiuta,  avviva  l'intelletto. 

Una  idea  isolata  s'imprime  difficilmente  nello 
spirito,  ma  quando  questa  idea  d'origine  nuova 
trova  un  punto  di  contatto,  già  preparato  nella 
mente,  essa  si  associa  a  ciò  che  le  è  analogo, 
e  forma,  con  ciò  che  precede  e  che  segue,  una 
catena  il  cui  prolungamento  conferisce  la  forza. 
Più  s'è  ricchi,  e  più  è  facile  arricchirsi.  Ecco  ciò 
che  allora  non  avrei  di  certo  saputo  definire, 
ma  ecco  ciò  che  mi  spingeva  a  studiare,  a 
ricercare  continuamente  la  compagnia  di  Elisa 
Fioravanti.  La  quale  mi  comprese,  mi  aiutò, 
forse  anche  trovò  in  me,  nella  mia  viva  ed 
accesa  ammirazione,  un  conforto. 

Ormai  si  stava  insieme  molte  ore,  tutti  i 
giorni,  e  s'andava  anche  fuori,  insieme.  Ella 
amava  la  sua  Firenze,  le  sue  chiese,  i  suoi 
musei,  i  suoi  monumenti,  i  suoi  giardini  ;  e  ne 
aveva  pratica  grande,  e  pareva  ne  conoscesse 
tutti  i  secreti,  e  me  li  fece  amare.  Un'aspira- 
zione costante  e  strana  in  quella  umile  inse- 
gnante, in  quella  donna  obbligata  a  sbrigare 
i  più  grossolani  lavori  di  casa,  in  quella  figliuola 
tacita  e  tormentata,  le  accendeva  lo  spirito  per 


—  105  — 

la  bellezza  dei  marmi  e  dei  dipinti  ;  e  nel  com- 
prendere e  nello  spiegare  i  pensieri  armoniosi 
e  religiosi  racchiusi  in  quella  immortale  arte 
fiorentina,  pareva  ella  vivesse  una  vita  nuova, 
più  libera  e  pura. 

Di  Firenze  ella  amava  pure  immensamente 
la  campagna  luminosa  e  soave  ;  quando  faceva 
bel  tempo,  ella  mi  conduceva  fuori  le  porte, 
ed  io  ricordo  una  di  quelle  passeggiate,  in  par- 
ticolar  modo. 

Era  un  giorno  di  marzo;  sui  colli  la  stagione 
che  i  poeti  provenzali  chiamavano  «  la  sta- 
gione del  rinnovellamento  »  si  sentiva  in  modo 
profondo,  raggiava  intorno  a  noi,  ci  batteva 
sul  viso  il  suo  alito  fresco  e  odoroso;  mai  come 
in  quel  punto  mi  parve  che  tutta  quella  dol- 
cezza fosse  assorbita,  goduta  dal  pallido  volto 
della  donna,  forzata  a  languire  tante  ore  di 
seguito  nel  mucido  odore  della  stanza  del  padre 
alcoolista..... 

Che  giorno  era!  Dalla  terra  saliva  al  cielo 
una  grande  arcana  promessa  ;  le  chiome  degli 
ulivi  contorti,  agitati  dal  vento,  eran  d'argento 
soffice;  laggiù,  a  valle,  sopra  l'Arno,  il  cielo 
inverdiva  delicatamente,  tra  sfumature  rosee; 
le  colline,  all'ingiro,  immerse  in  leggeri  vapori' 
violetti,  parevano  velate  di  grazia,  e  Firenze, 


—  106  — 

tutta  Firenze,  che  si  stendeva  nella  pianura, 
aveva  un'apparenza  morbida,  piena  di  poesia. 

Raggiunto  una  specie  di  spiazzo,  dove  il  sole 
riscaldava  più  forte,  trovai  delle  violette,  le 
prime  dell'anno,  e  anch'io  gridai  col  poeta 
inglese,  stranamente  commossa,  gridai  :  In 
ginocchio  !  Ecco  le  violette  !  (Tennyson). 

Vi  sono  momenti  nella  vita  in  cui  sentiamo 
che  in  noi  si  svolge  qualcosa  di  nuovo,  di  supe- 
riore al  nostro  essere  consueto:  sono  qualche 
volta  avvenimenti  brevi  e  oscuri,  ma,  perchè 
hanno  una  lunga  eco  nel  cuore,  diventan 
grandi.  Là,  in  ginocchio,  mescendo  il  mio  re- 
spiro a  quello  dei  dolci  fiori,  davanti  a  quella 
campagna  argentea  e  luminosa,  in  vista  della 
città  del  giglio,  io  ebbi  un  improvviso  sussulto, 
un  delicato  senso  di  giovinezza  che  sbocciava. 
Con  anima  non  più  di  bambina,  in  tono  som- 
messo e  un  po'  tremante,  rivolsi  una  domanda 
a  Elisa  Fioravanti  :  —  «  Non  aveva  ella  mai 
incontrato  nessuno  che  avesse  inteso  l'anima 
sua,  il  suo  cuore?  » 

Ella  mi  rispose  con  tutta  la  sincerità,  tutta 
la  fiduciosa  gentilezza  della  sua  natura. 

E  allora  fu,  Marida,  ch'io  vidi  il  sacrifizio, 
come  se  mi  fosse  sorto  dinnanzi  con  aspetto  di 
cosa  viva. 


—  107  — 

Sì,  ella  aveva,  sui  vent'anni,  conosciuto  una 
persona,  un  giovane,  che,  per  le  aspirazioni, 
i  gusti,  i  principii  da  lui  palesati,  ella  aveva 
sentito  di  poter  amare.  E  s'erano  veramente 
amati,  e  si  erano  promessi.  Solo,  egli  era  un 
modestissimo  impiegato,  e  gli  toccava  man- 
tenere la  madre  inferma;  non  aveva  dunque 
la  possibilità  di  preparare  la  nuova  casa. 

Ma  ella.  Elisa,  era  già  laureata,  suo  padre  era 
allora  segretario  presso  una  ditta  commerciale, 
ella  poteva  dunque  assumersi  l'impegno.  Per 
dieci  anni,  lavorando  da  mane  a  sera,  logo- 
randosi un  poco,  ogni  giorno,  i  polmoni  ed  il 
cervello,  ella  andò  accumulando  una  piccola 
sostanza.  E  frattanto,  in  questi  dieci  anni,  il 
cuore  e  l'anima  dei  due  giovani  venivano,  con 
sempre  maggior  gioia,  scoprendo  nuove  affinità 
fra  di  loro,  nuove,  più  forti  e  più  alte  ragioni 
di  amarsi. 

Era  per  finire  quel  lungo,  arduo  periodo  di 
preparazione,  di  lotte  combattute  nel  campo 
delle  difficoltà  materiali  da  quell'esile  e  corag- 
giosa donna,  era  ella  per  raggiungere  la  vit- 
toria, il  premio  finale,  tanto  sospirato,  tanto 

sognato,  quando il  padre  di  Elisa  Fioravanti 

fece  rovinare  ogni  cosa.  Un  giorno  egli  tornò 
a  casa  con  una  torva  disperazione  nello  sguardo, 


—  106  — 

e  dichiarò  alla  figliuola  che  se  egli  non  trovava 
subito,  subito!  una  certa  somma,  egli  era  un 
uomo  perduto 

Elisa  qui  non  si  spiegò  molto  (chiaramente, 
ma  io  compresi.  Certo  il  disgraziato  doveva 
aver  sottratto  una  somma  alla  cassa  della  ditta 
che  lo  impiegava:  una  somma  che  aveva  gio- 
cata, 0  consumata  chi  sa  come,  perduta,  in- 
somma, irremissibilmente. 

Ora,  dillo  tu,  Marida,  che  altro  rimaneva 
da  fare  a  quella  povera  Elisa,  se  non  pagare?.... 

Pagare!  Prendere  quei  denari  fatti  colle  fibre 
del  suo  cervello,  colle  speranze  del  suo  cuore 
e  darli,  e  rinunciare  a  tutta  la  luce  della  sua 
gìOYmezza»,  sacrificarsi  in  una  parola! 

Ecco  il  dilemma.  0  diventare  superiore  a 
sé  stessa,  o  discendere  fino  agli  ultimi  gradini 
dell'abbiezione  ;  cioè  non  salvare  suo  padre, 
lasciare  ch'egli  perisse,  che  finisse  in  carcere, 
forse  in  galera  la  sua  vita.  Si  sacrificò.  Salvò 
il  padre.  Certo  senza  far  grandi  parole,  ne 
grandi  gesti,  molto  semplicemente.  E  anche 
molto  semplicemente  ritornò  alla  sua  vecchia 
catena,  senza  gioie,  senza  speranze,  senza  palpiti, 
ormai:  ricominciò  da  capo  a  lavorare,  a  fati- 
carsi, a  logorarsi  ;  ma  non  più  per  lui,  per 
l'uomo  nobile  e  buono,  l'uomo  amato  e  amante  ; 


—  109  — 

per  Tuomo,  invece,  che  l'aveva  sempre  sacri- 
ficata, Tuomo  che  ormai  senza  impiego,  ina- 
sprito, avvilito,  cadeva  sempre  più  in  basso, 
diventava  sempre  più  egoista,  torvo,  violento  ; 
s'ubbriacava  con  sempre  maggior  frequenza, 
spendeva  per  se  tutto  quanto  ella  guadagnava, 
la  succhiava  viva  ! 

Eppure,  ripeto,  perchè  è  su  questo  punto  che 
voglio  fermare  la  tua  attenzione,  Marida,  che 
altro  poteva  ella  fare  ?  quale  altra  via  si  apriva 
dinnanzi  a  lei,  se  non  quella  del  sacrifizio? 

Solo  quella,  solo  quella  !  Vi  sono,  più  d'una 
volta,  casi  della  vita  nei  quali  il  sacrifizio  è 
inevitabile,  se  vogliamo  fare  il  nostro  dovere. 

Il  fidanzato  di  Elisa,  addolorato,  ma  non 
mutato,  non  ribelle  alla  sorte,  era  partito  per 
l'estero,  dove  aveva  sperato  di  trovare  possi- 
bilità d'un  guadagno  più  pronto  e  maggiore, 
cosi  da  riedificare  lui  ciò  che  il  padre  di  Elisa 
aveva  distrutto. 

—  Dunque  non  ogni  speranza  ò  svanita  !  — 
io  esclamai  allora  —  Ella  potrà  ancora,  e  forse 
tra  breve,  esser  felice? 

Elisa  si  fermò  un  momento  sulla  strada,  e  mi 
guardò  a  lungo  con  quei  suoi  occhi  teneri,  più 
aperti  del  consueto,  e  biondi  come  topazii  e  pieni 


—  110  — 

di  lagrime  ;  poi,  con  una  mossa  improvvisa, 
sollevando  le  mani  alla  testa,  si  scoprì 

Rimasi  sbigottita  ! 

La  testa  della  poverìna  mi  apparve  nuda, 
quasi  calva,  con  appena  qua  e  là  alcuni  lievi 
ciuffetti  di  corti  capelli  grigi.  Fu  un  attimo: 

quasi  subito  cappello  e parrucca!  ricopersero 

la  testa,  ma  io  non  dimenticherò  quella  vista 
pietosa,  mai,  mai  più  !  Nuovamente  le  palpebre 
pesanti  velarono  lo  sguardo  tenero,  e  la  bocca 
sfiorita  tremò,  tremò  tutto  l'estenuato  volto, 
mentre  ella  mi  diceva  piano:  —  «  Hai  veduto? 
Capisci  ? capisci  chi  ritroverebbe  il  mio  fidan- 
zato, se  ritornasse  ? Sono  una  vecchia  ;  Tul- 

tima  mia  malattia  m'ha  ridotta  cosi.  E  le 
vecchie  non  si  sposano! » 

Molto  amorosamente,  e  anche  sinceramente, 
io  mi  ribellai  a  quelle  crudeli  parole  :  ma  ella, 
scrollando  la  testa,  più  non  rispondeva.  Forse 
troppo  forte  era  il  groppo  che  le  lacrime  le 
facevano  alla  gola;  forse  troppo  forte  era  il 
suo  convincimento  che  le  vecchie  non  si  sposano, 
che  non  devono  sposarsi. 

Ancora  a  lungo  noi  andammo  quel  giorno 
su  della  collina,  che,  pei  mandorli  e  i  peschi 
fioriti,  pareva  una  gran  nuvola  rosata  e  fresca. 
Ancora  a  lungo  tacque  la  mia  nobile  guida. 


^  111  — 

Poi,  come  la  sera  cadeva,  e  tutta  la  natura 
s'ammantaya  d'una  bellezza  più  austera,  ella 
mi  parlò  nuovamente  con  quel  magnanimo  suo 
cuore,  e  nelle  sue  parole  io  sentii  sempre  più 
il  bisogno  eroico  di  vincersi  ancora,  di  assi- 
curare sempre  meglio  la  dominazione  dello 
spirito  sulla  fralezza  del  corpo,  il  proposito 
fermo  di  sforzare  senza  tregua  il  suo  io  a 
tacere,  a  piegarsi 

Il  Signore  risparmiò  a  quella  umile  eroina 
il  dolore  di  dover  dire  al  suo  fidanzato:  «  Guar- 
dami   io  non  ti  posso  più  sposare  ».   Forse 

le  risparmiò  anche  il  dolore  maggiore  di  dover 
leggere  sul  volto  amato  l'assentimento  alle  sue 
parole 

Te  lo  dissi.  Elisa  Fioravanti  è  morta! 

Ella  morì  pochi  anni  dopo  la  mia  partenza 
da  Firenze,  prima  che  il  suo  fidanzato  tornasse. 

Ora  certamente  ella  sa  perchè  sofferse  tanto 
quaggiù  :  ma  io  non  credo  che  ella  abbia  avuto 
mai  nel  cuore  e  sulle  labbra  di  quei  «  perchè?  » 
disperati  e  ribelli  che  mettono  in  sussulto  tutta 
l'anima  di  certi  infelici.  Sacrifizio  nobile  e  alto 
fu  il  suo,  sovrattuttto  perchè  ella  seppe  sop- 
portare la  sua  sofferenza,  senza  conoscerne  il 
significato,  ma  fidente  che  dovesse  averne  uqo, 
e  grande,  e  bello,  e  divino,  di  là  dalla  vita. 


~  112  — 

Non  tutte  le  esistenze  sono  come  questa, 
Mariola.  Non  tutti  passano  nella  vita  solo  dolo- 
rando, ma  io  voglio  che  tu  sappia  fin  d'ora 
disprezzare  certe  superdonne  moderne,  seguaci 

presuntuose  di  filosofi che  spesso  conoscono 

solo  di  nome. 

Voglio  che  tu  sappia  che,  o  prima  o  poi,  viene 
il  giorno  d'una  grande  rinuncia,  d'un  grande 
sacrifizio,  in  ogni  vita;  e  a  quel  giorno  bisogna 
sapersi  preparare  con  piccole  rinuncio  e  piccoli 
sacrifizi  quotidiani. 

Bada  che  io  non  sono  una  miscredente  della 
felicità;  molte  volte  già  te  lo  dissi.  Ma  ti  esorto 
a  non  credere  alla  felicità  di  solo  piacere.  Se  noi 
riconosciamo  che  il  dovere  s'impone  all'uomo 
e  che  egli  può  adempierlo  perchè  è  libero,  allora 
non  e  più  il  piacere  il  solo  bene,  e  non  è  più 
il  dolore  il  solo  male:  una  cosa  sola  è  buona, 
in  modo  assoluto  —  la  volontà  di  far  bene. 

E  una  cosa  sola  è  cattiva,  in  modo  assoluto 
—  la  volontà  di  far  male. 

Parole  forse  un  po' difficili  oggi  per  te,Mariola. 
Potrai  serbare  questa  lettera,  e  rileggerla  poi 


^^j-^S^T — ^^      "^^^^ 


LETTERA  XI. 


Marìola  a  sua  Madre. 


La  zia  Celine  ha  il  suo  piccolo  Nanni  amma- 
lato —  febbri  gastro-reumatiche,  disse  ieri  il 
dottore. 

Ora  che  egli  è  venuto  sappiamo  che  cosa 
fare,  abbiamo  una  regola,  indicazioni  precise,  e 
non  si  discute  più.  Ma  il  primo  giorno  che 
Nanni  stette  in  letto,  ci  fu  da  piangere  e  da 
ridere  in  pari  tempo. 

La  nonna  dava  pareri  che  non  contenta- 
vano lo  zio  Marco;  la  vecchia  balia  di  lui,  ora 
bambinaia  di  Nanni,  era  dell'idea  della  nonna, 
e  lo  zio  Marco,  non  potendo  indispettirsi  colla 

g  —  L'intima  gioia. 


^  114  — 

suocera,  faceva  portar  la  pena  del  suo  malumore 
a  quella  povera  donna...  Poi,  la  zia  Celine  è 
socievole,  lo  sai,  riceveva  dunque  tutti  i  parenti 
e  le  amiche  che  capitavano  a  prender  notizie; 
essa  è  anche  di  natura  mutevole,  incerta.  Entra- 
vano tutti  in  camera  :  zie,  cugine,  amiche,  e 
tutte  manifestavano  la  loro  opinione,  consiglia- 
vano qualche  rimedio:  opinioni  e  rimedi  diffe- 
renti, ma  di  cui  ogni  autrice  assicurava  l'infal- 
libilità. 

Intanto  lo  zio,  in  un'altra  camera,  sbuffava 

S'un  punto  solo  tutta  quella  brava  gente 
andava   d'accordo;   nel  dire:  «  Non  ascoltare 

troppo   i  medici i  medici  son  fatti  apposta 

ner  ingrandire  i  mali,  per  complicarli!  Val  più 
un  po'  di  pratica  che  tutta  la  scienza  » 

Intanto  il  povero  Nanni  stava  male.  La  zia 
non  sapeva  più  a  chi  dar  retta,  s'aggirava  in 
quella  camera  con  un'aria  trasognata;  e  il 
malatino,  al  quale,  in  breve  spazio  di  tempo, 
avevan  fatto  inghiottire  l'ipecacuana,  un  caffè 
amaro,  applicata  una  pezzuola  diaccia  sulla 
fronte,  un'altra  calda  sullo  stomaco,  si  lagnava, 
piangeva,  supplicava   che  lo  lasciassero  stare. 

Ti  assicuro  che  quando,  verso  sera,  cessarono 
le  visite  premurose  delle  amiche,  e  venne  final- 
mente il  dottore,  il  quale,  per  i  tanti  malati  che 


—  lis- 
ci sono  a  Torino  d'inverno  non  può  mai  venire 
così  presto  come  si  vorrebbe,  ti  assicuro  che 
in  quella  casa  parve  ritornasse  l'aria  respira- 
bile. Egli  diede  pochi  ordini  chiari  e  precisi, 
definì  il  male,  tranquillò  i  genitori,  e  l'acco- 
mandò il  silenzio  e  la  quiete. 

Oggi  nel  pomeriggio  Nanni  stava  già  assai 
meglio;  poteva  sedere  sul  letto.  Io  indussi  la  zia 
Celine  ad  andare  un  poco  fuori,  e  rimasi  al  suo 
posto. 

Dove  pigliavi,  mamma,  le  belle  storielle  che 
3Ì  dicevi  quando  eravamo  bambini,  Alfredo 
^d  io? 

Le  inventavi  tu,  nevvero?  Io  ne  ricordavo 
incora  alcune,  e  le  dissi  a  Nanni,  che  mostrò 
li  interessarsi  immensamente.  Come  amano  i 
'acconti  i  bambini!  Ne  promisi  degli  altri  al 
nio  piccolo  ammalato,  ed  ora  sto  pensando, 
3rep^rando 

Capisco  ora  che  non  altro  sistema  tu  avesti, 
)er  farci  ritenere  e  amare  la  storia,  per  farci 
lascere  le  idee  morali,  farle  prosperare  nei 
lostri  piccoli  cuori,  non  altro  che  questo:  nar- 
arci  leggende,  aneddoti,  che  sono  come  i  fiori 
Iella  storia. 

Nanni  ed  io  siamo  diventati   buoni  amici,  e 
questo   modo,  solo    intrattenendolo   di    cose 


—  116  — 

amene,  solo ah  !  solo  ch'io  sapessi  rispondere 

ai  molti  suoi  «perchè  »,  comincio  a  comprendere 
che  gli  potrei  fare  un  gran  bene. 

A  proposito:  sai  che  ho   avuto   un   piccolo 
successo  letterario? 

Donna  Adriana  desiderava  qualche  bozzetto, 
qualche  racconto  da  pubblicare  in  una  rivista 
che  ella  ha  destinato  alle  giovani  operaie.  Una 
sera,  dopo  aver  pranzato  in  casa  di  questa  tua 
cara  amica,  mi  parve  di  sentirmi  in  vena;  scrissi, 
buttai  giù  una  breve  novella,  che,  riletta  e  rive- 
duta poi  il  domani,  non  mi  parve  brutta:  la 
portai  a  Donna  Adriana,  ed  essa  dichiarò  addi- 
rittura che  era  una  cosa  riuscita,  che  l'avrebbe 
tosto  fatta  pubblicare.  Ora  la  vedrai,  mamma.... 
Sai  che  fui  molto  contenta?  Donna  Adriana  m 
disse  che  proprio  dovrei  coltivare  questo  dono 
che,  secondo  lei,  ho  ricevuto  dalla  Provvidenza 

Che  sia  vero,  mamma  ?  Solo  a  scrivere  questa 
cose  sento  che  faccio  il  viso  rosso 


LETTEEA  XII. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  sua  figlia. 


Cara,  mi  rimane  un  momento  prima  di  pranzo, 
lo  impiego  a  mettere  qui  sulla  carta,  in  ordine, 
i  punti  sui  quali  stasera  voglio  risponderti  a 
lungo . 

Accetterai  la  mia  buona  intenzione  e  nul- 
l'altro,  bimba  mia!  e  ti  contenterai  di  un'altra 
lettera  molto  disordinata,  scritta  proprio  colla 
penna  avente  la  briglia  sul  collo. 

M'ero  seduta  appena  al  tavolo,  quando  un 
rumore  di  carrozza  e  di  sonagliere,  rumore 
inusitato  ormai  quassù,  scosse  tuo  padre  che 
leggeva,  scosse  me  che  ti  stavo  scrivendo. 

Era  Alfredo.  Oh!  cara,  fu  un  buon  momento! 

Egli  ci  ama  davvero  e  seppe  dimostrarcelo. 
Fu  festa  per  tutti  —  pei  domestici,  per  la  vecchia 


—  118  — 

Grigia  in  scuderia,  per  il  povero  Fido,  che  da 
tanto  tempo  soffriva  solitariamente,  e  pareva 
avesse  smesso  il  bisogno  di  saltare  e  correre 

pel    giardino persino   pel    tuo    miscetto,  fi 

giorno  di  festa;  anch'esso,  dopo  la  partenza  tua 
e  di  tutta  la  nostra  gioventù,  aveva  sempre  k 
palpebre  abbassate  sugli  occhi,  il  pelo  arruffato 
ora  bisognava  vedere  come  si  fregava  alk 
gambe  d'Alfredo,  inarcando  la  schiena,  faconde 
il  ronciglio  colla  coda.....  e  Alfredo  che  qualche 
volta,  per  farti  dispetto,  lo  tormentava,  ora  s 
curvava  ad  accarezzarlo  come  avresti  potute 

farlo  tu,  tale  e  quale 

Gran  bella  cosa  la  giovinezza!  L'amano  tutti 
Ora  sono  le  undici  di  sera,  e  Alfredo  mi  lascis 
appena.  Abbiamo  sempre  discorso,  e  in  fonde 
sono  contenta  di  lui.  Tutta  llague,  sai,  quelh 
specie  d'indifferenza,  di  disprezzo,  che  dimostre 
per  quanto  ti  interessa.  Vedo,  sempre  più,  che 
le  fatiche  di  tuo  padre  e  le  mie  non  vanne 
perdute,  che  la  buona  educazione  e  i  buon 
esempi  giovano.  Alfredo  ha  soltanto  una  grande 
sovrana  antipatia  per  tutte  le  'pose,  e  dice  d 
aver  conosciuto  certe  signore  molto  dernier-cri 
molto  intellettuali,  che  gli  hanno  ispirato  ur 
sacro  terrore.  Rido  ancora,  qui,  da  sola,  ne] 
ricordare  certe  sue  descrizioni 


—  119  — 

Una  macchietta  di  signora,  per  esempio,  che 
un  giorno  lo  ricevette  in  un  salotto  dove  teneva 
s'un  tavolino,  a  portata  di  mano,  come  se  quello 
fosse  stato  il  ciho  giornaliero  del  suo  spirito, 
una  vecchia  edizione  di  Erodoto,  alcuni  libri  di 
Nietzsche,  di  Wilde,  la  quale  signora  gli  disse  a 
più  riprese,  sospirando  : 

—  «  Io  amo  gli  autori  antichissimi  e  anche 
i  moàermssìmì,  paradossali  Io  sono,  sotto  più 
d'un  aspetto,  un  paradosso  vivente  io  stessa > 

Ce  ne  sono  delle  donne  così,  pur  troppo! 

Intellettualismo ,  sentimentalismo,  dilettan- 
tismo, ecco  gli  acerrimi  nemici  della  intelli- 
genza, del  sentimento,  e  dell'arte  vera.  Ecco  ciò 
che  in  fondo  sente  Alfredo. 

Nel  parlargli,  oggi  e  stasera,  io  lo  rivedevo 
bambino,  ragazzo,  e  rivedevo  anche  te,  in  quei 
primi  anni  del  vostro  sviluppo  intellettuale  e 
morale. 

Alfredo  era  schietto,  franco,  qualche  volta 
fino  alla  ruvidezza,  fino  alla  violenza.  Posso 
veramente  dire  che  egli  assorbì  le  goccie  di 
verità,  che  man  mano  io  lasciavo  cadere  nella 
sua  anima,  con  una  avidità  che  molte  volte 
mi  commoveva. 

Ben  presto  egli  professò  la  verità  in  modo 
assai  più  assoluto  del  mio.  Nessun  velo,  nessuna 


—  120  — 


concessione  egli  ammetteva;  nessuna  reticenza, 


nessuna  esitanza. 


Tu  eri  diversa.  Non  certo  meno  sincera,  non 
certo  capace  di  menzogna;  ma  più  timida,  meno 
risoluta,  meno  franca,  e  molto  più  sensitiva,  e 
con  certe  complicazioni  sentimentali,  nel  tuo 
modo  di  pensare  e  di  agire. 

Le  vostre  due  nature  si  manifestavano,  in- 
somma, fin  d'allora,  assai  chiaramente. 

Tu  un  po'  involuta,  meditativa,  amante  del 
sogno,  dell'ideale,  fino  a  smarrire,  qualche  volta, 
il  giusto  senso  della  misura  nel  reale. 

Alfredo,  più  pratico,  più  logico,  più  sicuro  nei 
suoi  criterii.  Anche  negli  studii  siete  sempre  stati 
così;  né  io  ho  cercato  mai  di  sforzare  la  natura; 
persuasa,  convinta  come  sono,  che  educare  non 
vuol  dire  reprimere  le  tendenze,  ma  condurle, 
volgerle  verso  sempre  maggior  luce;  in  altre 
parole,  lasciai,  pure  guidandovi,  lasciai  che  ope- 
rasse in  voi  la  natura,  educatrice  non  fiacca  e 
non  tediosa. 

Alfredo  dimostrava  una  mente  attaccata  con 
tenacia  alla  esperienza  dei  fatti,  al  raziocinio; 
e  se  in  te  l'organo  potente  di  respirazione 
morale,  che  si  chiama  immaginazione,  si  svi- 
luppava nelle  letture  di  cose  poetiche,  affettive, 
in  lui  si  sviluppava  più  facilmente  nelle  letture 


—  121  — 

di  fatti  eroici,  di  grandi  conquiste  della  scienza. 
Il  vago,  l'impreciso,  ti  seduceva,  o  mia  Marida  ; 
Alfredo  rifuggiva  dalFimproprietà,  dalla  esage- 
razione con  scrupolo  persino  soverchio,  a  segno 
che  leggendo  una  volta  in  un  libro  la  parola: 
Verissimo,  mi  osservò:  «  Non  bastava  dir 
vero?  » 

Ma  è  strano,  più  volte  lo  osservai  a  tuo 
padre,  che,  nonostante  queste  differenze,  tu 
finivi  coll'andare  molto  d'accordo  con  Alfredo, 
ossia,  dirò  più  esattamente,  pur  bisticciandovi, 
tu  avevi  continuamente  bisogno  di  Alfredo,  e 
Alfredo  continuamente  cercava  di  te! 

Forse  è  la  vecchia  storia:  vi  cercavate,  sen- 
tendo di  completarvi,  insieme. 

La  donna  in  generale  reca  nel  suo  spirito 
maggior  poesia  (checché  ne  dica  il  Carducci!). 
L'uomo  (e  non  parlo  qui  del  Poeta,  questa 
divina  eccezione  nell'umana  famiglia),  l'uomo 
d'oggi  giorno,  sovrattutto,  è  uno  spirito  amante 
di  scienza  più  che  di  poesia,  preoccupato  del 
fatto  più  che  del  sogno,  tanto  più  freddo  intorno 
alle  cose  di  arte  e  di  letteratura  in  quanto  che, 
adducendo  il  pretesto  dell'arte  e  della  lettera- 
tura, tante  cose  insipide  e  false  si  dicono  e  si 
fanno  oramai! 

Ma  non  mai  Alfredo,  ma  nessun  uomo  Intel- 


—  122  — 

ligente,  onesto  e  di  cuore,  si  riderà  della  donna 
che,  non  fatua,  non  assetata  di  vanitosi  ed 
egoistici  trionfi,  attenda  agli  studii  e  li  compia 
colla  vera  coscienza  della  sua  missione  nel 
mondo. 

Alla  tua  età,  Marida,  basteranno  anche  poche 
ore  al  giorno  consacrate  a  questi  studii,  per 
dare  alla  tua  mente  ancora  incerta,  ancora 
confusamente  illuminata  sulla  meta  cui  tendere, 
una  forza  viva,  capace  di  fortificare  altrui.  E 
innanzi  tutto  sorgerà  per  te  una  verità  che, 
dalla  tua  ultima  lettera,  m'avvedo,  tu  già  in 
un  certo  modo  intuisci. 

La  donna  troppo  spesso  ignora  ciò  che  dovrebbe 
sapere  prima  d'ogni  altra  cosa:  allevare  ed  edu- 
care l'infanzia,  conoscere  l'igiene  del  corpo  e 
della  mente. 

A  ragione  ti  maravigliarono,  ti  resero  quasi 
impaziente,  da  un  lato  tutte  quelle  buone  signore 
che  volevano  imporre  le  loro  opinioni  a  Celine; 
dall'altro  lato  le  incertezze  e  l'inesperienza  di 
questa  madre. 

Tu  hai  sentito  che  molte  di  queste  signore 
parlavano  senza  sapere;  ora,  quando  la  parola 
diventa  consiglio,  e  chi  lo  dà  non  ha  la  com- 
petenza necessaria  per  darlo,  esso  è  ridicolo 
spesso,  e  sempre  inopportuno.  Sinora  la  donna 


—  123  — 

era  lasciata  nella  più  completa  ignoranza,  in 
fatto  d'igiene,  di  quella  salute  fisica,  che  ha  poi 
tanta  importanza  per  la  salute  della  mente  : 
Mens  sana  in  corpore  sano. 

Diventata  madre,  la  donna  doveva  tutto  im- 
parare colla  esperienza,  e  avventurata  quella 
che  aveva  il  buon  senso  di  comprendere  che 
le  grandi  parole  come  intuizione^  divinazione, 

ispirazione  materna al  capezzale  d'un  bimbo 

malato  diventano  una  forma  di  dilettantismo, 
spesso  non  solo  innocuo  ma  nocivo,  ove  questa 
intuizione  e  divinazione  e  ispirazione  (che  del 
resto  non  bisogna  negare)  non  sieno  dirette 
dal  sapere. 

Ma,  francamente,  non  c'è  da  fremere  pen- 
sando che  coloro  alle  quali  era  direttamente 
affidata  una  cosi  grande  responsabilità,  cioè  la 
salute,  la  vita  dei  figliuoli,  nessun  insegnamento 
ricevessero  a  questo  riguardo?  Per  cui  la  sorte 
di  tante  preziose  creature  veniva  a  subire  la  flut- 
tuazione di  menti  deboli  e  impreparate,  oppure 
queste  creature  venivano  spesso  abbandonate 
alla  ignoranza  e  ai  pregiudizii  e  alle  superstizioni 
delle  vecchie  governanti,  o  nella  migliore  delle 
ipotesi,  affidate  a  quelle  nonne,  le  quali,  se  ave- 
vano un  sano  criterio,  una  reale  e  benefica  pra- 
tica pei  figliuoli  dei  loro  figliuoli,  dovevan  confes- 


^  124  — 

sare  che  questo  criterio,  questa  pratica  eran 
frutti  di  tutte  le  inesperienze,  di  tutti  gli  errori 
in  cui  eran  cadute  a  riguardo  dei  figliuoli  pro- 

prii Per  fortuna,  un  po'  di  luce  s'è  fatta,  su 

queste  cose.  Le  donne  cominciano  a  desiderare 
un  po'  di  istruzione  sull'igiene;  ed  è  con  piacere 
che  ti  vedo  interessarti  a  questi  studii,  ed  è  con 
insistenza  che  ti  esorto  a  seguire  il  corso  d'igiene 
intorno  a  cui  mi  scrisse  Donna  Adriana.  Non 
già,  intendimi  bene,  per  giungere  colla  tua 
scienza,  che  sarà  sempre  rudimentale,  a  fare 
senza  il  medico,  ma  per  evitare,  ti  ripeto  la 
parola,  qualsiasi  dilettantismo  nella  difficile 
arte  di  esser  madre,  educatrice  un  giorno. 

Per  comprendere,  innanzi  tutto,  che  a  rag- 
giungere la  vita  completa,  a  poter  vivere  sempre 
di  più  e  meglio,  occorre  premunirsi  non  solo 
contro  tutto  ciò  che  può  cagionare  la  morte,  ma 
occorre  sovrattutto  sfuggire  agli  indebolimenti, 
ai  deperimenti,  che  le  cattive  abitudini,  l'igno- 
ranza di  certe  leggi  fisiologiche  cagionano.  Se 
anche  queste  lezioni  avessero  semplicemente  per 
risultato  di  farti  volgere  uno  sguardo  intorno 
a  te,  sarebbe  già  un  bene.  Vedrai  quanto  siano 
pochi  gli  uomini  che,  giunti  all'età  anche  solo 
matura,  stiano  veramente  bene;  vedrai  invece 
molti  uomini  afflitti  da  malanni,  da  incomodi, 
che,  lo  confessano  essi  stessi,  avrebbero  potuto 


—  125  — 

risparmiarsi,  se  avessero  avuto  alcune  elemen- 
tari nozioni  d'igiene.  Infine  e  sovrattutto  desidero 
che  tu  ricavi  da  queste  lezioni  la  convinzione 
che  la  giovane  madre  di  domani,  o  la  educa- 
trice, qualsiasi  donna,  la  quale  abbia  probabilità 
di  accostarsi  all'infanzia,  deve  conoscere  le  leggi 
fondamentali  dello  sviluppo  umano,  e  salvarsi 
dal  pericolo  di  fare  ciecamente  il  danno  di  tante 
creaturine.  Solo  conoscendo,  per  esempio,  l'ori- 
gine e  la  portata  delle  emozioni  cerebrali,  di 
certi  fenomeni  mentali,  si  può  aiutare  la  natura, 
avviare  al  bene  le  potenze  del  bambino,  com- 
patirne certe  debolezze,  certe  stranezze. 

Bimba  cara,  la  notte  è  molto  inoltrata,  ed  io 
non  t'ho  scritto  ancora  tutto  ciò  che  pensavo 
per  te  e  di  te!  Buona  notte!  Com'è  bella  questa 
che  io  scopro  dalla  mia  finestra!  Notte  serena, 
fredda  e  luminosa;  un'aria  nitida,  tersa;  molte 

stelle  sospese  sulle  curve  soavi  dei  monti 

Esse  mi  parlano  di  Vicende  e  di  Vite  che  noi 
non  abbiamo  conosciute,  mi  riempiono  il  cuore 
d'amore  e  di  rispetto  per  la  Creazione.  E  mi 
tornano  in  mente  le  parole  d'un  grande  filosofo 
moderno:  «Il  cristiano  è  un  uomo  la  cui  Vita 
immerge  le  sue  radici  nell'infinito  ». 


—  126  — 

Stamane  nevica.  Buon  giorno,  neve!  bianca 
amica  mia!  Nei  giorni  passati  vedevo,  in  basso, 
grandi  nebbie,  e  pensavo  che  laggiù,  a  Torino, 
l'inverno,  quello  scuro  e  umido,  doveva  esser 
giunto,  mentre  ancora  noi  eravamo  immersi 
in  un'aria  di  acciaio  azzurro,  e  accarezzati  da 
un  puro  sole  biondo,  quasi  bianco.  Ma  ora,  ora 
la  neve,  quella  buona,  viene,  ci  visita,  impregna 
l'aria  di  pensieri  alati,  dolci,  e  anche  bianchi  ; 
copre  tutte  le  verghe  dei  cancelli,  compie 
un'opera  di  ricamo  sul  verde  dei  pini,  fa  appa- 
rire tutto  il  paesaggio  più  solenne  e  più  intimo 

Il  babbo  s'è  chiuso  nel  suo  studio  con  Alfredo, 
al  quale  vuole  per  forza  rendere  conto  dei  suoi 
affari  di  tutela;  Alfredo  si  schermisce,  ma  poi  al 
babbo,  sai,  bisogna  cedere! 

Ed  io  riprendo  a  discorrere  teco. 

Dunque,  dunque  anche  tu  cominci  a  provare 
la  tentazione,  le  òéguin  per  la  letteratura? 

Dico  «.  anche  tu  »  perchè  è  un  piccolo,  grande 
sogno  che  ormai  molte  donne  sognano!  Ma, 
bada,  può  essere  molto  pericoloso,  nel  senso 
che  può  metterti  per  una  via  falsa. 

Mi  domandi  dove  prendevo  le  novelle,  i  rac- 
conti che  vi  facevo.  Li  trovavo  quasi  senza  cer- 
carli, figliuola  mia.  Essi  scaturivano  dai  ricordi 
di  un  libro  letto  in  compagnia  di   tuo  padre, 


—  127  — 

da  un  tuo  sorriso,  dalle  tue  lagrime  di  bimba, 
da  una  nuvola  che  migrasse  verso  le  lonta- 
nanze dei  cieli,  dalle  armonie  che  ascoltavo  la 
sera,  all'Ave  Maria,  lavorando  presso  i  miei  cari. 

La  mia  vita  fu  quassù  molto  monotona,  in 
apparenza,  ma  io  ti  so  dire  che  quelle  mie 
modeste  giornate  erano  soffuse  di  vera  poesia, 
e  spandevano  in  me  una  vita  dello  spirito,  che 
aveva  radici  profonde  nella  fede  e  nell'amore. 
Ti  confido  questo,  Marida,  perchè  molte  donne 
dedite  all'arte  hanno  interpretato  tutto  ciò  che 
è  spiritualità,  poesia,  in  modo  così  strano  e 
orgoglioso,  ch'io  ho  premura  di  mostrarmi  a  te 
in  tutta  la  semplicità  delle  mie  risorse  intel- 
lettuali. 

Pur  troppo  molti  anche  considerano  la  poesia 
come  un  lusso,  un  molle  appagamento,  una 
delizia  nelle  ore  di  sentimentalità  oziosa:  cosi 
ridotta  a  simulacro  di   tutto  ciò  che  è  nobile, 

vitale,  alto per  costoro  essa  è  cosa  che  urta 

i  nervi  sani,  e  da  scacciarsi  in  nome  del  buon 
senso. 

Ma  la  vera  poesia  è  ben  altra  cosa! 

Curvarsi  sulla  realtà  stessa,  non  con  disprezzo 
e  con  sdegno,  ma  con  amore  ;  e  con  quest'amore 
indagarla,  sviscerarne  il  bene  ed  il  male,  il 
bello  ed  il  brutto,  trovare  ciò  che  si  nasconde 


—  128  — 

di  profondamente  umano,  come  dice  R.  Word- 
sworth,  in  tutte  le  cose  del  mondo,  e  in  tutte 
anche  presentire  e  salutare  il  sovrumano:  dare 
un  sorriso  a  tutte  le  gioie,  e  una  lagrima  a 
tutti  i  dolori  che  s'incontrano,  ecco  la  poesia. 

Scrivere  poesia,  non  tutti  possono;  ma  fare 
poesia  ogni  donna  dovrebbe.  Colla  sincera  e 
pura  commozione  del  cuore,  colla  forza  della 
virtù,  coll'alacrità  dello  spirito,  colla  finezza  dei 
modi,  colla  signorilità  del  contegno,  colla  mente 
rivolta  a  intendere,  a  consolare,  a  sollevare, 
deve  far  poesia  la  donna. 

Se  poi  avvenisse  che  per  un  dono  speciale  e 
raro  dello  spirito,  dono  misterioso,  indefinibile, 
che  spira  non  si  sa  bene  di  dove,  e  come  vuole, 
e  quando  vuole  ;  tale  da  rendere  assai  vigile  e 
grave  chi  lo  possiede;  se  poi  avvenisse  che  per 
questo  dono  dello  spirito,  e  per  circostanze  e 
condizioni  di  vita  favorevoli  al  suo  esplicarsi, 
potesse  la  vita  reale  fondersi  colla  vita  lette- 
raria, e  questa  fusione  si  compiesse  in  piena 
sincerità,  in  piena  armonia  della  mente  col 
cuore,  io  la  saluterei  in  te  con  vera  gioia,  non 
esito  a  dirtelo. 

Ma quanti  ma,  prima  di  poter  fare  questo 

saluto! 

Oggi  giorno  le  donne  scrivono  tutte  un  po' 


—  129  — 

meglio  che  in  passato;  ma  non  basta  saper 
dire  con  certo  garbo  ciò  che  vogliamo  dire; 
ma  non  basta  sentire,  a  ventanni  !  qualche 
frullo  d'ala  nella  fantasia,  qualche  fremito, 
qualche  sussulto  nel  cuore,  per  credersi  chia- 
mati dall'Arte  ;  ci  vuol  altro  !  Guardiamoci  dal 
dilettantismo,  anche  qui.  L'arte  è  una  grande 
cosa,  alla  quale  bisogna  accostarsi  con  infinito 
rispetto  e  grande  timore.  Per  ora,  bimba  mia, 
tu  non  devi  cedere  alle  sue  attrattive,  se  non 
per  amarla;  amarla  umilmente,  vivamente,  e 
senza  vanità,  senza  egoismo.  Io  sono  convinta 
che  nell'arte  vera  è  una  funzione  educativa 
permanente. 

In  Inghilterra  Carlyle,  Ruskin  non  sono  con- 
siderati solo  come  scrittori,  come  artisti,  ma 
anche  e  sovrattutto  come  insigni  maestri  della 
vita,  come  ispiratori  di  nobili  ideali  nella  con- 
dotta individuale  e  nazionale. 

Sta  alla  donna,  lasciamelo  dire  ancora  una 
volta,  sta  alla  donna  di  amare  questi  maestri, 
di  farli  conoscere  intorno  a  sé,  di  restituire  la 
vera  poesia  alla  umanità,  che  oggi  affonda  nel 
positivismo.  La  vita  per  molti  è  ormai  un  dimen- 
ticare la  esistenza  della  propria  anima,  di 
questa  stella,  che  vien  di  lontano,  e  che  avrà 
altrove  il  suo  pieno  fulgore.  Oblioso  di  questa 
stella,  avido  di  molte  cose  malsane,  l'uomo  sta 

/ 

9  —  L'intima  gioia 


—  130  — 

nel  mondo  come  un  carcerato  sul  quale  le 
ombre  si  addensano;  ombre  di  cupidigia,  di 
menzogna,  di  neghittosità.  Dio  voglia  che  qualche 
anima,  che  ancora  qualche  anima  di  sposa,  di 
madre,  di  sorella,  conservi  un  po'  di  lume  di 
poesia,  veda  d'onde  essa  piove,  e  la  colga  nella 
sua  purezza  e  nella  sua  forza. 

lo  non  so  se  con  queste  parole  sia  riuscite 
nel  mio  intento. 

Riassumerò  cosi:  Scrivere  per  intrecciare 
fiori  di  letteratura,  è  dilettantismo  che  molte 
donne  oggi  saprebbero  fare,  volendo.  Ma  di 
questo  non  abbiamo  bisogno.  Scrivere  bisogna 
quando  grandi  ideali  e  forti  pensieri  ci  urgono, 
fremono  dentro  di  noi,  ci  fanno  forza  ! 

Pochissimi  sono  i  chiamati  così.  E  coloro  che 
lo  sono  devono  esser  ben  conscii  dell'alta  respon- 
sabilità che  si  assumono. 

Nel  caso  tuo,  il  tempo  risolverà  la  questione 
Sei  troppo  giovane,  per  ora:  hai  vissuto  troppe 

poco,  ricordi  troppo  poco Ma  se  bisogna  andai 

cauti  nel  cedere  a  certe  illusioni  e  speranze,  se 
stenterò  a  lungo  nel  pronunziarmi  per  ciò  che 
ti  riguarda,  su  questo  punto,  ti  dico  nondimene 
che  non  esito  neanche  un  minuto  ad  incorag- 
giarti sull'amore  e  sul  culto  della  vera  poesia 


LETTERA  XIII. 


Mariolo  a  sua  Madre, 


Cara  mamma, 

Come  mi  piace,  sempre  più,  Donna  Adriana  ! 
Da  qualche  tempo  Candida  è  a  Roma,  presso 
una  sua  zia,  ed  io,  se  non  esco  colla  nonna, 
faccio  in  modo  di  andare  dall'amica  tua,  di 
starle  insieme  il  maggior  tempo  possibile.  Presso 
di  lei  cresce  a  mille  doppi  il  desiderio  di  lavo- 
rare, di  adoperarsi  pel  nostro  prossimo. 

La  sua  opera  caritatevole  prende  proporzioni 
grandiose;  ella  s'è  data  tutta  all'azione  sociale: 
anima  e  corpo;  pensiero,  tempo  e  sostanze. 

«  Le  classi  lavoratrici  soffrivano  »,  mi  diceva 
ieri,  mentre  mi  faceva  visitare  i  locali  del- 
l'Opera, «   bisognava  consacrarsi   ad  esse;  e, 


—  132  — 

«  dal  momento  che  potevo,  non  dovevo  consacrar 
«  loro  solo  qualche  ora  del  mio  tempo,  ma  tutta 
«  la  mia  giornata. 

«  Il  femminismo  mi  fece  a  lungo  studiare, 
«  mediare  ;  finalmente  lo  compresi  cosi,  per 
«  conto  mio  :  Riabilitare  il  lavoro. 

«  In  questo,  come  in  molte  altre  cose,  bisogna 
«  che  l'esempio  venga  dall'alto.  Sta  alle  donne 
«  delle  classi  più  elevate  l'avere  un  più  nitido 
«  concetto  del  loro  dovere.  Bisogna  ritemprare 

<  la  nostra  generazione  nell'amore  del  lavoro 

<  e  dell'ordine. 

«  La  salvezza  sta  qui.  E  in  questo  ancora  la 
«  donna  deve  alla  società  una  espiazione. 

«Troppe  volte  ella  è  stata  un  essere  nullo 
«  in  mezzo  alla  famiglia  umana.  La  donna 
«  moderna  e  cristiana  deve  lavorare,  dimostrare 
«  coU'esempio  che  ella  sfugge  i  pericoli  e  i  danni 
«  dell'ozio.  La  vita  è  un  dovere;  non  vive  chi 
«  non  opera,  od  opera  solo  per  soddisfare  il  suo 
«  egoismo  e  la  sua  vanità.  Ogni  essere  umano 
«  è  chiamato  a  studiare  gli  uomini,  le  cose,  e 
«  sé  stesso  ;  a  uscire  un  giorno  dalla  stretta 
«  cerchia  dei  suoi  interessi  personali,  per  ?er- 

<  vire  Dio  e  i  suoi  fratelli  con  generoso  cuore  ». 
Donna  Adriana  ha  organizzato  e  dirige  due 

scuole.  Una  di  giovani  operaie:  una  di  signorine 
che  imparano  ciò  che  devono  insegnare. 


—  133  — 

Ella  dice  che  da  troppo  tempo  la  donna,  anche 
quella  sinceramente  pia,  è  un  soldato  di  Dio 
pauroso  e  neghittoso,  che  si  contenta  di  tacere 
e  di  sospirare,  e  diserta  la  huona  causa,  od 
almeno  non  la  difende,  non  arde  di  nessun 
entusiasmo  per  farla  amare  e  conoscere. 

È  stata  all'ultimo  congresso  femminile,  e  ne 
ritornò  colla  convinzione  che  la  donna  catto- 
lica ha  bisogno  di  molto  studiare  e  lavorare. 

Ci  sono  delle  forze  nuove,  fuori  della  nostra 
cerchia,  forze  più  o  meno  disciplinate,  ma  indi- 
scutibili. 

Ci  sono  donne  armate  di  parola  facile,  agile 
e  chiara,  donne  che  hanno  molto  studiato,  tutto 
letto  e  tutto  veduto,  che  hanno  più  volte  affron- 
tato cimenti  di  cui  la  donna  cattolica  non  ha 
più  nessuna  idea 


La  nonna  è  in  letto  da  qualche  giorno;  nulla  di 
grave,  proprio  nulla,  dice  il  dottore,  ma  io  sono 
molto  turbata  dalle  nuove  e  difficili  incombenze, 
faccende,  responsabilità,  che  mi  sono  piombate 
addosso  ! 

E  anche più  abbiamo  da  fare  insieme,  più 

trovo  diffìcile  di  contentare  la  povera  nonna. 

Io  sono  forse  stata  assuefatta  troppo  bene 


—  134  — 

0  troppo  male  !  La  tua  bontà,  il  tuo  modo  largo 
e  generoso  di  interpretare  le  cose  e  me  stessa, 
la  tua  avversione  per  tutto  ciò  che  anche  lon- 
tanamente somiglia  al   convenzionalismo,  alla 

pedanteria,  la  tua  indulgenza che  non  era 

però  debolezza!  mi  hanno  fatto  male  in  questo 
senso,  che  io  diffìcilmente  mi  piego  a  certa 
rigidità  di  forma.  Per  giunta,  tu  sei  cosi  poco 
egoista,  mamma,  pensi  sempre  tanto  agli  altri 
e  cosi  poco  a  te  stessa,  che,  quasi  senza  avve- 
dertene,  ti  addossavi  tutte  le  faccende  più  noiose 
della  casa,  a  me  non  lasciavi  che  le  più  facili, 
le  più  leggere,  ed  ora  che  mi  tocca  surrogare 
la  nonna  in  tante  cose,  mi  trovo  impacciata, 
infastidita;  più  volte  non  la  contento,  né  essa 
fa  molti  giri  di  parole  per  dirmelo!  Onde,  da 
parte  mia,  piccoli  scatti  d'impazienza,  qualche 
volta  pianti,  nel  segreto  della  mia  camera 

Vi  sono  dei  momenti  in  cui  più  nulla  mi 
va  a  versi.  Ieri  V  altro  la  zia  Celine  aveva 
a  pranzo  il  grande  F.  Io  ero  seduta  proprio 
in  faccia  al  nobile  vecchio  scrittore.  Tu  che 
conosci  la  mia  grande  ammirazione  per  lui,  tu 
sola  puoi  immaginare  la  mia  gioia  commossa  ! 
Durante  tutto  il  tempo  del  pranzo  non  feci  che 
dire  e  ripetere  in  cuor  mio  le  parole  colle  quali, 


—  135  — 

appena  la  zia  mi  avrebbe  condotta  a  lui,  io  gli 
avrei  manifestato  il  mio  animo  riconoscente; 
osi,  così  riconoscente  verso  colui  che  tante  vie 
mi  dischiuse  nel  regno  del  pensiero. 

Ah!  ma  se  tu  credi  che  io  sia  poi  venuta  a 
apo  di  proferire  una  sola  di  quelle  parole  è 
segno  che  tu  non  conosci  ancora  bene,  ancora 
iutta  la  tua  Marida. 

Vedo,  vedo  ancora  i  piccoli,  profondi,  stanchi 
)cchi  di  quel  pensatore,  posarsi  su  di  me  con 
ma  specie  di  muta  interrogazione.  Che  cosa 
iTolevo?  Perchè  la  zia  m'aveva  condotta  a  lui, 

;e  poi   io   nulla   avevo  a  dirgli? a  rispon- 

lergli,  anzi,  poiché  egli  mi  parlò  a  più  riprese, 
;on  quella  sua  voce  lenta,  chiara  e  pene- 
rante,  piena  di  affabile  bontà  verso  la  mia 
giovinezza. 

Ma  io,  mai  nulla,  mai  nulla pareva  che 

1  mio  cervello  fosse  vuoto.  Avrà  capito,  mamma, 
^vrà  saputo  attribuire  a  timidezza,  anziché  ad 
mbecillità,  il  mio  silenzio,  le  mie  poche  parole 
)albettate  a  stento?  Egli  é  proprio  l'uomo  che 
mmaginavo  dai  suoi  scritti.  Ogni  sua  parola 
■acchiude  qualcosa  che  fa  pensare,  ha  una  into- 
lazione  speciale,  un  che  di  raccolto  e  di  buono, 
kla  egli  non  contentò  molto  la  zia  Celine,  che 
0  aveva  invitato  pel  grande  desiderio  che  ha 


—  136  — 

di  aprire  una  strada  a  suo  marito  nel  mondo 
letterario-politico,  di  mettere  un  po'  in  evidenza, 
come  ella  dice,  quel  povero  zio  Marco,  che  è 
troppo  orso.  Egli  è  uno  studioso  di  storia  let- 
teraria; egli  pubblica  qualche  volta  (ma  rara- 
mente, troppo  raramente,  secondo  la  zia)  i  suoi 
lavori,  e  non  sa  far  quattrini,  a  quanto  pare. 
Ella  vorrebbe  vincere  quella  specie  di  ritrosia, 
di  lentezza,  e  lo  spinge,  lo  trascina  a  serate,  a 
ritrovi  ed  adunanze  ;  per  amore  di  lui  e  della 

famiglia,  credendo  di  far  bene proclama  ella. 

Ora,  Celine  sperava  che  il  poeta  F.  avrebbe 
saputo  indurre  lo  zio  ad  accettare  queste  idee, 
che  dovrebbero  assicurare  un  successo  più  sicuro 
e  pronto  —  «  Il  mondo  è  di  chi  se  lo  piglia  » 
—  ella  spesso  dice. 

Ma  pare,  così  almeno  mi  narrò  la  zia  Celine, 
che  quando  tutti  gli  altri  invitati  se  ne  furono 
andati,  il  grande  scrittoi^e  abbia  parlato  in  beu 
altro  modo.  Con  molta  cortesia,  con  qualche 
leggero  sorriso,  che  ella  interpretò  di  compa- 
timento, il  poeta  manifestò  idee  opposte  a  quelle 
della  zia;  cioè  che  i  clamori  sono  inutili,  che 
la  celebrità  non  s'acquista  andando  in  giro  pei 
salotti  e  nelle  feste,  e  nei  pranzi,  dove  si  fanne 
brindisi:  che  l'uomo  veramente  amante  delle 
studio   aborre   con   ragione   ogni  chiassosità; 


—  137  — 

che  Tunica  opera  di  valore  è  quella  nata  spon- 
taneamente, elaborata  con  lentezza,  manifestata 
non  per  amore  della  gloria  e  del  guadagno, 
ma  per  amore  delTidea;  che  finalmente  nessun 
merito  è  vero  e  durevole,  se  non  cresce  nel 
silenzio  e  nella  solitudine. 

Buoni  pensieri,  nevvero  ? che  non  piacquero, 

come  dissi,  alla  zia  Celine,  ma  che  piaceranno 
certo  a  te. 

Ora  io  volli  discorrere  di  tutte  queste  cose 
colla  nonna:  ma  pareva  ella  non  mi  com- 
prendesse. 

A  proposito  della  mia  timidezza,  mi  disse,  un 
po'  bruscamente,  che  essa  è  sempre  figlia  di 
un  troppo  raffinato  desiderio  di  piacere  ;  mi 
raccomandò  di  fantasticare  meno,  di  andare 
anche  un  po'  meno  fuori,  da  donna  Adriana, 
alle  conferenze,  ecc.,  e  di  pensare  di  più  alle 
faccende  di  casa,  che  per  ora  ella  non  può 
sbrigare 


LETTERA  XIV. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  Mariola, 


Bisogna  dunque  ch'io  sgridi  la  mia  piccola, 
grande  Mariola?  Che  è  mai  questa  specie  di 
malcontento  dal  quale  ti  lasci  cogliere  ?  Bimba, 
non  esser  triste,  sai!  La  tristezza  è  una  brutta, 
una  gretta,  un'arida  uosa,  che,  quando  penetra 
nel  cuore,  fa  tanto  male.  Bisogna  liberarsene 
subito,  perchè  è  una  specie  d'intossicamento 
che  entra  in  tutte  le  vene.  Quando  si  è  triste, 
non  si  desidera  nulla  di  buono  e  di  bello,  si  è 
come  ridotti  alla  incapacità. 

Adempiere  il  nostro  dovere?  Adoperarsi  per 
far  piacere  ai  nostri  cari?  Impossibile!  Siam 
tristi!  Ai  tristi  non  bisogna  nulla  domandare, 
né  per  sé,  né  per  gli  altri,  né  per  Dio. 


—  140  — 

Ieri  avrei  voluto  rispondere  subito  alla  nonna, 
che  mi  scrisse,  ed  anche  a  te,  ma  dovetti  accom- 
pagnare Alfredo  a  San  Pietro.  Pioveva,  nevi- 
cava, la  povera  Grigia  afibndava  nel  fango 
sino  ai  ginocchi,  prendemmo  un  gran  freddo, 
tornammo  a  casa  tutti  fradici,  tutti  stanchi  ed 
affamati;  il  babbo  ci  aspettava  nel  suo  grande 
studio,  accanto  a  un  bel  fuoco,  col  the  pronto, 
ed  ho  pensato  che  qualche  volta  è  davvero 
bene  l'andarsene  da  casa,  anche  solo  per  avere 
poi  il  gran  piacere  di  ritornare  ! 

Ritornerai  anche  tu,  Mariola  mia  ;  ma,  frat- 
tanto, all'opera  con  buona  volontà  ! 

Vedi  come  la  vita  s'incarica  qualche  volta  di 
ammaestrare?  Eri  andata  via  di  qui  con  uno 
scopo  un  po'  egoista,  io  stessa  non  avevo  avuto 
altro  pensiero  che  questo:  fornirti  il  modo  di 
conoscere  la  gente  e  le  Usanze  cittadine,  di 
istruirti  piacevolmente. 

Ora,  ecco  la  nonna  si  ammala,  e,  secondo 
ella  stessa  mi  scrisse,  e  poi  il  dottore  confermò, 
occorre  che  qualcuno  si  dedichi  a  lei  con  affetto, 
stia  con  lei,  la  sollevi  dalle  cure  della  casa, 
finché  ella  sia  ben  rimessa. 

Questo  qualcuno  tuo  padre  desidera  che  sia 
la  sua  Mariola,  ed  è  ben  giusto. 

Ma  dalla  tua  ultima  lettera  m'accorgo  che 


—  141  — 

tu  hai  ancora  bisogno  che  io  ti  dica  qualche 
verità  pratica,  di  quelle  che  appunto  il  babbo 
definisce  verità  a  un  soldo  Vuna, 

Si,  a  un  soldo  Tuna,  finché  si  Yuole,  ma  indi- 
spensabili a  noi  donne. 

Dunque,  tutt'a  un  tratto  Mariola  deve  fare 
la  padrona  di  casa;  ordinare  il  pranzo  e  la 
colazione,  vigilare  i  domestici,  qualche  volta 
ammonirli;  ricevere  per  la  nonna,  tenere  in 
ordine  la  sua  casa,  i  suoi  conti.  Lo  scoglio  più 
grave,  da  quanto  posso  arguire,  sta  nel  fatto 
che  tu  non  trovi  tempo  a  far  tante  cose,  eppure 
non  vorresti  trascurarne  nessuna. 

Il  rimedio  qui  è  vecchio,  ma  è  sempre  effi- 
cace. Metti  ordine  nella  tua  giornata,  non  perder 
tempo,  e,  sovrattutto,  alzati  presto  il  mattino. 

Più  volte  già  fece  capolino  nelle  tue  lettere 
questa  grave  questione  del  tempo. 

Già  era  difficile  prima,  di  attendere  a  tutto; 
ma  ora^  continuare  ad  uscire  colla  zia  Celine, 
frequentare  i  corsi  e  le  conferenze,  passare 
qualche  ora  con  donna  Adriana  e  con  Candida, 

e  poi  curare  la  nonna,  dirigere  la  sua  casa 

come  si  fa? 

Te  lo  ripeto,  bisogna  mettere  un  ordine  chiaro 
nella  nostra   vita   giornaliera;   non    dirò   un 


—  142  — 

orario,  come  in  una  scuola,  ma  un  disegno  di 
vita,  un  regolamento,  si,  è  indispensabile. 

Finora  io  ti  guidai  ;  ma  viene  il  momento  in 
cui  bisogna,  in  un  certo  modo,  prender  possesso 
della  nostra  esistenza.  Tu  devi  trovare  il  tempo 
da  dare  a  Dio,  quello  da  dare  al  prossimo,  e 
quello  da  consacrare  a  te  stessa,  ai  bisogni 
del  tuo  spirito. 

Alzati  dunque  per  tempo  il  mattino,  e  impara 
sin  d'ora  ad  essere  una  laboriosa,  un'attenta, 
una  coscienziosa  padrona  di  casa;  curane  l'or- 
dine, la  pulizia  e  le  spese.  Vedrai  che,  compiuti 
subito  questi  primi  doveri,  tutto  il  rimanente 
della  tua  giornata  si  svolgerà  meglio,  vedrai 
che  troverai  tempo  a  fare  tutto  il  resto.  C'è, 
nell'adempimento  di  ogni  dovere  immediato, 
come  una  forza  centrale,  dalla  quale  sgorgano 
le  forze  innumerevoli  che  devono  sostenerci  a 
traverso  tutta  la  giornata,  forse  potrei  dire  a 
traverso  tutto  il  viaggio  della  vita.  Ora,  che 
uno  dei  primi  doveri  di  noi  donne  sia  quello 
di  reggere  e  sorvegliare  la  casa,  non  può  esser 
messo  in  dubbio.  Nel  caso  che  un  giorno  tu 
avessi  a  essere  madre  di  famiglia,  sappi  che 
la  radice  di  questa  parola  «  madre  »  in  tutte 
le  lingue  conosciute  significa:  misurare,  mode- 
rare, regolare.  Sarà  felice  e  prospera  solo  quella 


>-  143  — 

società  in  seno  alla  quale  la  famiglia  sia  felice 
e  prospera,  e  mai  non  potrà  esser  tale  la 
famiglia,  in  cui  la  donna  che  ne  è  a  capo  non 
sappia  reggerla  con  saviezza,  renderla  cara  ai 
suoi  abitanti,  farne  un  asilo  di  ordine  e  di  pace. 

Trattando  ora  con  inferiori,  dovendo  comin- 
ciare a  comandarli,  ricordati  di  mettere  in 
cima  a  tutti  i  tuoi  pensieri,  a  tutti  i  tuoi  atti, 
questa  massima:  «  Essi  sono  i  miei  fratelli  ». 

Giustizia,  bontà,  dolcezza  dunque,  in  tutto 
quanto  comandi  e  richiedi;  ma  poi,  quando  si 
tratti  di  far  rispettare  l'ordine,  non  scordare 
neanche  mai  quest'avvertimento  di  Massimo 
d'Azeglio:  Il  governo  debole  è  il  peggiore  di 
tutti. 

Saper  bene  ciò  che  vogliamo,  volere  solo  ciò 
che  è  retto  e  ragionevole;  ma,  una  volta  sta- 
bilita una  regola,  espresso  un  comando,  non 
permettere  che  essi  vengan  trasgrediti,  senza 
un  giusto  motivo.  Vedrai  che  la  cosa  non  è 
difficile.  Vedrai  ora  che  le  persone  di  servizio, 
più  tardi  anche  vedrai  che  i  bambini,  amano 
di  esser  guidati  con  fermezza. 

Tra  la  saccente  di  Molière,  mia  cara  Mariola, 
la  saccente  che  ha  un  sorriso  di  commisera- 
zione pour  toutes  ces  misères  che  sono  le  fac- 
cende di  casa e  quell'altro  tipo  di  donna, 


—  144  — 

forse  altrettanto  odioso  e  tedioso,  ch'è  la  pic- 
cola massaia  corta  di  mente,  sprovvista  d'ogni 
coltura,  piccina  di  cuore,  la  donna  che  non 
vede  luce  oltre  Forizzonte  della  sua  dispensa, 
e  col  pretesto  delFordine  e  del  risparmio  rovina 
la  pace  e  l'allegria  di  tutta  la  famiglia,  non 
lascia  respirare  né  il  marito,  nò  i  figliuoli,  né  i 
domestici,  non  sa  discorrere  se  non  della  ^?'a^a 
che  sono  oggi  giorno  appunto  i  domestici,  o  del 
rincaro  del  vitto  ;  tra  questi  due  brutti  esemplari 
di  donna,  c'è  posto  per  una  donna  veramente 
educata,  vigile  e  colta,  la  quale  è  venuta  man 
mano  ampliando  nel  suo  cuore  l'idea  che  ella 
può  fare  un  gran  bene,  nel  curare  la  sua  casa, 
nel  procurare  che  in  essa  ognuno  si  trovi  con- 
tento e  ritorni  volentieri. 

Questa  donna  sarà  anche  venuta  fortificando 
il  suo  spirito  di  quelle  nozioni  d'igiene,  di  eco- 
nomia domestica,  su  cui  ora  la  scienza  dà  avver- 
timenti preziosi.  Conoscere  quanti  germi  maligni 
possono  svilupparsi  nella  mancanza  d'aria,  di 
nettezza  nella  casa;  conoscere  i  cibi  migliori  e 
più  nutrienti,  quelli  più  adatti  agli  infermi,  ai 
bimbi,  ai  vecchi;  sapersi  render  ragione  dei  più 
importanti  fatti  economici  dei  nostri  tempi,  da 
essi  trar  profitto  per  la  regola  della  nostra 
casa,  per  quella  dei  nostri  rapporti  colla  gente 


—  145  — • 

salariata,  avere  un  giusto  concetto  del  danaro, 
cosi  da  non  cadere  né  in  avarizia  né  in  prodi- 
galità ;  ecco  tutta  una  scienza  moderna  che  fa 
buoni  passi,  e  che  la  giovane  donna  non  deve 
trascurare  di  seguire. 

Quante  donne  credono  di  occuparsi  a  dovere 
della  loro  casa,  perché  ad  essa  consacrano  tutto 
il  loro  tempo,  e  invece  riescono  solo  a  far  pren- 
dere in  uggia  Fordine,  il  risparmio  e  persino  la 
pulizia;  quante  credono  di  essere  buone  eco- 
nome e  sono  invece  grette  calcolatrici  e  abusano 
della  loro  condizione  di  padrone,  per  tormen- 
tare, avvilire  i  domestici,  che  trattano  a  priori 
come  tanti  ladri,  dai  quali  si  difendono  a  furia 
di  giri  di  chiavi,  e  dai  quali  assai  spesso  esse 
sono,  poi,  ripagate  con  frodi,  tanto  più  facil- 
mente commesse  in  quanto  alla  tentazione  che 
talvolta  induce  i  servi  a  rubare,  s'aggiunge  il 
gusto  matto  di  farla  a  chi  li  sospetta  e  li  mal- 
tratta. 

Quante  volte  la  donna  che  entra  nel  matri- 
monio senz'avere  un'idea  chiara  del  valore  del 
danaro,  delle  esigenze  della  vita,  ed  anche  di 
tutto  ciò  che  la  vita  moderna,  così  mancante  di 
semplicità,  ha  creato  di  bisogni  fìttizii,  quante 
volte  la  donna  ignorante  —  diciamo  la  parola  — 
riesce  ad  essere  la  rovina  della  sua  casa,  a 

10  -    Z'itatiraa  giaki 


—  146  — 

cagionare  grandi  amarezze  al  marito,  solo 
perchè,  senza  aver  mai  saputo  rendersi  un 
conto  esatto  di  ciò  che  poteva  spendere,  andava 
avanti  col  dire:  «  Questo  bisogna  farlo,  è  il 

puro  necessario ». 

Il  necessario  è  elastico:  una  donna  provvida 
e  intelligente  lo  accorcia  o  lo  allunga,  secondo 
la  possibilità,  secondo  i  mezzi  di  cui  può  disporre. 

Fui  interrotta  dalla  contadina,  che  veniva  a 

pigliar  gli  ordini  per  la  spesa  di  domani 

quando  si  dice  predicare  coir  esempio!!  Ebbene, 
si,  questo  lo  spero,  Marida  mia;  io  sempre  pro- 
curai di  fare  il  meglio  che  potevo,  come  mas- 
saia; anche  vincendo  le  mie  tendenze  più 
spiccate.  Ci  sono  riuscita  a  darti  il  buon  esempio? 
Si  dice  che  solo  col  camminar  diritto  noi,  s'in- 
segna agli  altri  a  procedere  dirittamente;  dunque 
spererò  ! 

Io  amo  ed  ho  sempre  amato  le  cose  dello, spi- 
rito, leggere,  scrivere,  lasciar  fluire  l'anima  mia 
in  un'anima  amica  ;  ma,  non  tralasciando  mai, 
ogni  mattina,  di  far  subito  tutto  quanto  occoi 
reva  fare  come  padrona  di  casa,  posso  dire  che 
dopo,  in  questa  mia  casa,  disposta  con  ordine, 
nella  pace  che  vedevo  riflessa  sui  volti  dei  miei 
cari,  mi  tornavano  più  graditi  e  profondi  i 
piaceri  spirituali  che  mi  concedevo. 


—  147  — 

La  vita  umana  è  molteplice  nelle  sue  forme  : 
Disegna  imparare,  fin  dalla  tua  età,  a  viverla 
Dene,  tutta.  Vita  del  corpo,  vita  della  intelli- 
genza, vita  dell'anima:   noi   non  abbiamo  il 
liritto  di  lederne  nessuna  ;  né  possiamo  sempre 
icinderle  ;  ma  dobbiamo  viverle  tutte  e  tre  in 
ina  santa  e  bella  armonia. 
Per  questo  bisogna  fuggir  l'ozio. 
<   Siate  laboriose,  »   andava  continuamente 
icendo  Ruskin  alle  fanciulle  del  suo   paese: 
credetemi,  quali  si  siano  i  vostri  difetti,  uno 
n  realtà  ha  unHmportanza  capitale:  Vozio. 
Iddio  non  ama  gli  oziosi,  il  suo  grande  pre- 
etto è:  «  Lavorate  mentre  avete  la  luce  ». 
Alzati,  Mariola,  alzati  e  lavora,  mentre  hai 
a  luce,  la  forza,  la  salute.  Alzati  e  lavora,  non 
erder  tempo.  Vedrai  il  miracolo! 
La  donna  alacre  e  laboriosa  acquista  a  poco 
poco  tali  abitudini  di  destrezza,  di  semplicità 
di  ordine,  che  essa  riesce  a  tutto  compiere; 
pera  prodigi  nella  economia  del  tempo,  per 
lodo  che   finisce  persino  col  non  avere,  od 
Imene,  col  non  parere  di  aver  fretta  ;  a  quel 
lodo  medesimo  che  chi  è  ordinato  nelle  sue 
,pese  non  pare  povero,  anche  se  non  è  ricco. 
Certo  l'adempimento  di  tutti  i  doveri  dome- 
tici,  fra  i  quali  molti  sono  piccini,  umili,  qualche 
olta  grossolani,  diverrà  grande  solo  ad  un  patto: 


—  148  — 

quando  la  buona  massaia  sia  la  donna  amorosa 
e  la  buona  cristiana.  Ogni  cosa  bisogna  fare 
rivolgendo  tratto  tratto  gli  occhi  oltre  il  nostre 
basso  orizzonte,  e  allora  più  nulla  sarà  piccine 
0  volgare;  —  la  religione  a  tutte  queste  cose  sia 
sole  —  disse  il  Tommaseo  —  e  tutte  n'avrannt 
calore,  splendore,  movimento. 

Molti  giorni  trascorsero  senza  ch'io  potess 
mai  ritornare  qua  nel  mio  cantuccio,  dove  pensc 
a  te,  ti  scrivo,  lavoro  in  qualche  modo  in  ispiritc 
con  te.  E  tu  neanche  non  m'hai  più  scritto 
Ma  non  ti  sgriderò,  immagino  che  anche  a  t( 
sarà  mancato  il  tempo.  Il  babbo  è  stato  nelh 
impossibilità  di  leggere,  per  alcuni  giorni, 
causa  di  un  leggero  mal  d'occhi,  che  ora,  pei 
fortuna,  è  scomparso;  e  io  leggevo,  scrivev( 
per  lui,  discorrevo  con  lui.  Alfredo  non  e 
lasciava  quasi  mai:  la  fiamma  del  camino  fi 
pensare  e  ricordare,  invita  alle  confidenze, 
allora  nascono  le  lunghe  e  buone  conversazioni 

Queste  piacciono  anche  a  te,  non  è  vero? 

Si  discusse  a  fondo  sull'avvenire  di  Alfredo 
sul  suo  lavoro  futuro.  Egli  vorrebbe  poter  la 
vorare  in  campagna.  E  tuo  padre  lo  approva;  gì 
consiglia  di  fissare  la  sua  dimora  a  San  Pietre 
dove  egli  ha  i  suoi  terreni,  la  sua  casa,  e  dov( 
in  questo  momento  si  stanno  iniziando  molt 


—  149  — • 

lavori,  dei  quali  egli  potrebbe  assumere  una 
parte  di  direzione.  Il  babbo  gli  consiglia  di  star 
qui,  sovrattutto  perchè  egli  nutre  per  Alfredo 
il  desiderio  che,  col  tempo,  egli  possa  fare  del 
bene  al  suo  paese,  anche  politicamente. 
Da  troppo  tempo  —  dice  il  babbo  —  s'insegna 

tlla  gioventù  a  lavorare  solo  pei  proprii  inte- 
essi  individuali,  o  per  quelli  della  piccola  fa- 
niglia.  È  ora,  invece,  che  s'insegni  ai  figliuoli 
i  non  rifuggire  dalle  cariche  pubbliche;  non 
}er  ambizione,  ma  per  fare  del  bene  quanto 
3iù  si  può,  e  per  evitare  ai  male  intenzionati 
li  nuocere,  di  trafficare  a  loro  prò.  Un  uomo 
'etto,  al  potere,  può  essere  propugnatore  dei 
giusti  diritti  degli  umili,  giudice  equo  delle  con- 
ese  di  parte,  metter  fine  agli  abusi,  riparare 
bile  ingiustizie,  opporsi  alle  prepotenze,  ottenere 
lobili  vittorie  contro  le  pedanterie,  i  soprusi 
urocratici,  i  loschi  compromessi,  le  ignavie  di 
anti. 

Chi  non  ha  un  immediato  bisogno  di  procac- 
iarsi  da  vivere  dovrebbe  sentire  questo  dovere 
i  lavorare  pel  proprio  paese,  non  essere  indif- 
arente  del  Governo.  Nelle  nazioni  più  prospere, 
j  a  Inghilterra,  per  esempio,  chi  è  ricco,  si  occupa 
i  politica,  è  cosa  che  va  da  sé.  E  noi  donne 
ovremmo  comprenderla  questa  necessità,  non 
ià,  lo  ripeto,  per  ambizione,  non  già  per  in- 


—  150  — 

citare  gli  uomini  ad  emergere,  a  raggiungere 

un  posto  lucroso In  questo  lo  scrittore  F.  ha 

pienamente  ragione  contro  la  zia  Celine:  — 
tirare  al  guadagno,  pensare  che  il  mondo  è  di 
chi  se  lo  piglia,  ecco  la  rovina  morale  della 
nostra  società;  e  dalla  quale  anche  noi  donne 
dovremmo  lavorare  a  risollevarci,  smettendo 
appunto  di  gridare,  in  casa,  ai  nostri  mariti 
ai  nostri  figliuoli,  ai  nostri  fratelli  :  «  Sbriga- 
tevi! assicuratevi  un  posto,  sacrificando  ideal 
e  fedi,  pur  di  giungerlo!  —  Noi  d6vremm( 
invece  ricordare  le  madri  dei  nostri  miglior 
e  più  illustri  uomini  di  Stato,  le  donne  di  cas^ 
Alfieri,  di  casa  d'Azeglio,  e  non  già  anfaneg 
giare  a  vuoto  in  un  falso  patriottismo,  ma  pre 
parare,  nei  giovani,  deg  li  uomini  futuri,  integr 
e  saldi,  e  ispirar  loro  un  sacro  disgusto  pe 
tutti  quei  procaccianti  che  nella  cosa  pubblio; 
vedono  un  mestiere,  un  guadagno.  ^ 

Di  casa  Alfieri,  delle  sue  donne,  ci  giunse  ap 
punto  un  bellissimo  libro,  or  sono  pochi  giorn 

Le  lettere  di  queste  donne  ai  loro  figli,  ai  lor 
mariti,  ci  fan  rivivere  nel  passato,  hanno  un 
vividezza  mirabile  di  particolari.  Noi  slam 
nelle  loro  case,  nei  loro  salotti,  fra  i  lor 
amici  ;  udiamo  le  loro  voci.  E  da  queste  lettor 
spira  una  tal  forza  di  abnegazione,  risoluta 
femminea  insieme,  esse  mostrano  tale  una  con 


—  151  — 

pattezza  morale,  una  cosi  intima  fusione  di 
sentimenti  religiosi,  famigliari,  e  patriottici,  da 
commuovere  l'animo  di  rimpianto,  quasi!  da 
far  esclamare,  appunto  come  esclama  qualche 
volta  la  nonna  —  «  allora  si  viveva!  » 

Io  mi  sono  anche  domandato,  leggendo  quel 
libro,  quali  esempi  abbia  da  opporre  la  nostra 
società  moderna  a  quelle  granitiche  formazioni 
di  virtù  e  di  sacrifizio. 

Dio  sa  ch'io  non  sono  una  dispregiatrice  dei 
tempi  nuovi,  ch'io,  anzi,  credo  nel  cammino 
delle  idee,  nel  loro  inarrestabile  cammino; 
credo  nel  progresso  della  umanità:  ma  spesso 
anche  giova  di  volgere  uno  sguardo  indietro, 
per  meglio  andare  avanti,  per  meglio  renderci 
conto  di  ciò  che  sia  la  gioia  intima  della  vita. 

La  gioia  intima,  Mariola  mia,  ecco,  sovrattutto, 
ciò  che  possedevano  quelle  donne  di  fede  ;  ecco 
ciò  che  si  può  sempre  trovare,  anche  in  mezzo 
alle  più  grandi  traversie  e  tribolazioni.  Vorrei 
che  tu  la  conoscessi,  questa  gioia,  e  che  mai  più 
essa  ti  abbandonasse.  Essa  ci  viene  dal  fondo 
della  coscienza,  quando  sentiamo  di  vivere  per 
qualcosa  di  più  alto  di  noi,  alFinfuori  di  noi, 
del  nostro  egoismo. 

L'egoista  non  vive;  poiché  vivere  vuol  dire 
svilupparsi,   agire,  ascendere,   ingrandirsi;   e 


—  152  -^ 

l'egoista  sta  tutto  racchiuso  in  sé,  finché  si 
rimpicciolisce,  si  rattrappisce. 

In  quest'attività,  Mariola,  che  spinge  a  uscir 
fuori  dal  nostro  io,  in  questo  desiderio  di  ser- 
vire, di  far  del  bene  agli  altri,  si  prova  a  poco 
a  poco  una  tale  consolazione  che  più  nulla  e 
nessuno  può  rapirci.  E  cosi  vivendo,  così  oprando 
e  vibrando,  poco  importa  se  il  lavoro  sarà 
umile,  in  gran  parte;  se  molte  ore  della  tua 
giornata  scorreranno  nel  disbrigo  di  faccende 
materiali  :  la  luce  del  tuo  cuore,  Vintima  gioia, 
le  farà  belle. 

Quel  santo  che  stava  rigovernando  in  cucina, 
quando  gli  andarono  ad  offrire  il  cappello  car- 
dinalizio, disse  che  l'avevano  disturbato  mentre 

il  suo  cuore  cantava  tanto  bene proprio  come 

un  rivoletto  nel  marzo,  quando  il  sole  ne  scioglie 
il  gelo ^ 

La  vita  é  bella  o  brutta,  a  seconda  di  ciò 
che  sappiamo  metterci  dentro. 

Ma  é  l'eterna  vicenda  :  bisogna  saper  morire, 
per  vivere  !  Morire  al  nostro  io,  ai  nostri  me- 
schini desiderii  personali. 

La  felicità  passa  velata  accanto  a  noi,  ci 
sflora  col  fruscio  dei  suoi  veli,  e  noi  non  ce  ne 
accorgiamo. 

Ci  passa  d'accanto,  additandoci  qualche  bene 
da  compiere,  qualche  cima  da  giungere,  lascian- 


—  153  — 

doci  cadere  in  fondo  all'anima  un  suono  nuovo, 
un  germe  d^idea;  e  noi  la  lasciamo  sfuggire 
quando  non  sappiamo  oprare  quel  bene,  non 
sappiamo  avviarci  su  per  l'erta,  non  sappiamo, 
da  quel  suono,  da  quel  germe,  far  sbocciare 
nessun  fiore  di  carità  e  di  poesia. 

Pensavo  cosi,  un  giorno,  tornando  da  San 
Pietro,  dove  son  giunti  alcuni  calabresi  e  sici- 
liani. Il  gran  convento  dei  frati  è  vuoto:  vi 
hanno  ricoverati  quei  disgraziati.  Ebbene,  da 
ogni  banda  del  paese  si  era  accorsi  a  visitarli, 
a  soccorrerli.  Ma  poi,  quasi  tutti  uscivan  di  là 
col  medesimo  sorriso  di  disprezzo  sulle  labbra  : 
—  «  Si  sa son  meridionali  » 

È  cosi.  Si  diedero  per  loro,  da  tutta  Italia, 
da  tutto  il  mondo,  montagne  di  danaro. 

Il  paese  per  loro  s'è  smunto,  s'è  esaurito; 
sì,  si,  vero,  verissimo!  Ma,  nei  nostri  salotti, 
tra  noi,  a  quattr'occhi,  la  parola  è  sempre 
questa:  <  Son  meridionali  !  »  Cioè,  non  c'è  nulla 

da  sperare,  son  fannulloni,  accattoni,  poltroni 

Non  abbiamo  vergogna  di  parlar  cosi  dei  nostri 
fratelli! 

Poiché,  ci  pensiamo?  Sono  i  nostri  fratelli. 

Una  sciagura  grande,  immensa,  ma  una  scia- 
gura materiale,  doveva  sopraggiungere,  a  due 
riprese  in  breve  spazio  di  tempo,  per  sve- 
gliarci ;  la  miseria  morale  di  quegli  italiani, 


—  154  — 

che  durava  da  tanto,  ci  aveva  lasciati  sempre 
freddi,  muti  e  sterili.  Non  pensavamo,  forse 
fingevamo  d'ignorare  che  laggiù,  in  quelle  de- 
liziose regioni  abbandonate  avevamo  fratelli  da 
istruire,  da  incivilire.  Ora  si  spera  per  tutti, 
pei  malvagi,  pei  delinquenti;  si  spera  che  tutti 

siano  capaci  di  migliorare,  di  rialzarsi e  il 

nostro  cuore  mai  non  s'era  aperto  all'ideale 
di  far  conoscere  più  bontà,  più  luce  a  quegli 
italiani  che  giacevano  nella  ignoranza! 

Ah  !  non  è  lavoro  di  un  giorno,  né  d'un  mese, 
né  d'un  anno,  lo  so  !  Ma  noi  dobbiamo  lavorare, 
ora  che  abbiam  cominciato  un  poco  !  dobbiamo 
continuare  a  lavorare  con  tutto  il  nostro  cuore 
e  tutta  la  nostra  intelligenza,  per  quei  disgra- 
ziati :  dobbiamo  ascoltare  la  voce  nuova  che 
s'è  fatta  sentire  in  noi,  non  lasciarla  affie- 
volire, intenderla  tutta,  e  non  dimenticare  pi(i 
la  grande  parola  di  M.  d'Azeglio:  Ora  che 
l'Italia  è  fatta  bisogna  fare  gli  Italiani, 

Vedi,  Marida,  mentre  ti  scrivo,  l'idea  della 
patria  par  che  riviva  più  giovanilmente,  più 
vigorosamente  in  me.  Guai  alla  nazione  che 
lascia  spegnere  nelle  sue  vene  la  luce  di  certe 
parole:  ve  ne  sono  di  quelle  che,  quasi  senza 
fermarsi  nell'intelletto,  scendono  diritto  al  cuore,, 
e  lo  infiammano,  lo  esaltano. 

Tali  sono  le  parole:  onore,  patria! 


—  165  — 

L'amore  del  paese  nel  quale  Iddio  ci  ha  posti 
per  operare,  amare,  soffrire,  e  sperare è  nel- 
l'ordine ideale  della  natura  umana:  nell'idea 
della  patria  terrestre  è  il  presentimento  della 
patria  celeste:  quest'amore  può  e  deve  esten- 
dersi, purificarsi,  spiritualizzarsi,  a  traverso  i 
secoli,  ma  non  mai  morire  negli  uomini. 

Amiamo  adunque  la  nostra  Italia  benedetta, 
irradiata  già  dall'amore  di  tanti  suoi  figli  che 
per  la  sua  salvezza,  la  sua  unità,  sopportarono 
le  angustie  dell'esilio,  furono  alle  prese  col 
bisogno,  subirono  le  aspre  tanaglie  della  oppres- 
sione, della  tortura,  e  diedero  per  lei  la  vita. 

Bada,  ti  accadrà  più  volte,  se  mostrerai  di 
accenderti  di  entusiasmo,  ti  accadrà  di  scorgere 
un  sorriso  di  compassione,  quasi  di  scherno,  sul 
volto  di  certe  persone. 

Ma  non  importa!  Tu  sii  accesa,  sii  pura,  sii  '" 
giovane  davvero  !  Intorno  a  chi  ama  la  luce  e 
la  bellezza  si  riuniscono  molti  nemici,  molti 
BARBARI,  come  li  chiama  un  acuto  spirito  mo- 
derno. È  il  destino  di  chi  entra  nel  mondo  con 
qualche  ideale  nel  cuore,  di  vedersi  schernito 
e  osteggiato  dagli  arrivisti,  dagli  opportunisti, 
da  tutti  coloro  che  ambiscono  solo  a  star  comodi, 
che  amano  il  quieto  vivere. 

Da  questi  opportunisti  facilmente  udrai  pa- 


--.  166  — 

role  disanimate  e  disamorate  d'ogni  cosa Per 

loro  la  libertà  è  una  maschera,  la  conquista 
delle  idee  una  illusione,  al  posto  dell'entu- 
siasmo pongono  il  vile  espediente,  al  posto  del- 
l'amore del  vero  e  del  bello,  l'amore  delle  ric- 
chezze; e  smarriscono  ogni  senso  superiore  della 
vita 

Manifestati  certi  miei  pensieri  a  tuo  padre, 
egli,  l'uomo  delle  risoluzioni  pratiche,  mi  con- 
sigliò di  ascoltare  subito  quelle  voci  che  m'erano 
passate  nel  cuore.  Tra  quelle  famiglie  Calabre 
e  sicule,  vi  sono  molti  ragazzi  ;  è  bene  pensare 
ad  istruirli,  dedicar  loro  ogni  giorno  qualche  ora. 
E  cosi  ho  cominciato  a  fare.  Son  da  capo 
maestra,  come  quando  tu  e  Alfredo  eravate 
ragazzi;  io  del  resto  ho  sempre  avuto  una  incli- 
nazione speciale  per  questa  umile  professione; 
insegno  volentieri  anche  ai  bambini  più  piccoli. 
Ora  vado  laggiù  nella  grande  stanza  squallida 
dove  son  riuniti  i  miei  allievi,  e  mi  pare  che 
cominciamo  ad  intenderci,  forse,  un  giorno,  chi 
sa?  tornando  nei  loro  paesi,  queste  creature 
porteranno  seco  qualche  seme  di  forza,  di  buona 
volontà,  che  darà  frutti? Dio  lo  voglia! 


(9©©©©©©©©©©®© 


LETTERA  XV. 


Mariolo  a  sua  Madre. 


Grandi  cose  si  sono  passate,  mamma,  nella 
camera  in  penombra  della  nonna!  Ma,  anzi- 
tutto, il  miglioramento  di  cui  già  facevo  cenno 
al  babbo,  ya  sempre  più  accentuandosi,  sono  lieta 
tanto  di  poterlo  constatare!  La  nonna  dice  che 
ha  però  sempre  grande  bisogno  di  me,  e  comincio 
a  crederlo,  poiché  comincio  a  impratichirmi  un 

poco  in  tante  cose,  e  posso  meglio  servirla,  ma 

ma  se  la  mia  compagnia  le  piace,  se  desidera 
ch'io  stia  con  lei,  perchè  poi  questa  cara  nonna 
ha  fatto  quel  che  ha  fatto? 

Ha*  voluto  cercare  di  accasarmi,  come  dice  lei. 

Sicuro!  Stammi  a  sentire: 

Da  alcuni  giorni  venivano  per  casa  due  signore 
che  non  conoscevo:  qualche  volta  colla  zia 
Còline,  qualche  volta  accompagnate  dalla  vecchia 


—  158  — 

signora  L.,  cugina  della  nonna:  una  signora 
amata,  accarezzata  da  tutte  le  mamme  che 
han  figliuole  da  marito,  perchè  ha  fama  di  saper 
combinare  dei  matrimonii,  e  d'avere  la  mano 
felice,  come  dice  la  nonna.  Seppi  poi  che  quelle 
altre  signore  erano  due  zie  del come  lo  chia- 
merò? Mio  pretendente? 

Intanto  la  nonna  veniva  preparando  terreno. 

Discorreva  delle  grandi  difficoltà  che  vi  sono 

oggigiorno  ad  accasare  bene  una  figliuola 

della  necessità  che  le  signorine,  giunte  sui 
vent'anni,  mettan  giudizio,  non  sognino  cose 
impossibili un  coeur  et  une  chaumière. 

—  Ma  che  bisogno  c'è  di  prender  marito  — 

rispondevo  io  —  a  meno  che (questo  a  meno 

che  lo  spiegherò  poi  più  volentieri  a  te  che  alla 
nonna,  o  mia  dolce  Mammina  !). 

—  Brava  !  —  stringeva  la  nonna  —  ma  non 
sai  che  i  genitori  non  vivono  eternamente?  Che 
la  donna,  tranne  il  caso  in  cui  abbia  la  voca- 
zione religiosa,  non  può  affrontare  da  sola  la 
vita,  che  ella  è  un  essere  debole  per  natura? 
Dicasi  pure  il  contrario  quanto  si  vuole,  è  così! 
La  donna  ha  bisogno  di  appoggio,  di  aiuto. 

—  Mi  pare,  non  so che  la  mamma  non 

abbia  in  tutto  queste  idee;  ma,  ad  ogni  modo, 
e  il  rimedio,  nonna? 


—  169  — 

—  I  parenti  hanno  il  dovere  di  pensare  ad 
accasare  la  fanciulla,  mia  cara. 

—  Trovarle  un  marito?  oh meglio  lasciarlo 

venire se  deve  venire. 

—  È  uno  sbaglio,  bimba  mia,  uno  sbaglio  che 
ora  la  gioventù  fa  troppo  spesso.  E  mi  spiego. 
Bisogna,  se  un  matrimonio  ha  da  riuscir  bene, 
bisogna  far  le  cose  con  riflessione,  con  giudizio, 
con  quella  esperienza,  che  reca  l'età:  dunque 
bisogna  saper  combinare  il  matrimonio.  Com- 
binarlo, considerando  molte  cose,  e  non  ultime, 
diciamolo  pure,  le  sostanze,  il  danaro,  insomma! 
Una  gran  cosa  che  è  impossibile  disprezzare 

È  inutile  dissimularselo.  Nella  casa  di  due 
sposi,  nella  quale  le  risorse  pecuniarie  siano 
troppo  scarse,  la  poesia  non  vai  più  nulla.  L'al- 
loggio meschino,  in  una  brutta  strada,  l'uccide, 

la  poesia! Il  momento  di  pagar  le   note  ai 

fornitori  diventa  un  dramma  da  teatro 

Privazioni,  umiliazioni,  timori,  spettri  di  ro- 
vina finale credi,  non  c'è  infelicità  peggiore! 

È  dunque  savio  fare  non  un  matrimonio  di 
capriccio,  suggerito  dal  caso,  da  un  incontro; 
ma  un  matrimonio  di  convenienza 

E  qui  seguiva  la  descrizione  della  miserabile 
fine  fatta  da  quelle  ragazze,  che  non  vollero 
dar  retta  ai  più  vecchi,  sposarsi  quando  una 


—  160  — 

buona  occasione  si  presentò lasciatala  sfuggire 

una  volta,  è  miracolo  se  si  presenta  una  seconda, 
la  buona  occasione!  La  ragazza  di  vent'anni, 

diventa  di  venticinque,  di  ventotto,  di  trenta 

sente  venire  il  vento  dell'autunno,  conosce  il 
fremito  della  tristezza  e  della  solitudine 

E  la  questione  si  fa  grave,  poiché  non  è  sol- 
tanto (insisteva  la  nonna),  non  è  soltanto  la 
rinunzia  alle  gioie  della  vita,  che  deve  consi- 
derare quella  donna,  la  quale  non  si  sposa,  ma 
la  rinunzia  a  tutto  quanto  facilita  e  qualche 
volta  assicura  la  vita. 

Quante  ragazze  (parla  sempre  la  nonna)  che 
credettero  di  poter  bastare  a  sé  stesse,  provve- 
dere al  loro  decoro,  e  invece  si  trovarono  impi- 
gliate in  una  tragica  situazione,  sopportata 
silenziosamente,  dissimulata  persino,  ma  non 
meno  terribile,  per  chi  seppe  vedere  sotto  il 
velo  dei  sorrisi  forzati 

La  conclusione  fu  che  ieri,  tutt'a  un  tratto, 
la  nonna  mi  annunziò  che,  sentendosi  meglio, 
avrebbe  ricevuto  nella  serata  alcuni  amici  ;  pen- 
sassi a  far  preparare  ogni  cosa  in  casa,  e  a 
vestirmi  poi  con  un  certo  vestito  rosa,  scelto 
dalla  zia  Celine.  Io  feci  mostra  di  nulla  inten- 
dere, obbedii,  mi  dimostrai  lieta  sovrattutto  di 
quella  novità  che  la  nonna  potesse  ritornare 


—  161  — 

in  sala,  ma  già  dapprima  mi  sentivo come 

dirò?  un  po'  ribelle  alla  situazione. 

E  dopo?  Ah!  dopo  fu  peggio,  peggio  assai  !  Mi 
presentarono  un  signore  un  po'  calvo,  un  po' 
miope,  un  po' grosso,  né  giovane  né  vecchio, 
né  bello  né  brutto,  che  mi  parlò  seriamente, 
di  molte  cose  che  a  me  parvero  molto  futili 

Quando  tutti  se  ne  furono  andati,  la  nonna 
mi  disse  chiaro  di  che  si  trattava,  ed  aggiunse 
che,  per  quanto  riguardava  gli  affari  d'interesse, 
tutto  era  bene  avviato  da  lei.  Quel  signore 
sapeva  quali  erano  le  mie  condizioni  finanziarie, 
ed  aveva  buone  intenzioni.  Era  persona  stima- 
bile sotto  ogni  rapporto;  se  dunque  io 

Ah!  quella,  mamma,  avrebbe  dunque  dovuto 
essere  l'occasione,  la  mia  occasione  unica  di  feli- 
cità?  Grazie,  grazie,  preferisco  star  così! 

Dissi  subito  alla  nonna,  il  domani  mattina, 
che  non  stesse  a  pensarci,  non  stesse  a  scri- 
verti  t'avrei  scritto  io. 

Ora  viene  la  primavera.  Dovrei  sentirla  giun- 
gere con  gioia:  é  sempre  così  bello  vedere  il 
cielo  che  si  rischiara,  e  tutto  che  rinasce. 

Ma  io  invece  sono  assalita  da  una  malinconia 
strana.  C'è  poca  gente  che  ti  somigli,  mamma, 
h  difficile  raggiungere  le  altezze  a  cui  tu  miri  ! 

11  —  L'intima  gioia. 


—  162  — 

La  vita  di  noi  fanciulle  è  molto  vana,  l'occa- 
sione di  far  del  bene,  di  vivere  intensamente, 
generosamente,  per  qualche  ideale,  è  rara!  Mi 
pare  che  in  tutte  queste  voci  di  primavera 
troppe  cose  vi  siano  a  cui  non  so  rispondere 

Mille  volte  al  giorno,  anche  dalle  persone 
migliori,  mi  sento  offendere  intimamente.  Mi 
offendono  una  Carmen,  una  Silvia,  così  ridan- 
ciane e  spesso  schernitrici  :  mi  offendono  tutte 
queste  signore  amiche  della  nonna,  che  paiono 
considerare  la  vita  della  giovane  come  orien- 
tata verso  un'unica  meta:  il  marito. 

Ma,  e  se  non  viene?  e  se  non  lo  troviamo, 
l'uomo    che   possa   davvero   darci   la    felicità, 

neanche   lasciarcela   presentire  da  lontano 

quale  osiamo  sognarla  in  fondo  al  cuore?  La 
nostra  vita  sarà  dunque  una  bancarotta? 


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LETTERA  XVI. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  Mariola. 


la  questione  del  matrimonio 

fa  sempre  più  complicata,  tu  stessa  ormai 

puoi  comprendere.  Gli  uomini  ci  pensano, 

pensano  parecchio  ad  assumersi  il  peso  d'una 

oglie,  d'una  famiglia. 

E  che  abbian  torto,  che  non  siano  da  com- 

itire,  questi  poveri  signori  uomini,  nessuno 

erebbe  dirlo. 

È  facile,  a  tutta  prima,  e  sovrattutto  ad  una 

ente  di  vent'anni,  il  trovar  gretto,  meschino, 

nza  entusiasmo,  l'uomo   capace   di  rimaner 


—  164  — 

freddo  ragionatore  dinnanzi  alle  più  squisit 
e  leggiadre  doti   femminili,  se   a  queste  no: 

s'accompagna  una dote  discreta.  Ma  bisogn 

riflettere,  e  concedere  anche  a  quest'uomo,  eh 
sarà,  supponiamo,  ufficiale,  magistrato,  inge 
gnere,  di  riflettere. 

È  un  diritto  e  anche  un  dovere  il  saper 
premunire  nei  passi  diffìcili.  Egli,  col  suo  st 
pendio  e  con  quel  tanto  che  avrà  di  suo,  y'n 
decorosamente,  vive  bene. 

Ora,  se  la  fanciulla  che  gli  piacerebbe,  è  cn 
scinta  come  lui,  in  una  condizione  agiata,  nati 
ralmente  essa  non  è  assuefatta  a  far  privazioD 
a  trovarsi  nelle  strettezze.  Se  dunque  ella  pui 
non  ha  una  certa  sostanza  (e  succede  frequei 
temente  che  la  signorina  educata  e  cresciui 
negli  agi,  perchè  figliuola,  ad  esempio,  d'u 
uomo  che  abbia  qualche  carica  lucrosa,  non  s 
poi  ella  in  grado  di  contribuire  a  costituire  ur 
rendita  nella  nuova  famiglia,  proporzionata  al 
sue  esigenze),  se  dunque  1^  ragazza  è  pover 
è  giusto  che  Tuomo  non  si  arrischi  a  metti 
su  casa. 

La  vita  si  complica  ogni  giorno  di  più;  e 
che  una  volta  era  lusso,  ora  pare  sia  il  sempli< 
necessario,  V indispensabile.  Pare  non  sia  p 
permesso  di  non  esser  ricchi. 


i\ 


—  165  — 

Nel  viaggio  a  treno  lampo  della  vita  bisogna 
Raggiare  in  prima  classe  a  tutti  i  costi,  e  chi 
lon  fa  presto  a  procacciarsi  un  biglietto  è 
tupido,  è  inetto. 

E  l'uomo  si  piega,  si  conforma,  a  questa  vita 
i  moto  perpetuo,  di  ambizione,  l'accetta  cosi 
om'è,  tutta  tramata  di  lotte  e  di  rivalità,  e 
idea  del  matrimonio  d'amore,  in  questa  corsa 
ertiginosa,  è  abbandonata  alla  prima  stazione 
sui  vent'anni  ogni  uomo  forse  l'accarezza  un 
lomento  !). 

In  questa  condizione  di  cose  possono  più 
icilmente  avvenire  o  il  matrimonio  di  conve- 
ienza  o  il  matrimonio  di  capriccio.  Nel  primo 
aso  l'uomo  che  è  già  quasi  arrivato,  cerca  una 
ompagna  che  abbia  una  sostanza  proporzionata 
Ha  sua,  sia  uguale  a  lui  anche  nella  sua  posi- 
one  sociale,  abbia  tendenze  e  gusti  simili  ai 
loi.  È  inutile  negarlo,  questo  matrimonio  di 
)nvenienza,  quasi  sempre  comUnato  dai  pa- 
3nti,  dà  spesso  buoni  risultati,  li  dà  sempre 
ligliori  del  matrimonio  di  capriccio.  Accade 
(laiche  volta  che  in  questo  viaggio  precipitoso 

cui  accennavo  dianzi,  un  uomo  e  una  donna 
incontrino,  si  piacciano,  perchè  giovani  e  belli 
itti  e  due,  perchè  tutti  e  due  si  trovano  in  una 
Lsposizione  speciale  di  eccitamento,  quasi  di 


-^  166  — 

ebbrezza Essi  non  sostano  a  riflettere:  ne 

Tuno  né  l'altro  non  si  domandano  se  oltre 
quello  sguardo  acceso,  quel  sorriso  affascinante, 
vi  siano  quei  doni  del  cuore  e  delFanima 
quella  forza  di  volontà,  quella  sincerità  di  virtù 
che  assicurano  la  felicità  vera,  la  pace  d'une 

famiglia cedono  alla  passione,  al  capriccio.... 

e  si  sposano. 

La  tua  intelligenza  e  il  tuo  sentimento  devonc 
dirti  che  questo  non  è  un  matrimonio  d'amore 
mia  cara  Marida,  ci  vuol  altro! 

Ora  è  questo  per  l'appunto  il  matrimoni! 
che  la  nonna  e  gli  amici  suoi  condannano,  < 
con  ragione. 

Ma  neanche  il  matrimonio  combinato,  com< 
si  suol  dire,  non  ti  va,  non  ti  sorride? 

Eh Marida,  io  non  desidero  che  ti  sorrida 

Allora  ? 

Allora  quale  sarà  lo  stato  d'animo  d'un 
ragazza  che  abbia  quattro  o  cinqu'anni  pi 
di  te,  quale  sarà  il  tuo  stato  d'animo  se,  fr 
quattro  o  cinque  anni,  non  avendo  trovato 
sposarti  secondo  le  aspirazioni  del  tuo  cuore 
sarai  zitella? 

E  quale  sorte  aspetta  la  ragazza  di  condizion 
civile,  ben  educata,  ma  non  ricca? 

Dal  momento  che  l'uomo   della  sua  stess 


sii 


—  167  — 

condizione  commetterebbe  uno  sbaglio  sposan- 
dola, che  sarà  di  essa?  Una  nullità?....  una 
povera  naufraga? 

Qui  risulta  chiaro  il  dovere,  per  parte  dei 
genitori,  di  dare  alle  loro  figliuole  il  modo  di 
vivere  indipendenti  :  lasciar  loro,  cioè,  o  una 
sostanza  bastevole,  o  una  professione. 

Sarebbe  un  errore  che  ogni  ragazza,  per  sfug- 
gire quella  specie  di  febbre  che  coglie  (e,  dicia- 
molo, coglie  assai  più  spesso  i  parenti  che  non 
a  ragazza  stessa)  di  fare  un  buon  matrimonio, 
di  essere  indipendente,  pensasse  a  prendere  una 
professione.  Se  la  ragazza  di  civile  condizione 
ha  mezzi  per  vivere,  sia  pure  modestamente, 
asci  la  professione  a  chi  ne  ha  bisogno  appunto 
per  vivere.  Ma  ogni  ragazza  ritenga  ch'è  un 
io  vere  il  tirar  profìtto  della  istruzione  che 
['iceve,  un  profitto  veramente  solido,  tale  che 
all'occorrenza  possa  salvarla  dalla  triste  neces- 
sità di  dipendere  da  altri,  di  essere  un  peso  per 
yìì  altri.  Ogni  ragazza  poi  che  scopra  in  se 
gualche  tendenza  speciale,  per  la  musica,  pel 
iisegno,  pei  lavori  d'ago  (anche  l'umile  ago  può 
3ompiere  cose  leggiadre  e  abbastanza  lucrose) 
sappia  rivolgere  queste  tendenze  a  uno  studio 
continuato,  coscienzioso,  per  modo  che,  in  un 
3aso  di  necessità,  ella  possa  ricavare  un  van- 
^^aggio  dalla  sua  arte. 


—  168  — 

E  questo,  per  il  lato  pratico  della  vita,  per 
non  trovarsi  un  giorno  avvolta  nella  mischia 

della  lotta  sociale,   senz'armi,   senza  forze 

poiché  è  vano  ormai  andar  dicendo  in  tono 
melodrammatico  : 

«  La  donna  non  è  fatta  per  combattere  e  per 
vincere;  ma  per  amare  e  lasciarsi  guidare, 
sorreggere ». 

È  vano!  l'uomo  stesso  riconosce  che,  nelle 
contingente  attuali  della  vita,  egli  ha  bisogno 
d'una  collaboratrice,  e  non  d'un  peso,  o  d'una 
liana  parassita 

Ma  poi  viene  il  lato  morale. 

E  qui: 

«  Per  correr  miglior  acqua  alza  le  velo 
Ornai  la  navicella  del  mio  ingegno  ». 

Mariola  cara,  nessuno  che  abbia  cuore  e 
intelligenza  potrà  mai  pensare  a  lungo,  quale 
si  sia  la  sua  condizione  sociale  :  a  chi,  a  che  cosa 
servo?  Il  pensiero  più  amaro  ch'io  conosca,  e 
solo  per  avertelo  veduto  fuggevolmente  nel 
cuore,  non  so  dirti  quanto  me  ne  senta  preoc 
cupata.  Ebbi  la  tua  ultima  lettera  per  via. 
mentre  scendevo  alla  vecchia  abbazia  di  San 
Pietro,  dove  il  parroco  diceva  una  messa  per 
tempo,  alle  sei. 


—  169  — 

Sai  che  mi  piace  pregare  nelle  ore  mattutine, 
insieme  col  sole  che  si  leva,  colle  allodole  che 
esultano  nei  raggi  e  nell'azzurro.  Hai  ragione, 
la  primavera  viene  ;  la  primavera  è  venuta  ! 
Lessi  la  tua  lettera  in  quel  giardinetto  soli- 
tario, presso  la  chiesa.  Ciò  che  in  essa  è  di 
tristezza  nuova  mi  riempi  il  cuore  di  commo- 
zione, senza  meravigliarmi.  In  me  era  come 
se  avessi  sentito  scaturire  una  corrente  di  dolci 
pensieri,  ora  sussurranti  quasi  a  fior  d'anima, 
ora  sperduti  nella  sua  profondità.  Cara,  non 
mi  pareva  molto  lontano  il  tempo  in  cui,  di 
primavera  appunto.....  Sì,  si,  avevo  vent'anni 
anch'io,  nuovamente  vent'anni;  l'amore  ma- 
terno fa  di  questi  miracoli  ! 

Pensavo  a  te,  ed  ecco  svegliarsi,  ascendere, 
spandersi  con  una  sovrumana  soavità,  la  malia 
della  primavera  entro  il  cuore.  Meravigliosi 
fiori,  ghirlande  di  fiori,  mi  allacciavano;  e  le 
erhe,  le  corolle,  avevano  nuovamente  il  pro- 
fumo di  quei  di,  e  il  prato,  il  bosco,  coperti  di 
rugiada  mattutina,  ridevano  e  piangevano  come 
a  quei  dì,  e  nuovamente  provavo  il  dolore  di 
non  poter  manifestare  certi  desiderii  acuti  e 
vaghi  ad  un  tempo,  certi  intimi  sogni. 

I  vent'anni  conoscono  turbamenti  profondi, 
agitazioni  oscure,  impeti  repressi  ;  intravedono 


—  170  — 

cose  impossibili e  sacre  alla   impossibilità. 

A  un  tratto  s'apre  agli  occhi  tuoi,  Mariola, 
bimba  mia,  dojce  amica,  s'apre  agli  occhi  estatici 
della  tua  giovinezza  un  cielo  di  gioie  scerete, 
e  nondimeno  il  tuo  cuore  soffre,  par  quasi  che 
voglia  liberarsi  d'un'ambascia  che  le  labbra 
mai  non  sapranno  proferire,  e,  nell'ardore  della 
tua  immaginazione,  tutte  le  cose  hanno  una 
smisurata  grandezza  ideale,  e  un'aspirazione 
ti  coglie  di  trascendere  il  limite  di  ciò  che 
vedi  e  conosci 

Io  sedetti  sul  murello  del  sagrato,  e  là,  sotto 
un  cielo,  la  cui  serica  bellezza  azzurra  mi  parve 
come  percorsa  da  fremiti,  accanto  al  vecchio, 
altissimo  pino,  che  aveva,  anch'esso,  delle  vel- 
leità giovanili,  era  tutto  canoro  di  uccelli, 
aveva  degli  sprazzi  di  verde  tenero  sulla  sua 
gran  veste  verde  cupo,  là,  in  quella  quiete, 
io  ebbi  per  te  quei  desiderii  fervidi  di  bene  che 
sono  preghiere. 

Nessuna  esistenza  è  senza  scopo  e  senza 
perchè,  o  mia  Mariola.  Siamo  tutti  al  centro 
d'uno  stesso  mondo,  e  tutto  ciò  che  succede  è 
grande,  se  in  noi  è  grandezza  di  pensiero  e  di 
proposito. 

Chi  ha  mente  e  cuore  e  libertà  di  spirito, 
trova  sempre  sul  suo  cammino  un  ideale  cui 


^  171  — 

tendere.  Ogni  vita,  se  nobile,  deve  essere  un 
plauso  a  qualche  ideale.  Quello  più  naturale, 
più  spontaneo,  in  noi  donne,  lo  so,  è  l'ideale  di 
una  famiglia;  amare,  e  farsi  amare  da  uno 
sposo,  avere  dei  figliuoli.  Ma,  lo  abbiamo  veduto, 
mille  circostanze,  esterne  e  interiori,  rendono 
ormai  il  matrimonio  una  cosa  difficile;  non 
tutte  le  donne  son  destinate  ad  essere  spose  e 
madri,  e  dovranno  perciò,  queste  fanciulle  che 
non  hanno  ancora  trovato,  che  forse  non  trove- 
ranno marito,  disamorarsi  della  vita,  lasciarsi 
cogliere  dal  tedio  e  dalla  malinconia? 

No,  no  !  Lavorare,  operare,  servire  agli  altri, 
non  per  servire  al  volere  altrui,  ma  per  ub- 
bidire al  dovere  ;  renderci  migliori,  palpitare 
pel  bello  e  pel  vero,  vibrare  nel  donarsi  a  chi 
soffre,  a  chi  è  debole,  povero,  ignorante:  tutto 
ciò  è  possibile  a  tutti,  a  chiunque  abbia  forza 

e  volontà   di   andare   avanti,  di   ascendere 

Anche  alla  fanciulla  che  non  sia  ricca  è  pos- 
sibile questo.  Munita  di  studii,  addestrata  a 
qualche  arte,  a  qualche  professione,  la  fanciulla 
senza  dote,  appare  tutta  mutata.  Ella  è  qualcuno, 
la  sua  personalità  si  rivela  ;  ella  segue  alacre- 
mente la  sua  via,  si  sente  indipendente,  al 
sicuro  ;  si  sente  salva  dall'avvilimento  di  dover 
accettare  il  matrimonio  per  aver  pane  e  tetto, 


—  172  — 

pure  essendo  sempre  pronta  a  deporre  le  sue 
più  pesanti  armi  di  combattente  nella  vita, 
quando  un  uomo  degno  di  lei  si  presenti  e  la 
faccia  sua  compagna. 

La  fanciulla  ha  in  sé  una  grande  potenza, 
che  in  molta  parte  ignora,  o  di  cui  abusa  — 
l'immaginazione. 

Io  non  la  vorrei  soffocata,  ma  indirizzata  al 
bene,  ma  educata  in  modo  che  dia  forza  e 
varietà  al  giudizio,  gli  dia  ali  da  poter  oltre- 
passare la  stretta  cerchia  dei  suoi  interessi  per- 
sonali, e  giungere  a  scorgere  tutte  le  belle  e 
nobili  cose  che  sono  di  là  da  quella  cerchia. 
Il  pericolo  maggiore  della  immaginazione  sta 
nel  non  averla  temprata,  irrobustita  a  tempo, 
e  i  peggiori  danni  si  riscontrano  sempre  in 
quelle  fanciulle  che,  rinchiuse,  obbligate  a  fan- 
tasticare nella  inerzia  e  nell'ignoranza,  si  soffer- 
mano alle  piccole  cose,  s'abbandonano  a  frivoli 
affetti  e  diletti. 

Le  fanciulle,  invece,  assuefatte  all'aria  ed 
alla  luce  delle  pure  vette,  se  anche  talvolta 
si  accasciano,  si  smarriscono,  ben  presto  si 
rialzano,  si  spingono  sempre  più  forti  e  più 
sicure  su  per  l'erta  via  del  bene. 

Una  immaginazione  ben  coltivata  mi  pare 
possa  paragonarsi  ad  una  pianta  alla  quale  il 


—  173  — 

buon  giardiniere  abbia  tagliato  via  i  tralci 
inutili;  quelli  superstiti  prendono  maggior 
vigore.  Tagliate  via  che  s'abbiano  dalla  imma- 
ginazione le  vane  fantasticherie,  il  sentimen- 
talismo, le  leziosaggini  oziose,  cresceranno 
vigorosi  il  sentimento  del  bello  e  del  grande, 
le  buone  aspirazioni,  l'idea  del  sacrifizio  e  del- 
l'amore. L'immaginazione  della  donna  troppe 
volte  diventa  morbosa,  perchè  adescata  dalle 
mollezze,  dagli  errori  di  studii  superficiali. 

Sorga  la  fanciulla  moderna  ad  amare  il 
lavoro,  lo  studio  sincero,  l'arte  sana,  la  scienza 
di  beneficare,  si  nutra  d'un  cibo  intellettuale 
sostanzioso,  e  allora,  senza  abbellire  il  male, 
senza  sospirare  verso  beni  maggiori  del  vero, 
ma  profondamente  innamorata  del  vero  e  del 
bello,  tendendo  sempre  più  alla  unità,  alla  in- 
tegrità del  suo  essere  morale,  ella  diverrà  una 
creatura  non  inutile  a  sé  stessa,  e  capace  di 
influire  beneficamente  sugli  altri. 

E  conoscerà,  anche  nelle  più  umili  condizioni 
di  vita,  conoscerà  la  gioia.  Un'anima  vera- 
mente pura  è  bella  come  un  giglio  intelli- 
gente; essa  godrà  di  tutto:  del  cielo  sereno, 
dell'aria  viva,  dei  grandi  astri  luminosi  e  delle 
piccole  fonti  nascoste. 

Gl'incatenamenti  della  gioia,  cosi  intesa,  sono 


—  174  — 

infiniti.  E  il  bello  spesso  non  è  in  ciò  che  si 

cerca,  ma  in  ciò  che  s'incontra qualche  volta 

può  bastare  un  fuggevole  raggio  a  far  dischiu- 
dere i  buoni  pensieri  in  un  intelletto  denso  di 
germi. 

Cosicché  nella  vita  più  semplice  e  monotona 
in  apparenza  può  essere  un'intima  e  conti- 
nuata letizia. 

—  «  Si  je  pouvais  croire  au  honheur  —  disse 
Chateaubriand  — je  leplacerais  dans  VhaUtude, 
l'uniforme  habitude  qui  He  au  jour  le  jour  ». 

È  questa  una  profonda  parola  che  forse  non 
subito  comprenderai  :  ma  prova  a  vivere  questa 
parola,  e  mi  darai  ragione.  Cioè  prova  a  fare 
della  tua  vita  giornaliera  un  concatenamento 
di  doveri  sempre  compiuti  coscienziosamente: 
un'armonia  profonda  ne  scaturirà. 

È  poi  un  errore  il  dire  :  —  «  Io  non  ho  mai 
occasione  di  poter  dispiegare  le  mie  attitudini, 
le  mie  facoltà » 

Ad  un  cuore  aperto,  ad  uno  spirito  desto  e 
vigile  tutto  è  argomento  di  pensiero  e  di 
azione. 

Ti  scrivo  come  spinta  da  una  forza  interna, 
che  si  agita  in  me  quasi  alla  mia  insaputa. 
Quando  parlo  o  scrivo  a  chi  ho  molto  caro, 
sento  spesso  questa  forza  occulta.  Amiamo  la 


—  175  — 

vita,  Mariola!  Apprezziamola,  ripetiamo  col 
poeta:  —  «  Far  del  bene,  pensare,  leggere, 
guardar  crescere  le  biade,  sbocciare  i  fiori, 
ecco  ciò  che  rende  l'anima  felice  !  »  (Ruskin). 

Si  dice  che  col  trascorrer  degli  anni  le  dif- 
ficoltà, le  contraddizioni,  le  sofferenze  si  mol- 
tiplicano sul  cammino.  È  vero,  io  non  te  lo 
negherò. 

Ma  per  le  anime  valorose  la  difficoltà  è  sprone 
a  proseguire  il  cammino. 

Di  solito  si  risguardano  diversamente  i  con- 
trasti che  provengono  dalle  cose,  da  quelli  che 
provengono  dalle  persone  :  accettiamo  più  facil- 
mente i  primi  che  i  secondi,  cioè  sempre  ci 
ribelliamo  contro  ciò  che  siam  soliti  definire  la 
«  malevolenza  degli  uomini  ».  Questo  è  un 
errore. 

Perchè  quei  calcoli,  quei  desiderii,  che  con- 
trariano  i   nostri, quelle   difficoltà,   quegli 

ostacoli,  sono  suscitati  da  mani  visibili,  dovremo 
noi  conchiudere  che  tutto  ciò  non  si  opera  per 
la  volontà  di  Dio? 

Se  meditiamo  bene  questo  pensiero  —  e  te 
lo  raccomando  in  ispecial  modo,  come  quello 
che  potrà  avere  una  influenza  su  tutta  la  tua 
vita  morale  —  allora  noi  accetteremo  ogni  con- 
trasto senza  ribellarci,  e  procederemo  sempre. 


—  176  — 

in  qualsiasi  circostanza,  con  bontà  e  senza  pes- 
simismo, senz'acredine   verso   i   nostri   simili. 

Colla  bontà  bisogna  vincere  !  e  la  bontà, 
specie  in  noi  donne,  non  sarà  mai  completa- 
mente efficace,  se  non  sarà  serena.  Chi  vive  in 
famiglia  non  può  dubitare  di  questa  verità.  Solo 
quando  una  forza  di  volontà  serena  perduri,  e 
vinca  le  piccine  dispute  e  contraddizioni  e  riva- 
lità, solo  allora  noi  potremo  dirci  veramente 
buoni,  di  quella  bontà  intelligente  e  consa- 
pevole di  sé  stessa,  che  prepara  ad  una  superior 
vita  futura. 

Molte  volte  le  nature  impazienti,  violente, 
mutevoli  d'umore,  quelle  persone  che  non  sanno 
moderare  gl'impeti  della  collera,  gli  scatti  della 
voce,  del  gesto,  i  lampi  dello  sguardo,  le  espres- 
sioni beffarde  del  volto,  molte  volte  queste 
persone,  anche  quando  sono  in  fondo  giuste 
ed  oneste,  scompigliano  quella  delicata  com- 
pagine di  che  è  fatta  la  pace  famigliare. 
San  Francesco  di  Sales  disse  :  En  famille  mieux 
vaudrait  taire  une  verità,  que  la  dire  avec 
mauvaise  grdce, 

È  molto  necessario  che  la  donna  sia  convinta 
di  questo,  che  la  sua  virtù  deve  essere  serena, 
ed  allora,  solo  nell'abitare  colla  sua  famiglia, 
nel  vivere  presso  i  genitori,  i  fratelli,  la  donna. 


—  177  — 

specie  quaudo  è  giovane,  può  far  scaturire 
intorno  a  sé  mille  fonti  di  consolazione. 

La  giovane  che  non  abbia  disperse  le  sue 
energie  in  una  vita  disarmonica,  eccitante  e 
mondana,  sa  vivere  in  compagnia  di  sé  stessa, 
non  ha  bisogno  di  crearsi  ogni  giorno  qualche 
briga,  non  ha  bisogno  che  succeda  qualcosa 
ogni  giorno  per  trovar  pregio  alla  vita.  È  dal- 
l'amore dei  suoi  cari,  dal  suo  lavoro,  dalle  sue 
letture,  che  sa  trarre  l'alimento  pei  suoi  pen- 
sieri, è  nell'ordine  della  sua  vita  interiore  che 
«^a  trovare  un  sollievo  ad  ogni  sua  cura;  il 
tratto  di  cielo  che  scopre  dalla  sua  finestra 
è  per  lei  una  pagina  sempre  nuova,  e  le  invia 
parole  vive,  e  ne  riceve  da  lei. 

Chi  potrebbe  dire  tutti  i  mali  che  dilaniano 
n  questo  momento  la  nostra  società  senza 
deali  e  senza  fede? 

Gli  uomini  hanno  sete  di  verità,  di  pace,  di 
ìmore  ;  e  delusi,  ingannati,  feriti  in  tutti  i  loro 
sogni,  snervati,  oppressi,  essi  trascinano  la  vita, 
3he  per  loro  altro  non  è  se  non  un  grande 
nluppo  d'ingiustizie  e  di  forze  cieche 

Dove  li  sospinge  essa? 

Che  cos'è  questo  lamento  universale? 

Perché  tante  dispute  vane  tra  gli  uomini? 
3erchè  questo  dilaniarsi  a  vicenda? 

12  —  L'intima  gioia. 


—  178  — 

Oh!  Mariola,  una  giovane  di  fede,  di  cuore 
generoso,  di  mente  illuminata,  come  potrà 
vedere  tutte  queste  tristezze,  udire  tutte  queste 
voci  disperate,  e  non  sentirsi  spinta  a  far 
qualcosa,  a  oprare,  a  entrare  nella  vita  colle 
sue  idee  buone?  Ciò  che  occorre  è  di  averle 
davvero  queste  idee,  di  averle  chiare  e  forti; 
ciò  che  occorre  è  di  sapersi  prefìggere  uno 
scopo  di  bene  :  e  poi  i  gradini  per  raggiungerlo 
sorgeranno  naturalmente,  uno  dopo  l'altro. 
Sempre  aspettare,  per  vivere  di  più  e  meglio, 
che  le  circostanze  si  mutino  intorno  a  noi, 
è  vano.  Operare,  bisogna,  mentre  v'è  la  luce, 
sempre,  ogni  giorno,  ogni  ora,  con  fiducia  ar- 
dente nella  efficacia  del  nostro  lavoro,  per 
umile  che  esso  sia. 

Per  vincere  la  miseria  della  vita,  ai  lampi 
che  ci  inviano  nell'anima  il  bello,  il  vero,  il 
bene,  occorre  saper  far  seguire  la  tenacità  del 
volere. 

Mariola,  amica  mia,  che  cosa  ti  attende  nel 
futuro  ?  Dio  solo  lo  sa  !  Ma  dovunque  conduca 
il  tuo  sentiero,  quale  si  sia  la  tua  missione, 
non  smarrire  l'anima  tua;  che  ogni  tua  gior 
nata  sia  piena  di  azione  personale;  dipende 
da  noi  il  far  che  la  vita  sia  una  cosa  grande, 
0  piccina. 


—  179  — 

La  giovane  che  si  sposa  va  incontro  ad  una 
nobile,  altissima  esplicazione  di  vita;  ma  quella 
che  non  si  sposa  ha  dinnanzi  a  sé  certi  sen- 
tieri, che,  se  da  principio  paiono  meno  chia- 
ramente tracciati,  possono  condurre  a  vette 
inesplorate:  ella  può  essere  una  pioniera  nel- 
Farduo,  progressivo  cammino-  della  vita,  a  tra- 
verso le  regioni  della  Poesia,  dell'Arte,  della 
Scienza,  della  Virtù  e  della  Carità. 


r^^^^^^^^^^'^^^^^'^'^^^ 


LETTEEA  XVII. 


Mopjo/o  a  sua  Madre. 


Sì,  è  vero,  fui  un  po'  indi- 
sposta, ma  ora  sto  meglio,  e  non  devi  impen- 
sierirti per  me.  Solo,  il  cielo  delFanima  mia 
oggi  è  pallido  e  un  po'  languido,  come  un 
volto  dopo  la  febbre,  come  queste  giornate  di 
maggio,  dopo  il  temporale:  questo  insieme  di 
fiori  che  sbocciano  e  di  fiori  gualciti,  recisi  al 
suolo,  di  sorrisi  e  di  lagrime,  quest'aria  di 
pioggia  e  quest'aria  di  primavera,  fanno  qual- 
cosa di   strano,  di   ombrato,   di   luminoso,  di 

rorido,  che  mi  piace! 

Stamane  sono  uscita,  dopo  quasi  una  setti- 
mana che  stavo  tappata  in  casa.  La  nonna 


—  182  — 

stessa  mi  impose  di  andare  a  fare  una  pas- 
seggiata. È  curioso  che  a  furia  di  volersi  ap- 
plicare, si  finisce  col  non  esser  più  capaci  di 
venir  a  capo  di  nulla.  È  proprio  vero  che  in 
ogni  sorta  di  lavoro  bisogna  saper  dire  :  basta  ! 

Fuori,  all'aria  libera,  mi  sentii  rinascere  :  le 
membra  più  elastiche,  il  respiro  più  libero, 
godevo  di  tutto  quel  verde,  e  la  natura  pri- 
maverile mi  addolciva  l'anima,  me  la  disponeva 
a  qualche  felicità  prossima.  <  Impossibile  — 
pensavo  mentre  passeggiavo  colla  cameriera 
—  impossibile  che  stamane,  rincasando,  non 
trovi  qualcosa  di  buono  ».  Lo  dissi  persino  colla 
vecchia  Carlotta,  la  quale  mi  rispose  seria 
seria  : 

—  «  Non  si  ricorda?  Per  mezzogiorno  ha 
ordinato  la  torta  col  ripieno  di  fragole  ». 

Altro  che   la   torta  e   le  fragole a  casa 

trovai  Alfredo,  che  mi  portava  la  tua  lettera  ! 
Grazie,  mamma! 

E  che  buon  sorriso  riconciliato  aveva  Alfredo! 

Grazie  anche  di  questo,  a  te.  Egli  mi  disse 
che  sono  la  sua  sorellina  cara,  che  mi  vuol  bene 

sempre, anche    quando    mi    fa    disperare! 

Monello  ! 

Le  tue  parole,  mamma  cara,  mi  cadono,  a 
goccia  a  goccia  nell'anima,  mi  fortificano. 


—  183  — 

Scrivimi  spesso:  ho  bisogno  molte  volte  di 
mettere  la  mia  anima  incerta  a  contatto  della 
tua,  dalla  quale  sgorgano  pensieri  così  alti  e 
sicuri. 

Non  so  se  riescirò  mai  a  spiegar  bene  ciò 
che  provo.  Talvolta  mi  sento  una  dormiente, 
nella  vita  ;  nel  mio  cuore  è  come  se  tutto  fosse 
muto  ;  le  tue  parole  lo  svegliano,  a  poco  a  poco 
il  mio  cuore  ha  più  palpiti,  il  mio  cervello 
più  idee. 

Hai  ragione,  la  nonna  ha  bisogno  di  me,  la 
sua  casa  richiede  il  mio  tempo,  una  parte 
almeno  del  mio  tempo,  perchè,  se  fin  dal  mattino 
mi  alzo  risoluta  a  fare,  ora  per  ora,  il  mio 
dovere,  riesco  a  mettere  insieme,  a  conciliare 
molte  cose 

Candida  è  tornata:  essa  mi  è  sempre  più 
cara,  abbiamo  mille  aspirazioni,  mille  desiderii 
che  si  somigliano  :  andiamo  insieme  da  Donna 
Adriana,  che  promise  di  darci  da  lavorare  a 
tutt'e  due.  Abbiamo  anche  stabilito  di  leggere 
insieme,  di  dedicare  qualche  ora  della  settimana 
a  queste  letture.  Vorremmo  libri  buoni  e  belli, 
mamma,  di  quelli  che  il  babbo  battezza  colla 
piccola  parola  possente:  Est 

Di  quei  libri  che  si  possono  non  solo  am- 


—.  184  — 

mirare,  ma  amare.  Consigliaci,  mamma,  consi- 
gliaci alcuni  di  quei  divini  morti,  coi  quali 
possiamo  ragionare  a  lungo. 

Candida  è  tornata  da  Roma  piena  di  vita 
e  di  pensieri  nuovi,  più  affettuosi,  più  poetici, 
più  religiosi  ancora,  direi. 

Essa  mi  fece  vedere  una  leggiadra  stampa 
del  Dùrer,  che  scovò  in  un  magazzino  di  an- 
tichità, nella  vecchia  città  Leonina.  Sono  due 
figure  che  paiono  avventurarsi  in  alto,  portate 
da  qualche  soffio  misterioso.  Mi  disse  che  in 
questa  immagine  ella  ha  veduto  il  simbolo 
della  vera  amicizia. 

Quelle  due  figure,  forse  di  sante,  cosi  libere, 
mentre  vanno  insieme,  le  davano  idea  di  certe 
affinità  misteriose  che  possono  unire  due  esseri 
senza  distrùggere  mai  la  loro  personalità. 

Quando  vado  da  lei  ritorno  sempre  a  casa 
più  contenta.  Ci  sono  alcuni  volti  —  il  tuo, 
quello  del  babbo,  questo  di  Candida  —  che  mi 
basta  di  evocare  dentro  il  mio  cuore,  nei  mo- 
menti più  difficili  0  meno  lieti,  per  affermarmi 
in  una  risoluzione,  chiarirmi  in  una  idea,  vol- 
germi verso  una  meta. 

Alfredo  vorrebbe  sempre  portarmi  fuori,  dice 
che  sto  un  po'  troppo  in  casa,  che  per  questo 
ho  spesso  l'emicrania. 


—  185  — 

Ora  son  di  ritorno  appunto  da  una  lunga 
passeggiata.  Non  avevo  mai  visto  Porta  Palazzo. 
Andammo  al  mercato:  io  comprai  molti  fiori, 
poi  ci  fermammo  anche  noi  davanti  alle  giostre  e 
ai  òaracconL  C'erano  dei  ragazzi,  delle  donne, 
degli  uomini,  persino  dei  vecchi,  che  discorre- 
vano, urlavano,  ridevano,  gestivano,  pareva 
avessero  bisogno  di  smaltire  cosi  la  gioia  pro- 
vata sui  cavallini  di  legno  o  sulle  montagne 
russe.  Ed  ho  pensato  che  in  fondo  è  sempre 
lo  stesso  motore  che  spinge  l'umanità  —  poveri 

stracciati  e  sudici,  giovanotti  e  signorine  snob 

Un  bisogno  di  gioco,  di  gioia  fisica,  nella  quale 
le  forze  si  rinnovano,  si  rinfrancano:  forse 
anche,  sfuggire  un  poco  alla  realtà  delle  cose, 
entrare  nel  sogno? 

E  ci  sono  vari  modi,  eletti  e  volgari,  costosi 
ed  a  buon  prezzo,  di  gustare  questo  piacere  : 
gioie  grosse  e  gioie  sottili!  Dissi  ad  Alfredo: 

—  Ecco,  vedi,  i  signori  han  bisogno,  per  star 
bene,  di  divorare  lo  spazio  in  automobile,  di 
fare  100,  120  chilometri  all'ora Questi  pove- 
retti si  contentano  della  scossa  che  si  può  pro- 
vare, fendendo  l'aria  sull'altalena,  od  avventu- 
randosi sulle  montagne  russe. 

Alfredo,  l'incorreggibile  Alfredo,  mi  guardò 
sorridendo:  presto  m'avvidi  che  un  pensiero 


~  186  — 

monello  faceva  capolino  nei  suoi  occhi  :  —  «  Di- 
venti molto  riflessiva  —  mi  rispose  —  fai  certe 
osservazioni  veramente  psicologiche Ma  ri- 
cordati che  Lessing  diceva  :  preferisco  un  uomo 
che  s' imbelletti  ad  una  donna  che  pensi  ».  —  Ah  ! 
ma  ora  anch'io  ho  capito,  caro  signor  Alfredo  ! 
Una  volta  mi  stuzzicavi,  mi  facevi  indispettire 
tirandomi  le  treccie,  disfacendomi  il  nodo  della 
sciarpa:  ora  ci  provi  lo  stesso  gusto,  pigliandomi 
in  giro  con  certe  frasi  :  ma....  non  attecchiscon 
più.  Risi  anch'io,  ed  accondiscesi  di  buon  grado 
alla  sua  proposta  di  salire  s'un  tram  che  doveva 
portarci  fino  al  ponte  Isabella,  lungo  i  viali. 

S'andava  a  traverso  regioni  quasi  campestri  : 
le  erbe  dei  prati,  gli  alberi,  i  fiori,  tutto  era 
giovane,  tutto  aveva  quella  tenera  trasparenza 
che  solo  ha  il  maggio. 

Una  pallida  ragazza,  seduta  in  tram  di  fronte 
a  noi,  disse  ad  una  vecchia  signora  che  l'accom- 
pagnava, guardando  tutto  quel  verde  nascente: 
—  «  Quest'estate  verremo  qui  anche  noi,  e  ci 
fermeremo,  e  sederemo  sulle  panche,  nevvero?  » 

Poverina  !  Il  suo  sogno  non  andava  più  lon- 
tano! Eccone  un'altra  che  s'accontentava  di 
poco.  Forse  abitava  nella  vecchia  Torino,  laggiù, 
in  quelle  scure  viuzze  intorno  alla  Consolata,  e 
quel  pezzetto  di  campagna,  di  pseudo-campagna. 


—  187  — 

rappresentava  per  lei  lo  spazio,  la  freschezza, 
la  gioia  dei  prati  !  E  noi  ora  vogliamo  la  Sviz- 
zera, i  ghiacciai,  la  Norvegia 

Ma  stavolta  più  non  dissi  il  mio  pensiero  ad 
Alfredo.  Del  resto  m'avvedo  che  egli  non  è 
insensibile  a  tante  cose  che  mi  piacciono  e 
m'inteneriscono,  che  non  per  nulla  egli  è  anche 
un  po'  il  tuo  figliuolo:  la  sua  anima  è  desta 
a  mille  suoni  generosi 

In  casa  della  zia  Celine,  ai  suoi  five  o'  clock, 
convengono  due  o  tre  ufflcialetti  di  cavalleria 
che  sono,  da  un  lato,  divertentissimi.  Escono 
ora  dalla  scuola  di  Pinerolo,  e  paiono  già  stucchi 
e  ristucchi  di  tutto,  persino  dei  loro  cavalli  e 
dei  loro  exploits  sportivi,  dei  loro  salti,  delle 

loro  corse sebbene,  quando  discorrono  di  ciò 

che  sanno  fare,  pare  che  descrivano  le  gesta 
di  UD  centauro.  Ma  ormai,  ah  !  ormai  sono 
stanchi,  e  se  tengono  cavalli  da  corsa  vogliono 
anche  il  trainer.  —  «  Io  mi  ci  secco  a  montare 
Papillon  tutti  i  giorni  ! »  —  diceva  uno  di  essi. 

E  arrotano  tutti  la  erre,  e  parlano  l'italiano 
come  se  fossero  tanti  inglesi,  a  denti  stretti,  e 
stanno  sempre  nelle  vicinanze  del  tavolino  del 
whisky  and  soda,  e  bevono brillantemente! 


~  188  — 

lersera,  non  so  come,  forse  aprendo  un  gior- 
nale, qualcuno  esclamò: 

—  «  Pare  che  avrem  la  guerra » 

Allora  tutti  manifestarono  le  loro  idee,  alcune 

fiduciose,  alcune  audaci,  alcune  scettiche oh  ! 

ma  le  più  scettiche,  le  più  sfiduciate  e  umi- 
lianti, le  più  scevre  d'ogni  entusiasmo,  furon 
le  idee  di  quegli  uffìcialetti  dai  baffi  spuntati 

—  «  L'Italia  si  trova  in  pessime  acque,  non 

ha  nulla  di  nulla noi  non  possiamo  sperar 

nulla,  non  siamo  capaci  di  nulla  >      .    .    .    . 

Ma  a  questo  punto  parlò  anche  Alfredo,  il 
quale  era  sempre  stato  ad  ascoltare.  Sai  che 
egli  è  pacato,  che  non  si  esalta,  che  può  dire 
ciò  che  vuol  dire  senza  offendere  inutilmente, 
senza  che  l'eccitazione  gii  annehhii  le  idee  e  gli 
mozzi  le  parole  in  gola.  Disse  adunque  che  noi 
siamo  figli  di  coloro  che  passarono  attraverso 
le  più  dolorose  vicende  con  sublime  fede  nel 
cuore,  si   travagliarono,  si   spesero   tutti   per 

l'ideale  della  patria  unita Solo  pel  ricordo 

di  questi  nostri  padri  noi  non  dobbiamo  dispe- 
rare delle  nostre  sorti,  dobbiamo  saperci  innal- 
zare  a  più   commossi   e   fiduciosi  pensieri 

«  l'Italia,  l'Italia!  ma  l'Italia  è  fatta  di  italiani, 
«  e  ogni  italiano  che  serbi  gloriose  tradizioni 
«  nella  memoria,  che  ami  davvero,  non   per 


—  189  — 

<  calcoli  personali,  il  suo  paese,  ogni  italiano 
«  amante  così,  diventa  una  forza.  Anche  a  noi 

<  dovrebbero  bastare  le  parole  proferite  dal 
«  Nelson  prima  della  battagia  di  Trafalgar: 
«  —  Il  paese  aspetta  che  ciascun  uomo  faccia 
«  il  suo  dovere  —  per  renderci  tutti  forti  e 
«  coraggiosi,  tutti  soldati  nel  momento  del  peri- 
re colo Non  dimentichiamo  che  camminiamo 

«  s'una  terra   intrisa   ancora   del   sangue   di 

<  tanti  eroi  !  » 

Bravo,  Alfredo  !  Che  te  ne  pare,  mamma  ? 


^5 


LETTERA  XVIII. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  sua  figlia 


Brava  anche  a  te,  figliuola  cara;  vedo  che 
cominci  a  comprendere  l'intima  gioia  di  tutte 
le  cose  che  sono  in  noi  e  intorno  a  noi.  Ma, 
anzi  tutto!  traspare  dalla  tua  ultima  lettera 
che  non  stai  molto  hene  di  salute  e  che 
troppo  poco  ti  preoccupi  di  star  meglio:  mi 
diventi  un  po'  stanca,  un  po'  languida,  mi  dai 
l'idea  della  giovine  donna  che  comincia  a  subire 
i  cattivi  risultati  del  surménage  intellettuale. 
Per  carità,  Marida,  non  bisogna  mai  trascu- 
rare l'igiene,  ma  alla  tua  età  sovrattutto  le  cure 
fisiche  hanno  una  importanza  capitale:  la  salute 
del  corpo  è  un  coefficiente  d'intima  gioia.  In 


—  192  — 

generale  alla  tua  età  si  disprezza  quasi  la  buona 
salute;  molte  ragazze  si  fanno  un  vanto  di  tra- 
scurarla: Che  noia  —  dicono  —  dover  pensare 
a  ciò  che  fa  bene,  a  ciò  che  fa  male...  Lascia- 
mole ai  vecchi,  queste  preoccupazioni  !  —  Grande 
sbaglio;  quando  la  gioventù  è  trascorsa,  molti 
danni  sono  irreparabili. 

Queste  ragazze  non  pensano  che  esse,  per 
quanto  piccine  cose,  sono  nondimeno  cose  di 
Dio,  sono  state  messe  quaggiù  a  completare  il 
Suo  disegno.  Ogni  essere  umano  è  un  valore. 
Ogni  giovane  ha  il  dovere  di  domandarsi  :  «  Che 
cosa  valgo  per  me  stessa,  per  la  mia  famiglia, 
per  la  società,  nella  quale  sto  per  entrare?  ». 

Quaggiù  noi  non  siamo,  come  disse  un  grande 
filosofo,  non  siamo  né  un'anima,  né  un  corpo  ; 
siamo  un  essere,  e  quest'essere  ha  l'obbligo  di 
raggiungere  il  grado  di  vita  più  perfetto  pos- 
sibile. La  vita  è  il  vigore,  la  liberazione  d'ogni 
malattia,  l'elasticità  delle  membra,  il  godimento 
di  mille  piaceri  innocenti  e  puri.  La  vita  è 
il  progresso,  e  questo  progresso  è  attuabile 
soltanto  se  nel  tempo  della  nostra  giovinezza 
avremo  avuto  la  prudenza  di  conservare  e  anche 
di  farci  una  buona  salute. 

Chi  non  ha  salute  è  un  debole,  e  il  debole 
non  può   educarsi   alla   scuola  della  vita;  chi 


—  193  — 

ha  salute,  invece,  non  teme  nessuna  lotta  in 
cui  debba  provarsi  la  resistenza  della  sua 
tempra,  la  energia  della  sua  volontà. 

La  gioventù  deve  adunque  dedicare  un  po' 
di  tempo,  sempre,  in  campagna  come  in  città, 
al  moto,  all'esercizio  fisico,  ai  giuochi  all'aria 
libera;  pur  senza  concedere  il  meglio  di  sé 
stessa  allo  sporta  intendiamoci!  Esagerazioni  in 
nulla. 

La  salute  dipende  anche  moltissimo  dalla 
temperanza  nei  cibi  e  in  qualsiasi  bevanda; 
nel  sonno  misurato,  nella  pulizia...  ah!  si!  in 
madonna  acqua,  non  lasciamola  mai  scarseg- 
giare. Dipende  poi  anche  dai  pensieri  buoni, 
dai  nobili  divisamenti,  perseguiti  con  perseve- 
ranza e  con  allegria,  con  brio.  In  America  le 
università  femminili  son  poste  in  mezzo  alla 
campagna  ridente,  tra  i  boschi  di  pini  e  di 
larici. 

Le  signorine  che  frequentano  queste  univer- 
sità, pure  studiando  il  latino  (la  lingua  che  più 
forza  lo  spirito  alla  riflessione),  amano  la  vita 
all'aria  libera,  trovan  tempo  di  scendere  ai 
laghi,  ai  fiumi,  per  andare  in  barca  e  vogare 
allegramente. 

Riprendendo  il  discorso  troncato  nella  mia 
ultima  lettera,  ti  dirò  che  alla  giovine  avente 

13  —  L'intima  gioia. 


—  194  — 

una  mente  sana  in  corpo  sano,  io  vedo  aprirsi 
un  futuro  davvero  vastissimo:  altro  che  con- 
siderarla una  naufraga  della  vita,  se  oltre- 
passati i  vent'  anni,  non  avrà  trovato  ancorg 
marito  ! 

Anzitutto,  la  mente  si  può,  colla  volontà  e 
coll'esercizio,  fortificare  e  ingrandire.  Le  vari( 
parti  del  cervello  umano  sono  suscettibili  d 
grande  sviluppo. 

È  noto,  per  darti  un  esempio,  che  l'uomo  i 
quale  si  dedica  alla  musica,  esercitando  il  su( 
udito,  giunge  a  percepire  suoni  che  gli  altr 
non  odono,  e  riesce  cosi  ad  accrescere  il  nu- 
mero delle  cellule  cerebrali  nella  regione 
auditiva. 

Mi  ricordo  di  averti  già  detto,  a  proposito  d 
quegli  anni  della  mia  prima  giovinezza  tras- 
corsi in  Firenze,  che,  mediante  lo  studio  e  l'ap- 
plicazione, io  mi  sentivo  aumentare  l'intelli- 
genza. Troppo  spesso  i  pensieri  di  noi  donne 
non  sono  diretti  ad  uno  scopo  fìsso,  errano  d 
qua  e  di  là  come  tante  farfalline. 

Già  Bacone  aveva  detto  che  l'ingegno  è  fatte 
per  una  metà  di  ispirazione,  e  per  l'altra  meti 
di  applicazione,  e  Buffon:  Le  talent  n'est  qu'um 
grande  aptitude  à  la  patience,  (Ma  qui,  inten- 
diamoci: Vaptitude  à  la  patience  di  cui  parls 


—  195  — 

Buffon  è  una  forza  eccezionale  nell'esercizio 
del  pensiero). 

Quale  missione,  quella  della  parola  scritta  o 
parlata,  quando  è  sentita  davvero,  quando  è 
data  da  Dio!  E  quanta  felicità  del  cuore  si  può 
trovare,  in  questa  missione,  se  adempiuta  coscien- 
zosamente  e  senza  vanità.  Ricordo  di  aver  cono- 
sciuto, quando  tu  eri  ancora  bambina,  la  illustre 
scrittrice  francese.  Mademoiselle  ***.  Ella  un 
giorno  mi  narrò  parte  della  sua  vita.  Fin  sui 
vent'anni  era  stata  una  bellezza;  e  ancora  le 
si  poteva  credere,  guardando  solo  in  quei  suoi 
occhi  scuri  e  .vellutati.  Ma  solo  a  quelli...  che 
il  rimanente  del  volto  era  una  specie  di  rovina. 
Aveva  avuto  il  vaiolo,  un  terribile  vaiolo,  pas- 
sato sulla  sua  persona  come  un  soffio  che  brucia 
e  che  devasta.  Non  sarò  forse  mai  capace  di 
ridire  le  parole  colle  quali  ella  rendeva  la  sua 
disperazione  di  quei  primi  tempi,  dopo  la  dolo- 
rosa scoperta. 

Ma  ella  aveva,  per  fortuna  sua,  sempre  amato 
lo  studio.  Vi  si  consacrò  completamente  :  cominciò 
a  scrivere,  così,  per  sé  stessa,  a  lasciar  sgor- 
gare tutta  l'anima  sua  piena  di  dolore...  ma 
anche  di  speranze  nuove:  e  un  giorno —  «mi 
parve  —  ella  diceva  —  d'aver  fatto  un  libro  >. 

Amici  savi  e  competenti  la  consigliarono  di 


^  196  — 

pubblicarlo;  e  tu  l'hai  letto  quel  libro  di  made- 
moiselle **%  è  il  suo  Journal,  quello  di  cui  ella 
ancora  soggiungeva:  «  Di  tutti  i  miei  lavori, 
è  quello  che  mi  diede  le  migliori  consolazioni: 
rispondenze  intime,  comunicazioni  con  anime 
che  non  avrei  mai  conosciute;  anime  simpatiche, 
che  la  mia  voce  destò,  e  che  mi  sorsero  d'at- 
torno, che  mi  incoraggiarono  >. 

C'è  una  generazione  sempre  rinnovellantesi 
di  intelligenze  e  di  cuori  affettuosi;  un  perpetue 
divenire  di  impressioni  e  di  sentimenti,  nel 
mondo  delle  anime.  Quante  confidenze,  rivela- 
zioni speciali  di  situazioni,  di  circostanze,  di 
affetti,  di  speranze  e  di  dolori,  che  non  si  fareb- 
bero a  viso  scoperto  !  Lo  scrittore  diventa  in 
molti  casi  l'amico  ;  diventa,  dal  fondo  della  sua 
solitudine,  il  consolatore  invisibile  di  tutti  questi 
spiriti  in  ansietà. 

Ecco,  secondo  me,  quale  dovrebbe  essere  spe- 
cialmente l'ideale  della  donna  nel  campo  della 
intelligenza  e  della  letteratura.  Sollevare  gli 
spiriti!  Mettersi  in  comunicazione  con  quella 
numerosa  schiera  di  anime  che  giungono  di 
giorno  in  giorno,  di  ora  in  ora,  nel  cuore  della 
vita  attiva  con  quella  purezza  di  aspirazioni, 
quegli  slanci  verso  il  bello,  quelle  ribellioni 
verso  il  male,  quel  complesso  di  passioni  gene- 


—  197  — 

rose,  che  fanno  sperare  sempre,  e  contro  tutti 
gli  scettici,  nel  miglioramento  della  umanità. 

Ma  questo,  il  campo  intellettuale,  temo  di  non 
ripetertelo  mai  abbastanza,  è  tal  campo  nel 
quale  pochi  possono  essere  ammessi,  e  sulFin- 
gresso  del  quale,  secondo  disse  un  acuto  e  spi- 
ritoso artista,  gioverebbe  scrivere:  «Chi  vuole 
più  di  ciò  che  può,  è  un  dilettante.  Chi  vuole 
ciò  che  può  è  un  ingegno.  Chi  può  più  di  ciò 
che  vuole,  è  un  genio  ». 

Medita  bene  le  verità  nascoste  sotto  il  velame 
delti  versi  strani:,. 

Più  accessibile,  di  solito,  alla  donna  è  il  campo 
della  carità. 

Nel  dramma  dello  Schiller,  1  Masnadieri,  un 
nomo  zufola,  e  dalle  profondità  della  selva,  dalle 
cavità  d'ogni  roccia,  d'ogni  tronco  d'albero, 
scono  creature  armate  di  tutto  punto  che 
:'ispondono  all'appello,  e  vengono  ad  offrire  la 
oro  opera,  la  loro  vita.  Nella  società  trava- 
liata  e  dolente  ch'è  la  nostra,  la  donna  mo- 
lerna,  conscia  della  sua  missione  d'amore  e  di 
)ace,  deve  far  udire  il  suo  appello,  al  quale, 
lon  dubitiamone,  migliaia  di  cuori  inquieti, 
rementi  nell'ombra,  risponderanno.  La  nostra 
locietà  soffre:  il  senso  sociale  deve  svegliarsi 


—  198  — 

nella  donna,  e  già  io  lo  vidi,  più  d'una  volta, 
svegliarsi  in  te,  grazie  a  Dio.  Ma  nel  cuore  della 
donna  cristiana  questo  senso  deve  prendere  una 
particolare  forma.  Per  fervente  che  sia  l'opera 
femminile  accanto  al  focolare  domestico,  ora  essa 
non  basta  più.  La  donna  deve,  specie  se  non  ha 
marito,  né  figliuoli,  estenderla  più  lontano, 
verso  tutti  coloro  che  soffrono.  Vi  sono,  pur 
troppo,  delle  classi  nelle  quali  la  famiglia  non 
esiste  più,  ossia  lo  spirito  di  essa  più  non  esiste. 
Voglia  Iddio  che  la  mente  della  donna  cristiana 
penetri  sino  in  fondo  a  certi  problemi  sociali... 
Una  moltitudine  immensa,  nella  quale  la  povera 
donna  si  esaurisce  quanto  e  forse  più  delFuomo, 
una  moltitudine  spinta,  assillata  dal  bisogno, 
sobillata  anche  dall'  odio  di  gente  utilitaria  e 
malvagia,  si  avanza,  piena  di  minaccia.  A  questa 
generazione  nuova  bisogna  (già  te  lo  disse  Donna 
Adriana),  bisogna  donare  tutte  le  nostre  forze. 
«  Amatevi  gli  uni  gli  altri  ». 

Intravedi  tu  l'intima  gioia  che  scaturisce  da 
questo  precetto  messo  in  pratica  da  una  giovine 
donna  ben  equilibrata,  forte  e  ardente  di  fede? 
la  giovane  che  sia  veramente  Tessere  dotato  di 
una  più  delicata  sensibilità,  di  una  dolcezza  più 
spontanea,  di  una  percezione  più  sottile,  di  una 
grazia  che  vinca  tutte  le  suscettibilità,  tutte  le 


—  199  -- 

diffidenze  e  tutti  i  timori,  così  facili  a  germo- 
gliare nel  cuore  degli  infelici? 

Abbiamo  letto  con  piacere,  il  babbo  ed  io, 
quella  tua  pagina  dove  ci  riferisci  le  belle  parole 
di  Alfredo. 

È  sempre  la  vecchia  storia...  troppo  spesso 
ora  nei  giovani  manca  l'entusiasmo,  mancano 
a  fede  e  la  carità  di  patria.  Ciò  è  triste,  tanto 
3iù  che  non  è  neanche  giusto  il  dire  che  sia 
frutto  generale  dei  tempi:  e  che  allo  spirito 
3atriottico  vada  sostituendosi  quello  umanitario. 
Se  noi  parliamo  con  francesi,  con  inglesi,  con 
tedeschi,  subito  ci  avvediamo  che  essi  amano 
)rofondamente  la  loro  patria,  e  per  noi  è  sovrat- 
;utto  umiliante  quel  senso  di  orgoglio,  di  supe- 
riorità, che  dimostrano  in  quest'amore,  quasi 
3he  essi  molto  avessero,  nella  patria,  da  amare, 
la  venerare,  da  apprezzare,  e  noi più  nulla! 

Ah!  in  questa  vergognosa  lacuna  della  edu- 
3azione  italiana  molti  avranno  colpa,  e  qui  non 
^iova  indagare,  ma  certissimo  è  che,  anche  in 
juesto  campo,  la  donna  può  recare  una  influenza 
salutare  e  riparatrice. 

Essa  è  che  dovrebbe  parlare  all'infanzia,  ai 
giovanetti,  di  questo  nostro  fulgido  paese,  culla 
ì'ogni  civiltà,  d'ogni  eroismo  e  d'ogni  poesia. 


—  200  — . 

E  poiché  non  può  accendere,  se  non  chi  è 
acceso,  ogni  donna  dovrebbe  farsi  un  dovere 
di  conoscere  le  nostre  glorie  patrie,  di  conoscere 
questo  tesoro  ch'è  la  nostra  lingua,  questa  ere- 
dità sacra  trasmessa  a  noi  da  generazioni  illustri, 
le  quali  per  tanto  tempo  seppero  imporre  anche 
oltr'Alpe  le  nostre  tradizioni. 

Se  i  nostri  figliuoli,  fin  dalla  età  più  tenera, 
avessero  nella  madre,  nelle  sorelle  maggiori, 
una  guida  nella  storia  e  nelle  glorie  del  paese, 
quanto  bene  potrebbe  derivarne  in  avvenire! 

Di  tanto  in  tanto  il  ragazzo  si  soffermerebbe 
a  pensare,  a  sorridere  di  gioia  e  di  santa  alte- 
rezza, qualche  volta   anche  a  piangere ma 

sarebbero  sempre  lagrime  feconde  d'amore  e 
d'eroismo. 

Legga  la  donna  le  storie  del  Vasari,  del  Mu- 
ratori, del  Botta,  legga  i  libri  di  Cesare  Balbo, 
del  Tommaseo,  del  Rosmini,  di  Gino  Capponi, 
di  Alessandro  Manzoni,  di  Massimo  d'Azeglio, 
gli  scritti  vari  del  Pellico,  del  Giusti,  del  Leopardi 
(quando  parla  della  patria  egli  è  sempre  gran- 
dissimo), legga  l'Antologia  compilata  dal  Car- 
ducci, e  riuscirà,  la  donna  nutrita  di  questi 
forti  pensieri,  a  trasfonderli  nell'animo  di  chi 
l'ascolta. 

Io  so  per  prova,  cioè  per  la  esperienza  fatta  con 


—  201  — 

Alfredo,  che  l'anima  del  giovanetto  si  schiude 
prestissimo  a  questi  sensi  patriottici,  e  li  beve 
come  rugiada  che  fecondi.  E  in  un'anima  cosi 
preparata  a  sentire  generosamente  metterà 
radici  più  profonde  tutto  ciò  che,  in  avvenire, 
la  vita  le  offrirà  di  grande  e  di  nobile.  Mentre 
il  giovine,  nel  quale  non  sia  stato  destato  l'amor 
patrio,  rimarrà  sempre  uno  spirito  freddo,  chiuso 
a  tutte  le  fedi,  a  tutti  gl'ideali:  avrà  un  sor- 
riso di  scherno  per  tutto  ciò  che  è  slancio, 
sacrifìcio,  rinuncia  personale  ;  cose  che  egli  defi- 
nirà con  una  sola  parola,  sacrilegamente  : 
Poesia! 

Poesia  quanto  gli  costerebbe  fatica,  e  non  gli 
tornerebbe  di  vantaggio  pratico  ;  poesia  il  saper 
mettere  in  seconda  linea  il  guadagno  e  la  pro- 
sperità propria  ;  poesia  l'amare  il  vero,  l'onesto, 
il  grande,  fino  a  dare  la  vita  per  essi  !  .    .    . 

Indicarti  dei  buoni  libri? 

Come  vedi,  in  parte,  quasi  senz'avvedermene, 
già  risposi  più  su  alla  tua  richiesta.  Ora,  se  vuoi, 
continueremo. 

Alla  buona  prosa  che  già  t'indicai,  dovrai 
aggiungere  quella  del  Galileo  Galilei,  e  dal 
Galileo  medesimo  imparerai  a  non  arrestarti  al 
Galileo,  né  a  tutto  il  seicento,  né  al  settecento; 


—  202  — 

sentirai  insieme  con  lui  di  avere  in  te  una 
potenza  indomabile,  che  mai  non  si  quota, 
fuorché  nel  vero,  che  l'anima  dello  scrivere  bene 
è  il  pensar  bene,  retto  e  distinto.  Gusterai  meglio 
il  Foscolo,  nelle  sue  «  Lettere  »  e  nei  suoi 
«  Discorsi  »,  il  Monti,  l'Alfieri,  nella  sua  «  Vita  » 
scritta  da  esso  medesimo,  il  Giordani,  il  Set- 
tembrini e  il  De-Sanctis,  il  Niccolini,  il  Lam- 
bruschini  (1). 

E  non  dimenticare  i  nostri  grandi  poeti:  leg- 
gili spesso.  Generalmente  essi  si  studiano  un 
poco  durante  gli  anni  della  scuola;  poi  non  si 
aprono  quasi  più,  quei  mirabili  volumi.  Quante 
giovani  donne  leggono  la  Divina  Commedia^ 
Pochissime,  per  non  dir  nessuna.  E  ciò  è  gran 
peccato,  poiché  molte  di  esse,  se  la  leggessero 
dopo  i  vent'anni,  la  intenderebbero  nel  solo 
modo  che  riesca  profittevole:  dandovi  una  inter- 
pretazione personale. 

Io  non  dico  già  che  tutti  i  veli  onde  si  copre 
quel  divino  poema  cadrebbero:  ma  il  mistero 
fluttua,  direi,  intorno  a  certi  confini,  che  possono 
essere  allontanati,  sempre  più.  Le  parole  della 
prosa  rappresentano  cose  dai  contorni  ben  defi- 
niti. La  poesia  ha  invece  il  privilegio  di  susci- 


(1)  Di  questi  autori  vi  sono  edizioni  compilate  per  la  gioventù. 


—  203  — 

tare  in  noi  aspirazioni,  immagini  vaghissime. 
Ogni  parola  racchiusa  in  un  verso  non  ha  sol- 
tanto il  significato  suo  proprio,  quello  solo  che 
il  poeta  volle  darle:  ma  ha  la  possibilità  di 
suggerire  un  numero  grande  di  pensieri  sempre 
nuovi  in  chi  legge;  pensieri  che  fiammeggiano, 
the  germogliano  gli  uni  dagli  altri,  e  si  diffon- 
dono all'infinito,  e  ci  dischiudono  Tlnfinito. 

Dopo  aver  gustato  questi  nostri  grandi,  potrai 
spingerti  più  lontano  nel  passato,  e  leggere  con 
profitto  le  migliori  opere  greche  e  latine;  ne 
abbiamo  delle  buone  traduzioni,  e  saranno 
come  un  cibo  sostanzioso  che  ti  conferirà  forza 
contro  la  frivolezza  di  certa  letteratura  mo- 
derna. 

Se  poi  entriamo  nel  campo  religioso,  e  vo- 
gliamo libri  che  ci  aiutino  a  progredire  pratica- 
mente nel  bene,  qui,  fatte  poche  eccezioni,  con- 
vien  dare  la  preferenza  a  scrittori  stranieri.  I 
francesi  Bossuet,  Fénélon,  Bourdaloue,  più  mo- 
dernamente Lacordaire,  Dupanloup,  Bougaud, 
Gratry,  poi  gli  inglesi  e  gli  americani  Wiseman, 
Newman,  Manning,  Spalding  hanno  pagine  tali 
da  poter  dire  che,  quando  si  ignorano,  tutto  un 
mondo  è  chiuso  ancora  al  nostro  spirito. 

Quanto  ai^  romanzi  io  non  li  bandisco  tutti, 
senza  eccezione.  Ma  di  italiani,  buoni,  e  all'in- 


^  204  -™ 

fuori  di  quelli  scritti  dagli  autori  che  già  conosci, 
ne  abbiamo  pochi. 

Non  bandisco  tutti  i  romanzi,  perchè  penso 
come  Madame  Swetchine  che:  la  fiction  ne  doit 
pas  se  dèfier  de  la  rèalitè:  e' est  là  où  elle  doit 
puiser  sa  force.  Bn  lisant  les  bons  romanciers 
je  leur  ai  plus  d'une  fois  appliquée  la  fobie 
d'AnthèCy  touchant  la  terre  pour  reprendre  a  la 
fois  courage  et  vigueur. 

Nel  romanzo,  in  altre  parole,  molte  verità, 
che  in  un  libro  di  filosofia  sarebbero  aride  e 
infeconde,  diventan  cose  vive:  la  gioia  e  il  do- 
lore; la  rettitudine  e  la  frode,  la  bontà  e  la 
malizia,  tutto  ciò  prende  un'anima,  riesce  a 
farci  fremere,  ad  accenderci  di  sdegno  o  di 
ammirazione. 

Siamo  nel  mio  salotto-studio.  Sai  che  amo  i 
libri,  e  ne  ho  sempre  un  bel  numero  sparsi  qua 
e  là.  Entra  un'amica. 

—  Hai  qualche  bel  libro  da  imprestarmi, 
qualche  novità? 

—  Ecco,  cara,  scegli. 

L'amica  prende  quasi  avidamente  i  volumi 
che  le  porgo,  e,  leggendo  i  titoli  : 

—  Italiani? No....r  piuttosto  questi,  fran- 
cesi  


—  205  — 

Questa  piccola  scena,  quando  abitavo  ancora 
Torino,  si  ripeteva  spesso^  poiché  mi  piaceva 
questa  specie  di  referendum  tra  signore.  Su 
cinque,  quattro  almeno  preferivano  i  libri  fran- 
cesi; parlo  sempre  di  novità,  s'intende,  e  di 
letteratura  amena. 

E  perchè? 

Intanto  molte  signore  mi  hanno  risposto 
questo: 

«  Nei  romanzi  italiani  troppo  spesso  siamo 
trasportati  in  un  ambiente  che  non  è  il  nostro, 
e  quando  poi  i  romanzieri  vogliono  descrivere 
le  cose,  i  luoghi  e  le  persone  tra  le  quali  noi 
ci  moviamo,  quasi  sempre  (ci  sono  le  ecce- 
zioni, questo  s'intende)  notiamo  che  manca  il 
vero  senso  della  signorilità.  Il  linguaggio  non 
è  abbastanza  schietto,  fluido  e  immediato;  dentro 
quei  libri  non  ci  sentiamo  vivere  noi,  proprio 
noi,  coi  nostri  difetti  e  i  nostri  pregi,  i  nostri 
gusti,  le  nostre  tendenze  e  il  grande  contrasto 
delle  nostre  passioni.  Ora,  in  generale,  chi  legge 
ama  ritrovare  nel  libro  un  po'  di  se  stesso.  Ciò 
che  più  vivamente  si  chiede  al  romanziere 
è  che  sappia  strapparci  il  grande  piccolo  grido: 
«  Ecco,  ecco  ciò  che  mi  stava  chiuso  nell'anima 
e  che  non  sapevo  dire!  » 

Si  è  tanto  chiacchierato  contro  il  remanti- 


—  206  — 

cismo  e  per  il  verismo,  ma  il  vero,  nei  nostri 
scritti  d'invenzione,  com'è  ancora  raro!  Fu  detto 
che  i  romantici  mai  non  seppero  far  altro  che 
descrivere  se  stessi;  ma  il  difetto  loro  stava  in 
questo  :  che  di  sé  stessi  dipingevano  ciò  che  era 
straordinario,  stravagante,  esorbitante  ;  che,  del 
resto,  dal  momento  che  la  sola  anima  e  la  sola 
vita  che  possiamo  conoscere  davvero,  sino  in 
fondo,  sono  le  nostre,  io  ti  confesso  che  tutte  le 
mie  simpatie  artistiche  vanno  allo  scrittore  che 
mi  dà  il  libro  nel  quale  egli  stesso  mi  appare 
schiettamente,  come  un  amico  che  mi  somiglia, 
in  ciò  che  ho  di  più  vivo,  di  migliore. 

Per  me  il  prototipo  dei  romanzieri  è  Carlo 
Dickens,  nel  David  Copperfìeld.  In  lui,  come  nel 
nostro  Manzoni  e  anche  in  alcuni  romanzi  del 
Fogazzaro,  la  fantasia  è  una  forza  potente,  ma 
non  mai  prepotente,  essa  è  sempre  penetrata 
di  ragione,  cosi  come  la  realtà  è  sempre  pene- 
trata di  fede.  Quale  abisso  tra  lui  e  certi  autori 
pagani  dei  nostri  tempi,  nei  quali  autori  Vio 
smarrisce  ogni  senso  di  misura,  e  confida  al 
pubblico  molti,  troppi  secreti  intimi  del  suo  or- 
goglio, della  sua  vanità...  Esseri  febbricitanti, 
che  scrivono  per  esaltare  sé  stessi  in  una  specie 
di  vertigine 

Ma  è  inutile  io  mi  dilunghi  su  questo  punto. 

Tu  ami  i  buoni  libri.  Buoni  dunque,  e  anche 


—  207  — 

non  troppi.  Guardati  dal  diventare  una  di  quelle 
lettrici  che  sfiorano  moltissimi  libri,  senza  assa- 
porarne nessuno,  e  non  domandano  alla  lettura 
che  un  passatempo,  una  scossa  emotiva. 

Leggi  bene,  cioè  adagio,  pigliando  appunti, 
meditando,  rendendoti  ragione  delle  impressioni 
che  ricevi. 

Certe  donne  si  lasciano  prendere  da  una 
specie  di  avidità  nella  lettura,  e  nella  confusione 
dei  molti  volumi  sfogliati  finiscono  più  spesso 
collo  smarrire  i  concetti  che  col  fissarli; finiscono 
coll'essere  assai  meno  rischiarate  e  fortificate, 
dopo  la  lettura  che  prima:  sentendosi  il  cuore 

meno  riposato,  la  mente  più  incerta I  libri 

che  sono  la  nostra  consolazione,  la  patria  del 
nostro  spirito,  non  possono  essere  tanti;  e  ve 
ne  sono  invece  molti  che  possono  avvelenare 
le  fonti  migliori  delle  nostre  forze. 

A  qualsiasi  età,  Mariola  mia,  quando  ti  av- 
vedrai che  un  libro  nuoce  ai  tuoi  principii, 
offende  la  tua  purezza,  tu  dovrai  chiuderlo 
suiristante. 

Un  grande  filosofo  disse:  un  uomo  è  meno 
superiore  agli  altri  uomini  per  l'ingegno  suo, 
che  per  l'impiego  ch'egli  sa  farne. 

Ecco  perchè  nella  letteratura  dobbiamo  cer- 
care non  solo  il  bello,  ma  anche  il  buono.  La 


—  208  — 

meta  di  ogni  spirito  deve  essere:  sapere,  per 
maggiormente  valere. 

In  generale,  Mariola,  qualsiasi  libro  in  cui 
direttamente  o  indirettamente  non  ti  giunga 
un  soffio  dal  di  là,  è  libro  vano  e  facilmente 
nocivo. 

Leggevo  ieri  e  ti  trascrivo: 

«  Quattr'anni  sono,  in  un  giorno  di  prima- 
«  vera,  all'uscire  da  una  di  quelle  refezioni  nelle 
«  quali  il  caro  Theuriet  usava  riunire  a  Bourg- 
«  la-Reine  intorno  alla  sua  mensa  ospitale  alcuni 
«  collaboratori  ed  amici,  noi  andammo  insieme 
<<  con  Francesco  Coppée,  a  traverso  quei  giar- 
«  dini  imbalsamati,  sotto  la  verzura  novella, 
«  dare  a  Sully  (che  non  poteva  più  uscire  da 
«  Chàtenay)  un  affettuoso  buon  giorno. 

«  Quali  fossero  gli  orrori  delle  sue  sofferenze 
«  fisiche  si  potevan  facilmente  conoscere  dalle 
«  espressioni  di  spasimo  che  passavano  sul  suo 
«  nobile  volto,  dalFagitarsi  continuato  del  suo 
«  corpo  infermo,  dalle  contrazioni  dei  suoi  piedi, 
«  dalla  lentezza  della  sua  parola  ansante.  Ma, 
«  più  del  corpo,  l'anima  sembrava  misera- 
«  bile.  Per  quanti  sforzi  noi  si  facesse  per  avviare 
«  la  conversazione  verso  argomenti  che  altre 
«  volte  lo  attraevano,  egli  tornava  continua- 


—  209  — 

<  mente  a  parlare  della  morte  e  del  di  là  dalla 
€  morte. 

«  Diceva  come  si  fosse  riposato  nella  fede 
«  cristiana,  come  vi  avesse  trovato  le  più  con- 

<  solanti  promesse come  se  ne  fosse  allonta- 

«  nato  un  giorno,  e  come  da  quel  giorno  egli 
«  avesse  errato  sul  cammino  del  dubbio,  senza 
«  riuscire  a  incontrar  più,  in  nessun  luogo,  una 
«  certezza  che  appagasse  in  ugual  modo  la  sua 
«  immaginazione  e  la  sua  ragione. 

€  Interrogava,  stringeva,  urgeva,  volendo 
«  sapere  se  nel  nostro  cuore  fosse  la  stessa 

<  ferita. 

«  E  quando  Francesco  Coppée,  che  fino  a  quel 
«  momento,  nel  salotto  senz'aria,  s'era  fatto  uno 
«  studio  di  parlar  gaio,  per  distrarre  e  sollevare 
«  Sully,  diventato  improvvisamente  molto  serio, 
«rispose  con  affermazione  convinta: 

«  —  Io  credo!  —  Egli,  Sully,  voltandosi  con 
«  una  specie  di  invidiosa  ammirazione  negli 
«  occhi,  e  sollevando  le  povere  mani,  disse 
«  soltanto: 

«  —  Ah  !  Coppée  !  Se  sapeste  come  siete 
«  felice!  » 

Sii  dunque  gelosa  di  questa  felicità  che  hai 
tu  pure,  figliuola  mia,  e  non  metterla  in  peri- 
colo con  letture  cattive. 

14  —  L'intima  aioia. 


—  210  -- 

Ci  sono  uomini  insigni  che  scelsero  a  maestri 
della  propria  vita  alcuni  libri,  dai  quali  non  si 
separarono  mai,  si  fecero  accompagnare  a  tra- 
verso tutto  il  viaggio  della  vita.  Abramo  Lincoln 
—  Vonesto  Àbramo,  come  fu  chiamato  —  aveva 
scelto  a  compagni  così  fatti  :  la  «  Bibbia  »  ;  la 
«  Vita  di  Washington  »  e  il  «  Cemento  alla 
Costituzione»,  dal  che  si  potrebbe  trarre  esempio, 
e  arguire  che  abbiamo  tutti  bisogno  di  un  libro 
di  fede,  d'uno  che  ci  rispecchi  la  vita  di  qualche 
essere  superiore,  avente  con  noi  speciale  affi- 
nità; e  finalmente  di  un  libro  che  sia  come  la 
norma  della  nostra  vita  attiva  e  pratica     .    . 


LETTEEA  XIX. 


Moviola  a  sua  Madre. 


Hai  ragione,  è  un  secolo  che  non 

scrivo,  ma  ho  le  mie  buone  scuse. 

Quante  cose,  quali  avvenimenti  tristi  e  lieti 

sono  seguiti!  In  parte  già  li  sai  dalla  nonna... 

quale  ha  sofferto  assai  di  più  del  triste  mu- 

bmento   avvenuto   nella  vita  della  zia  Celine, 

le  non  del  lieto  avvenuto  in  quella  di  Carmen. 

Ora  la  zia  Còline  è  qui  con  noi,  pare  un  po' 

ù  tranquilla i  ragazzi  sono  in  collegio 

a  io  mi  domando  mille  volte  al  giorno  'perchè 
lei  due  non  sono  più  andati  d'accordo,  non 
mno  più  potuto  vivere  insieme,  hanno  voluto 


—  212  — 

dividersi,  disfare   la  loro   casa,  essi,  che    soL 
pochi  anni  or  sono  si  sposarono  con  tanta  gioia 

Io  me  ne  ricordo,  di  quel  tempo,  ricordo 
rallegramenti  di  tutti  i  parenti  e  gli  amici,  I 
feste,  le  poesie  pubblicate  in  quell'occasione  d; 
un  compagno  dello  zio  Marco,  nelle  quali  era] 
cantate  le  dolcezze  che  dovevano  scaturire  d 
una  unione  come  quella,  in  cui  bellezza,  gio 
vinezza,  intelligenza,  tutto  splendeva  e  promet 
teva  di  splendere  sempre  di  più.  Pareva  eh 
per  quei  due  sposi  dovesse  cominciare  il  paradis 
in  terra.  E  poi  mi  ricordo  dei  primi  tempi,  dop 
il  matrimonio,  quando  la  zia  Celine  veniva 
vederci  e  appariva  così  felice  davvero. 

—  Marco  mi  adora  !  —  diceva  tante  volte. 

Ora,  fin  dai  primi  giorni  in  cui  ritornai  i 
quella  casa  un  po'  fredda  della  zia,  dove 
ragazzi  erano  cosi  spesso  soli,  dove  si  sentiv 
in  mille  modi  che  la  padrona  di  casa  abban 
donava  ogni  cura  ai  servi,  subito  compresi  eh 
le  cose  non  andavano  bene.  La  nonna  me  n 
parlava  anche,  si  sfogava  con  me,  ogni  giorn 
un  po'  di  più,  a  misura  che  mi  conoscev 
meno  bambina,  più  donna  di  quanto  appariss 
Molte  volte  poi,  inaspettatamente,  mentre  era 
vamo  a  colazione,  a  pranzo,  giungeva  la  zi^ 
pallida,  nervosa,  cogli  occhi  lucenti,  le  palpebr 


—  213  — 

irrossate,  e  diceva  con  apparente  disinvoltura, 
lavanti  ai  domestici: 

—  Mamma,  mi  dai  un  po'  di  pranzo?  Marco 
iggi  doveva  assentarsi,  e  i  ragazzi  hanno  già 
nangiato  colla  honne. 

Ma,  come  appena  si  rimaneva  sole,  la  zia  Celine 
ncominciava  a  piangere,  a  lagnarsi,  a  narrare  di 
erti  alterchi  avvenuti  con  suo  marito,  per  ragioni 
he  parevan  futili,  veramente:  ora  lo  zio  non 
;veva  voluto  accompagnarla  ad  un  concerto,  ad 
n  ricevimento:  altra  volta  egli  aveva  sgridato 
roppo  severamente  i  ragazzi,  era  stato  impa- 
iente,  intollerante,  collerico;  aveva  fatto  nascere 
na  tragedia  perchè  ella  aveva  tardato  a  rinca- 
are  per  l'ora  del  pranzo 

Secondo  Còline,  Marco  diventava  impossibile, 
isomma  !  Sempre  chiuso  nel  suo  studio,  non 
eleva  essere  disturbato,  si  lagnava  quando  ella 
iceveva;  la  questione  delle  spese  poi  diventava 
3mpre  più  complicata:  tutte  quelle  che  voleva 
ir  lei  erano  inutili,  solo  quelle  di  lui  erano 
ivie  ;  e  infine  non  era  giunto  a  dirle,  beffar- 
amente,  che  la  smettesse  di  farsi  eleggere 
residente  di  tanti  comitati  di  beneficenza,  che 
icesse  prima  a  lui  il  bene  di  starsene  tran- 
uilla  in  casa? 

Io  mi  avvedevo  che  la  nonna  non  disappro- 


—  214  — 

vava  in  tutto  lo  zio  Marco;  per  conto  mio,  v 
erano  dei  momenti,  quando  Celine  piangeva,  s 
disperava,  in  cui  propendevo  per  lei;  ma  se  pò 
giungeva  lo  zio  Marco,  all'insaputa  di  lei,  egl 
mi  appariva  un  uomo  così  stanco,  per  il  qual( 
la  famiglia  era  diventata  un  tal  peso,  il  sogni 
della  pace  domestica  un  tal  disinganno,  chi 
provavo  una  gran  pena  anche  per  lui,  e  finiv* 
col   conchiudere  che   quei   due  erano  proprii 

disgraziati Disgraziatissima  poi  era  la  nonna 

che  badava  a  ripetere,  a  Celine,  di  diventar- 
più  savia,  di  rinunciare  a  quella  vita  un  pc 
vanitosa,  un  po'  troppo  agitata  e  dissipata;  < 
poi  raccomandava  al  genero  di  non  esser  tant 
rigido  e  severo,  di  trattare  con  maggior  dol 
cozza,  di  voler  comprendere  le  esigenze  de 
tempi,  della  società  in  cui  viviamo,  e  si  per 
suadesse  che  Celine  in  fondo  era  buona^  e  gì 
voleva  bene  e  voleva  bene  ai  suoi  figliuoli... 

Ma  le  cose,  invece  di  accomodarsi,  in  quesi 
ultimi  tempi  si  arruffavano  sempre  di  più 
Quasi  ogni  giorno,  dal  telefono,  la  zia  chiamavi 
la  nonna  :  «  Vieni  subito!  Mi  sento  male  !  Marc- 
è  stato  terribile  !  Non  ho  neanche  più  la  forz; 
di  reggermi,  di  scendere  le  scale » 

Ah  !  quelle  scampanellate  del  telefono  com« 
ci  facevano  sussultare,  ormai.  La  nonna,  pove 


—  215  — 

retta,  che  aveva  ancora  un  po'  d'influenza,  un  po' 
di  febbre  tutte  le  sere,  mi  pregava  di  accompa- 
gnarla; io  l'aiutavo  a  vestirsi,  a  salire  in  car- 
rozza, a  fare  le  scale  di  quella  triste  casa.  Credo 
che  non  passerò  mai  più  in  via  Assietta  senza 
provare  uno  stringimento  di  cuore,  mamma  ! 

Cominciavano  a  venirci  incontro  i  ragazzi, 
tutti  pallidi  e  tremanti;  poi  entravamo  nella 
camera  semi-buia  della  zia,  dove  un  fatuo  e 
nauseante  odore  di  etere  mi  soffocava,  dove 
Celine,  buttata  sul  letto,  coi  capelli  disciolti,  il 
volto  esasperato,  gli  occhi  minacciosi,  singhioz- 
zava, gemeva  verso  sua  madre  :  «  Questo  è  un 
inferno,  non  ne  posso  più,  portami  via!  ». 

Quasi  sempre  era  poi  un  gran  chiasso  per 
nulla,  sai  ;  guai  che  si  sarebbero  potuti  evitare 
con  poca  difficoltà,  se  da  una  parte  e  dall'altra 
ci  fosse  stato  un  po'  di  tolleranza,  di  pazienza. 

Ma incompatibilità  d'idee,  di  tendenze,  di 

gusti,  ecco  il  piccolo,  terribile  tarlo,  che  rovi- 
nava tutto  l'edifizio  ! 

Il  risultato  fu  che  la. nonna,  credo  sovrat- 
tutto  per  i  ragazzi,  i  quali  in  quella  casa  della 
discordia  intristivano,  si  riprese  la  figliuola.  I 
ragazzi,  come  ti  dissi,  sono  in  collegio.  Lo  zio 
Marco  viaggia.  La  zia  Celine,  la  cui  salute  era 
molto  scossa,  ormai,  dice  che  torna  a  respirare,  e 
pare  realmente  che  si  quoti,  che  stia  meglio  cosi. 


—  216  — 
Ma  tutto  ciò  è  triste,  e  mi  rende  pensosa     . 

Intanto  Carmen,  la  nostra  bionda,  snella  ed 
elegante  Carmen,  s' è  fidanzata,  s' è  sposata. 
Appena  due  mesi  è  rimasta  promessa. 

«  Non  potreste  aspettare  un  po'  di  più?  anche 
un  anno, per  aver  campo  a  conoscervi  bene?», 
domandava  la  nonna,  ormai  molto  ostile  alle 
cose  fatte  in  fretta 

Ma  tutti  i  parenti  ridevano!  Aspettarsi  un 
anno?  perchè?  Il  matrimonio  —  dicevano  —  è 
sempre  una  carta  che  si  gioca.  Tanto  vale  un 
mese  quanto  un  anno!  Bel  resto,  colla  diffi- 
coltà che  c'è  oggi  a  trovar  marito,  Carmen  poteva 
stimarsi  fortunata,  fortunatissima.  Sposava  un 
uomo  per  bene,  con  un  bel  nome,  e  molto  ricco. 
A  lui  non  piaceva  di  fare  il  fidanzato  a  lungo! 
Tanto  meglio...  le  cose  lunghe  diventan  serpi. 

Dal  giorno  delle  promesse,  Carmen  mi  parve 
fosse  entrata  in  un  turbine  —  visite,  ricevimenti, 
lunghe  sedute  dalle  sarte,  dalle  modiste:  ella 
non  poteva  se  non  andare,  andare 

Il  lunedì,  giorno  in  cui  stava  in  casa,  nella 
sua  sala  era  un  continuo  andirivieni  di  signore 
vecchie  e  giovani,  che  giungevano  tutte  col  loro 
piccolo  ricordo,  ed  era  un  vocio  continuato  di  : 
«Mi  rallegro!»  «  Come  sei  fortunata!  »  «  Che  bei 
regali  !  » 


—  217  — 

Tutte  le  vecchie  signore  anche  tra  loro  ripe- 
tevano: 

«  Carmen  s'è  dimostrata  una  ragazza  di  molto 
buon  senso  ».  «  Sua  madre  l'ha  educata  molto 
bene  ». 

Intanto  Carmen  aveva  il  suo  daffare  a  mo- 
strare le  gioie,  le  trine,  le  pelliccio,  il  corredo, 
che  era  stato  esposto  in  camera  sua 

E  sabato  scorso  ebbe  luogo  il  gran  matri- 
monio. 

Che  bellezza,  che  sogno  fiorito  e  luminoso 
e  armonioso  era  la  chiesa  degli  Angeli  Custodi  ! 

Lo  sposo  era  calmo  e  sorridente. 

Carmen,  tutta  avvolta  in  una  nuvola  di  veli 
bianchi,  pareva  raggiante,  camminava  come  chi 
ha  vinto  qualche  gran  premio  —  non  saprei 
definire  diversamente  l'impressione  che  mi  dava 
—  stringeva  le  mani  degli  uomini,  baciava  in 
volto  le  signore  che,  all'uscir  di  chiesa,  si  assie- 
pavano sul  suo  cammino. 

Appena  saliti  nel  coupé  dai  vivaci  cavalli  in- 
fiorati di  bianco  agli  orecchi,  gli  sposi  partirono, 
senz'aspettar  nessuno.  Le  carrozze  e  le  auto- 
mobili che  avrebbero  portato  i  numerosi  invi- 
tati dXV Hotel  d'Europe,  dovevano  giungere 
qualche  ora  dopo,  pel  lunch,  E  giunsero,  tutti 
colmi  di  dame  eleganti,  festose,  fiorite;  in  ogni 


—  218  — 

via  di  Torino  quel  giorno  fu  come  una  scia  di 
profumi  e  di  splendori  nuziali. 

«  Che  idee  eleganti  ha  lo  sposo  !  »  —  udii 
esclamare  da  molte  signore  invitate. 

E  dopo  la  refezione,  nelF  arder  bianco  di 
quella  sala  convertita  in  un  vero  boschetto  di 
azalee  e  di  lillà  candidi,  raccolsi,  tra  la  gente, 
di  questi  discorsi: 

«  Lo  sposo  è  conosciutissimo,  a  Torino,  per  i 
suoi  cavalli  e  le  sue  automobili. 

«Che  uomo  è?  serio? 

«  Pare  di  sì.  Ha  un  castello  nel  Canavese,  una 
palazzina  qui  a  Torino,  e  un  train  de  maison 
ben  ordinato.  E  poi  le  sue  sostanze  non  sono 
di  quelle  che  oggi   possono   esserci,  e  domani 

non  esserci  più No,  no,  è  un  solido  e  buon 

patrimonio 

«  Anche  Carmen  ha  una  dote  discreta sì, 

per  questo  è  un  matrimonio  riuscito.  Potranno 
vivere  comodamente,  largamente...  » 

Io  intanto  guardavo  Carmen,  e  pensavo,  pen- 
savo a  tante  cose  che  non  saprei  dire;  e  in 
mezzo  a  tutte  quelle  risate,  quei  fiori,  quella 
gioia,  mi  sentivo  piena  di  malinconia. 

I  giorni  nei  quali  non  sono  turbata  da  pen- 
sieri mesti  diventano  più  rari,  mamma! 


—  219  — 

Sono  troppo  impressionabile  ? Forse  troppo 

esigente?  Sogno  qualcosa  che  non  esiste? 

Non  sgridarmi,  mamma;  mi  fa  bene  di  dirti 

tutto  ciò  che  succede  nell'anima  mia ciò  che 

succede  all'esterno  forse  non  ha  valore,  se 
non  per  la  sua  ripercussione  appunto  nel  mio 
cuore  ? 

Solo  quando  scrivo  a  te  mi  pare  di  pensare 
davvero;  e  questo  pensare  con  te  mi  prova 
che  vivo.  Io  ti  vedo,  tu  mi  ascolti,  e  rispondi 
persino  a  quelle  cose  che  si  dicono  con  l'anima, 
senza  parlare 


LETTERA  XX. 


Donna  Cristiana  Graneri  a  sua  figlia. 


Si,  cara,  io  ti  risponderò!  Con  tutta  la  mia 
anima  risponderò  alla  tua. 

Hai  vent'anni,  hai  un  cuore  molto  vivo,  una 
mente  molto  desta,  ti  guardi  d'attorno,  e  vedi 
una  donna  che  spezza,  od  almeno  rallenta  i 
vincoli  del  matrimonio,  già  contratto  con  tanta 
gioia:  vedi  un'altra  donna  che  li  accetta  ridendo, 
senza  riflettere,  come  ebbra,  solo  perchè  questi 
vincoli  sono  dorati;  vedi  questa  donna  ammi- 
rata, applaudita,  invidiata,  come  se  avesse  rag- 
giunta la  vetta  suprema  della  felicità,  e  tu  allora 
ti  domandi: 

«  Ma  è  dunque  una  illusione  tutto  ciò  che 
io  immaginavo? Illusioni,  tutte  le  mie  aspira- 
zioni migliori? 


—  222  -~ 

A  questo  punto,  io  non  esito  a  dirti  :  Vieni, 
Mariola,  ascendiamo  a  claritate  in  claritatem, 
io  ti  parlerò  dell'amore,-  di  quello  vero,  di  quello 
buono  e  grande,  del  solo  degno  del  nome. 

Lo  incontrerai  tu  nella  vita? 

Iddio  solamente  lo  sa. 

Ma  non  sarebbe  giusto,  potrebbe  nuocerti  il 
lasciarti  credere  che  sia  una  chimera  ciò  che 
invece  è  un  raggio  divino. 

Succede  raramente,  ma  succede,  che  due 
esseri  capaci  di  amarsi  fortemente  e  per  sempre, 
d'intendersi  nel  vero  e  nel  bene,  s'incontrino, 
e  possano  unirsi.  Ma  tale  incontro  non  può 
avvenire  se  le  vie  non  sono  preparate  in  noi, 
se  il  cuore  non  è  generoso,  e  la  mente  non  è 
pura,  se  la  vanità,  la  cupidigia,  la  menzogna 
mondane  non  sono  scacciate  lontane,  e  odiate. 

Molti  non  credono  all'amore  perchè  non  lo 
conoscono,  ossia  non  conoscono  che  il  suo 
simulacro. 

Vi  fu  chi  scrisse:  «  L'amore  è  la  maggiore 
delle  frodi  e  delle  tristezze:  perchè  esso  è  lo 
sforzo  supremo  che  l'uomo  fa  (invano)  per  isfug- 
gire  alla  solitudine  del  suo  essere  interiore  ». 

Amare  parole  di  chi  non  ha  fede  nella  virtù. 

Chi  ne  ha,  non  le  proferirà  mai:  neanche 
se  non   gli  sarà   stato  concesso   di   conoscere 


—  223  — 

la  rispondenza  che  avrebbe  appagato  per  sempre 
il  suo  cuore. 

Ma,  nell'amore,  guai  all'egoista.  Chi  cerca 
l'amore  per  avere  più  piacere,  più  festosità, 
più  plauso,  più  vittorie  nella  vita,  quegli,  fin 
da  principio,  è  uno  sfruttatore  di  quel  nobile 
sentimento. 

L'amore  non  è  sinonimo  di  felicità,  nel  senso 
volgare  che  si  dà  alla  felicità. 

L'amore  vero  nasce  e  perdura  nel  cuore  che 
si  sente  spinto  a  sacrificarsi  per  chi  ama,  a 
soffrire  contraddizioni,  traversie,  lotte:  a  donare 
tutto  quanto  esso  di  meglio  possiede,  a  fare 
del  suo  proprio  soffio  di  vita  un  soffio  più  largo 
e  possente,  entro  il  quale  sollevare  in  alto 
l'essere  amato. 

Dammi  una  donna  casta  e  accesa  in  pari 
tempo:  laboriosa  e  paziente  e  perseverante  nel 
bene  :  pronta  a  camminare  ogni  giorno  e  ogni 
ora  lungo  gli  ardui  sentieri  della  vita  pratica, 
ma  non  dimentica  mai  dell'infinito  cielo  azzurro 
che  le  sta  sopra  :  con  un  cuore  aperto  a  tutte 
le  gioie  e  a  tutti  i  dolori  che  palpitano  intorno 
a  lei  :  con  una  volontà  retta  e  ferma,  ma  con 
una  limpida  coscienza  del  rispetto  e  della  obbe- 
dienza che  deve  al  suo  sposo;  dammi  final- 
mente che  tutte  queste  doti  si  rispecchino  in 


^  224  — 

un  corpo  cresciuto  sano  e  libero,  cresciuto 
bello  di  quella  bellezza  che  si  dischiude  nella 
luce  del  vero  e  nel  movimento  della  vita  labo- 
riosa, in  un'aria  moralmente  e  fisicamente  pura. 
Dall'altra  parte,  dammi  un  uomo  che  abbia 
saputo  conservare  integre  tutte  le  sue  forze 
affettive,  volitive  e  intellettive,  che  abbia  saputo 
conservare  sempre  il  dominio  di  sé  stesso:  e 
senta  fortemente  di  non  doverlo  smarrire  mai 
(egli  che  è  un  uomo  !).  Un  uomo  forte,  ma  in- 
capace di  abusare  della  sua  forza  :  non  autori- 
tario per  gusto  e  per  capriccio,  ma  autorevole  per 
bontà  e  per  esperienza  :  capace  di  farsi  rispet- 
tare, ma  rispettoso  a  sua  volta  della  donna 
che  gli  fu  affidata  da  Dio  :  un  uomo  non  asse- 
tato di  pronti  guadagni  e  di  gloria,  ma  giusto 

estimatore  della  pace  famigliare  : dammi  una 

donna  e  un  uomo  cosi,  Marida,  e  poi  dimmi 
se,  sposandosi,  essi  non  dardeggieranno  l'idea 
più  luminosa  dell'amore.  Tale  incontro,  tale 
unione,  è  rara,  è  difficile  ?  Rarissima  e  diffici- 
lissima, si,  ma  ripeto,  non  impossibile  :  e  sempre 
meno  impossibile  di  mano  in  mano  che  l'uma- 
nità diverrà  più  conscia  dei  suoi  alti  destini, 

diverrà  più  perfettamente  cristiana «  una 

umanità  forte,  pacifica  e  pura:  in  cui  le  madri 
alle  figlie,  nate  libere  e  cresciute  virtuose;  in 


—  226  — 

cui  i  poeti  (perchè  allora  ci  saranno  vera- 
mente poeti)  sapranno  indicare  le  vie  della 
bellezza,  della  verità  e  della  luce  ». 

Un  esempio  di  unione,  un  esempio  luminoso 
e  indimenticabile,  già  lo  diedero  al  mondo, 
del  resto,  Roberto  e  Elisabetta  Browning,  due 
sposi  che,  a  contraddire  i  miscredenti  della 
poesia,  furono  veramente  poeti. 

Ma  sinora  quante  unioni  somigliano  a  questa? 
Ahimè  !  Sinora,  in  generale,  Tuomo  e  la  donna 

si  uniscono  per  mettere  insieme  più  ricchezze 

e  più  miserie!  cioè,  bramosia  di  piaceri,  di 
onori,  di  prevalenza  in  mezzo  alla  gente:  di 
piccine  soddisfazioni  e  di  materiali  conquiste  : 
si  uniscono  cedendo  spesso  al  calcolo  positivo 
e,  qualche  volta,  agli  impulsi,  agli  istinti  della 
passione,  che  forse  scambiano  per  la  voce  del 
cuore 

E  per  questo  vediamo  tanti  naufragi:  o  se 
i  naufragi  non  avvengono,  vediamo  nondimeno 
tanti  sposi  che  vanno  insieme  senza  gioia,  senza 
coraggio,  senza  fede.  Paiono  viandanti  esausti, 
dal  sorriso  amaro  e  dallo  sguardo  spento  :  delusi 
e  disamorati  di  tutto.  E  vediamo,  cosa  forse 
anche  più  dolorosa,  vediamo  i  loro  figliuoli 
avanzarsi  con  volti  simili  a  quelli  dei  genitori  ! 

15  —  L'intima  gioia. 


—  226  — 

Questi  giovani  già  son  stanchi,  già  son  mesti, 
e  non  sanno  perchè. 

Ah  !  ma  noi  lo  sappiamo  il  perchè  ! 

Perchè  intorno  a  quei  focolari,  ove  più  non 
arde  nessuna  fiamma,  sparsi  di. cenere,  le  ore 
si  seguono  senza  luce  e  senza  speranza.  Perchè 
la  discordia.  Tira,  l'odio  sono  giunti  fino  a  quei 
giovani,  perchè  essi  ne  han  veduti  i  sinistri 
bagliori  sui  volti  stessi  del  padre,  della  madre, 
e  allora  han  sentito  che  s'appassivano,  prima 
che  si  schiudessero,  i  fiori  più  dolci  della  loro 
primavera. 

Triste  spettacolo  davvero,  Marida  :  ma  ap- 
punto perchè  esso  è  così  triste  noi  dobbiamo 
sorgere  colla  nostra  fede,  porgere  un  orecchio 
vigile  a  questo  gran  suono  di  dolore,  indagare 
con  occhio  fermo  e  pietoso  la  grande  piaga 
che  si  spande. 

La  società  soffre  e  deperisce,  perchè  la  fa- 
miglia è  malata,  è  anemica,  è  soffocata  dalla 
vanità  e  dall'egoismo. 

L'amore,  al  quale  ti  esorto  a  credere,  deve 
avere  le  sue  radici  nell'anima.  È  lo  scetticismo 
che  spoglia  l'amore  d'ogni  sua  forza  e  bellezza. 
Lo  scetticismo  costringe  la  umanità  a  tenere 
continuamente  gli  occhi  rivolti  a  terra,  la  fa 
crescere  ricercatrice  solo  e  sempre  del  piacere 


—  227  -^ 

materiale.  Senza  la  fede,  senza  la  virtù,  colla 
sola  misura  del  piacere  per  valutare  la  vita, 
Siam  forzati   di   riconoscere   che   Tamore  vai 

poco dal  momento  che  l'amore  non  è,  e  non 

può  essere,  se  non  dedizione,  rinuncia  personale. 
Non  c'è  via  di  mezzo:  o  l'uomo  respinge 
da  sé  l'amore,  per  abbandonarsi  ai  soli  istinti 
del  piacere,  o  l'uomo,  accettando  l'amore,  ac- 
cetta il  sacrifizio,  e  accettando  il  sacrifizio  crede 
alla  virtù,  al  perfezionamento  della  vita,  alla 
sua  perfezione  completa  nella  luce  imperitura 
che  sta  oltre  la  vita  terrena  :  crede  che  l'amore 
ha  un  orizzonte  infinito,  ha  speranze  immortali. 

Ma,  insisto  su  questo  punto,  se  dalla  mia 
fede  nell'amore  tu  venissi  alla  conclusione  che 
quando  due  esseri  virtuosi  e  intelligenti,  avendo 
avuto  la  fortuna  d'incontrarsi  e  d'intendersi 
e  la  possibilità  di  sposarsi,  perchè  uniti,  entrino 
nella  regione  delle  delizie  perpetue,  sbaglieresti. 
Questa  vita  fugace  è  l'occasione  unica  che  noi 
abbiamo  per  meritarci  la  vita  eterna,  questa  vita 
non  può  dunque  essere  un  viaggio  di  piacere  per 
nessuno.  Anzi,  il  matrimonio  crea  maggiori 
difficoltà,  maggiori  doveri,  rende  spesso  più 
scabrosa  la  via  per  giungere  alla  meta  finale. 
Crea  maggior  possibilità  di  soffrire.  Chi  ama 

15*  —  L'intima  gioia. 


—  228  — 

fortemente  diventa  più  sensibile  a  qualsiasi 
dolore,  ma  sovrattutto  diventa  sensibile  al  dolore 
dell'essere  amato.  Ecco  una  fonte  inesauribile 
di  ansietà,  di  ambascie  e  di  lagrime. 

Ma  che  importa?  Siam  qui  per  servire  a 
qualcosa,  per  dare  tutte  le  nostre  forze  a 
qualche  nobile  causa,  e  nulla  v'ha  di  più  nobile 
che  affrontare  la  battaglia  per  chi  amiamo  e 
con  chi  amiamo. 

Battaglie  nascono  spesso  nel  seno  della  fa- 
miglia, non  giova  negarlo,  né  dissimularlo. 

Le  cure  quotidiane,  le  preoccupazioni  d'ogni 
genere  che  pesano  su  chi  è  a  capo  d'una  fa- 
miglia, le  improvvise  rivincite  che  nei  migliori 
degli  esseri  pigliano,  mille  volte  al  giorno, 
gl'impulsi  dell'orgoglio,  dell'egoismo:  quello 
strano,  inspiegabile,  ma  invincibile  antagonismo 
che  sorge  talvolta  tra  l'uomo  e  la  donna  :  e  poi, 
dal  di  fuori,  le  mille  opposizioni  e  contrarietà, 
le  deficienze  di  danaro,  le  imposizioni  che  ci  fa 
subire  la  società  in  cui  viviamo,  le  numerose 
tentazioni  del  lusso  :  finalmente  le  malattie,  le 
stanchezze  della  vita,  tutto  ciò  che  nella  vita 
è  tedioso,  è  volgare,  è  triste:  ecco,  Marida, 
molti  argomenti  di  contrasto  nella  famiglia  : 
e,  a  sormontarli,  a  vincerli,  non  tanto  giova 
ciò   che   possono    insegnarci  gli  altri,  quanto 


—  229  — 

riova  quella  facoltà  benedetta  che  è  Tintui- 
;ione  d'amore. 

Né  basta  non  cercare  soltanto  nell'amore 
a  propria  emozione,  la  dolcezza  di  essere  amati, 
liutati  e  protetti,  bisogna  che  Tamore  purifichi 
)gni  pensiero,  che  metta  nel  cuore  lo  sdegno 
entro  ogni  debolezza,  lo  prepari  ad  una  vita 
uperiore,  lo  muova  al  bene,  lo  accenda  al 
rrande. 

Alteramente  io  ti  parlo  di  quest'amore,  o  mia 
dianola. 

Ecco  un  ricordo  che  io  conservo  nel  mio 
ìuore,  reso  più  prezioso  dall'aroma  di  molte 
agrime. 

Il  giorno  nel  quale  tuo  padre  mi  tornò  a  casa, 
convinto   di  essere  un  infermo   per  tutta  la 

dta eran  tre  mesi  che  non  lo  vedevo  :  egli 

tveva,  dapprima,  voluto  viaggiare  da  solo,  udire 
la  solo  la  sentenza  dei  dottori. 

Pareva  invecchiato  di  molti  anni,  pareva 
he  sul  volto  smorto  e  scarno  i  fili  dei  nervi  gli 
A  contraessero  nel  dolore.  Egli  che  ajnava 
;anto  la  vita,  e  della  vita  tutto  ciò  che  è  movi- 
nento,  arditezza,  gioventù,  egli  doveva  dunque 
'inunciare  per  sempre  ad  ogni  attività  virile, 
loveva  entrare  nel  buio  e  nel  silenzio  d'una 
amera  d'infermo? 


—  230  — 

Oh  !  Con  quanta  tenerezza  nuova, 
più  forte,  più  ansiosa,  più  reverente,  io  me  lo 
strinsi  allora  sul  cuore!  E  mi  parve  di  stringere 
fra  le  mie  braccia  un  essere  ancora  tutto  fre- 
mente del  fragore  delle  armi,  lasciate  cadere 
al  suolo! 

Ciò  che  egli  soffrì,  Iddio  e  tua  madre  soltanto 
lo  seppero. 

Ma  se  quel  momento  di  dolore  fu  sublime 
di  soavità,  nella  intesa  profonda  dei  nostri 
due  cuori,  più  tardi,  quando  ci  ritirammo 
quassù,  e  per  lui  sorsero  le  preoccupazioni  con- 
tinuate della  sua  salute,  le  privazioni  imposte 
dalla  igiene,  le  umiliazioni  che  gli  uomini  sof- 
frono in  particolar  modo  nel  doversi  riconoscere 

stanchi  e  deboli e  sorsero  per  me  tutte  le 

piccole  torture  delle  strettezze  pecuniarie,  e 
anche  sorse  la  novità  di  vedere  quella  indole 
già  così  serena  alle  prese  colla  malinconia, 
l'irritazione, allora,  Marida,  cominciò  vera- 
mente la  prova  del  nostro  amore.  Fu  qui,  tra 
queste  battaglie  quotidiane,  che  esso  prese  una 
luce  pacata  ed  augusta.  Noi  ci  amammo  di  più 
e  meglio^  dopo  di  aver  fatto  insieme  il  viaggio 
nell'interno  della  vita.  Colla  esperienza,  col 
dolore,  col  lavoro,  e  colla  pazienza,  si  fortificò 
il  nostro  amore. 


—  231  — 

Venne  anche  il  giorno  in  cui  io  ebbi  la  gioia 
di  schiudere  a  tuo  padre  un  nuovo  orizzonte. 
Dissi  a  me  stessa:  «  Curarlo,  usargli  dolcezza 
io  devo;  ma  questo  non  basta!  Non  basta  ch'io 
muova  vigile  e  destra  intorno  a  lui,  che  gli 
rischiari  la  stanza  solitaria:  un  compito  ben  più 
alto  mi  spetta.  Io  devo  mantenere  in  equilibrio 
le  sue  forze;  nell'urto  delle  difficoltà  materiali, 
negli  ostacoli  che  il  male  accumula  sul  suo 
cammino,  io  devo  esser  valorosa  anche  per  lui. 
Egli  deve  comprendere,  a  traverso  il  mio  amore, 
che  nulla  di  buono  si  compie  quaggiù  senza 
dolore  e  senza  lotte,  che  nessuna  energia  del 
cuore  e  della  mente  può  andar  perduta.  Devo 
amarlo,  intenderlo  e  compatirlo  senza  smar- 
rirmi in  lui,  nondimeno.  Guai  se  ciò  avvenisse. 
Egli  non  avrebbe  più  in  me  una  compagna  di 
viaggio  solerte  e  intelligente,  ma  un  peso.  No, 
no!  I  miei  occhi  devono  volgersi  non  solo  dove 
egli  guarda,  ma  qualche  volta  più  in  alto.  Cioè 
io  devo  essere,  in  pari  tempo,  donna  pratica  e 
spirito  libero;  più  poetico,  più  religioso,  più  saldo 
nella  fede,  a  misura  che  le  difficoltà  d'ogni 
natura  aumentano  ». 

Amandolo  cosi,  consacrandomi  a  lui,  io  ti 
amai  di  più,  o  mia  bambina  cara,  e  potei  anche 


—  232  — 

meglio  consacrarmi  a  te.  Fu  in  quel  tempo  che 
rimasi  colpita  dalla  bellezza  di  queste  parole: 

«  Donna  che  non  convive  coi  figli  suoi,  che  da 
loro  non  attinge  la  vita  che  infuse  in  essi,  non 
vivo. 

Più  volte  già  te  lo  dissi,  Mariola,  la  vita  non 
solo  reca  grandi  dolori  che  atterrano  :  ma  reca 
ancora,  ogni  momento,  mille  picele  fitte  che 
logorano. 

La  vita  conturba,  la  vita  stanca  e  avvilisce, 
lo  riconobbero  anche  i  Santi!  Ebbene,  cara, 
quando  tu  fiorivi  bambina  così  lieta  nella  nostra 
casa  silenziosa,  in  qualsiasi  momento  di  turba- 
mento, di  dubbio,  di  tristezza,  io  mi  rivolgessi 
a  te,  non  ricordo  di  aver  cercata  la  luce  pura 
dei  tuoi  occhi  infantili,  la  limpidezza  del  tuo 
volto,  il  cristallino  e  vivace  scrosciare  del  tuo 
riso,  senz'avervi  trovato  un  ristoro  immediato. 

Cessava  l'uggia,  cessava  la  pena;  l'anima  mia 
si  riaccendeva,  si  sentiva  pronta  a  tutto,  piena 
d'amore,  di  gioia,  e  di  vita. 

Ma  se  il  bambino  è  l'anello  luminoso  che 
ricongiunge  l'umanità  all'innocenza  primitiva, 
è  un  dono  quasi  di  Paradiso  che  Iddio  fa  ai 
genitori,  la  missione  loro  non  sempre  è  cosi 
dolce,  cosi  alata,  coll'andar  del  tempo.  Essa  ha 
poi  i  suoi  periodi  scabrosi. 


—  233  — 

I  bambini  crescono,  vanno  soggetti  a  molte 
malattie,  esposti  a  molti  pericoli;  diventano 
esseri  che  destano  gravi  apprensioni,  esseri  nei 
quali  si  sviluppano  qualità  cattive,  frammiste 
alle  buone.  Bisogna  educarli,  e,  per  educarli, 
bisogna  sacrificarsi  a  loro,  per  loro  rinunciare 
a  mille  nostri  gusti,  a  mille  nostre  tendenze 
individuali. 

Insomma,  la  famiglia,  anche  quando  sia  fon- 
data sull'amore,  crea  doveri  molteplici  e  diffi- 
cili da  compiere  ;  per  compierli  bisogna  essere 
forti  nella  gioia  come  nel  dolore,  puri  nella 
prosperità  come  nell'avversità;  attendere  co- 
scienziosamente a  perfezionarsi;  proseguire  per 
la  nostra  via,  anche  quando  essa  si  fa  più  fati- 
cosa, proseguire  col  desiderio,  il  proposito  fermo, 
di  dare  un  significato  sempre  più  chiaro  ed 
intenso  alla  nostra  vita. 

La  famiglia  ha  un  grande  ufficio  nella  società: 
tutelare,  accrescere  le  forze  umane,  forzare  la 
natura  a  dare  il  suo  meglio.  Ogni  grande  amore 
è  creatore;  ogni  famiglia,  nel  seno  dell'amore 
e  della  pace,  dovrebbe  creare  energie  buone; 
in  lei  ogni  suo  membro  dovrebbe  trovare  le 
armi  meglio  temprate  e  più  valide  per  afi*ron- 
tare  la  vita. 

Allora,  allora  soltanto  si  potrebbe  giungere 


—  234  — 

a  conoscere  la  gioia ormai  tu  m'intendi,  io 

parlo  di  quella  gioia  che  è  sinonimo  di  azione 
e  di  perfezionamento;  più  l'uomo  si  evolve,  più 
aggiunge  forza  a  sé  stesso,  e  più  la  sua  gioia 
diventa  reale;  egli  attrae  a  sé  la  vita  e  la 
proclama  al  di  fuori. 

The  Ufe's  Joy  is  doing  —  disse  W.  Shake- 
speare; cioè:  «  La  gioia  della  vita  è  l'operare  », 
Operare  il  bene  più  vastamente  e  generosa- 
mente possibile;  operarlo,  obbedendo  alla  legge 
interiore  che  Iddio  ha  posto  in  ognuno  di  noi, 
cioè  secondo  le  nostre  forze,  le  nostre  attitudini 
migliori,  le  nostre  ispirazioni;  cioè  con  tutta  la 
nostra  anima  libera,  poiché  libertà  altro  non 
vuol  dire  se  non  ubbidire  appunto  a  quella  legge 
interiore. 

E  solo  chi  è  libero  così,  opera  nella  intima 
gioia  dell'esser  suo. 


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